L’ennesima testimonianza
della storia comune che lega, ha legato per molti secoli, Italia e Germania. E
un dato filologico accertato e provato: il tema della Pietà, della Madre che
riceve il corpo del Figlio morto o morente, che non è nella Passione dei Vangeli,
è della devozione transalpina in area tedescofona. Detto del Vesperbild, immagine del Vespro, del
tramonto, in segno di devozione mariana, oltralpe molto sentita.
La raffigurazione triangolare
che culminerà nella Pietà di Michelangelo non è la derivazione di un modello classico,
come si riteneva, ma di una tradizione almeno bisecolare, del Tre-Quattrocento,
oltralpe. Con copie e adattamenti anche in area padana. Il prima caso che la
mostra documenta è una tavola del 1368 a Bologna, dipinta da Simone dei Crocefissi,
detta “Pietà di Elthinl”, il giovane committente tedesco raffigurato ai margini.
Altre figurazioni sul modello del Vesperbild
furono presto diffuse a Venezia, e a Ferrara, Siena e in Umbria, prima della
commissione della Pietà a Michelangelo nel 1498.
Una riscoperta anche, seppure
indiretta, della ricca eredità gotico-teutonica che Milano trascura. Di un
tempo quando i possedimenti del convento bavarese di san Benedetto,
Benediktbeuern, arrivavano fino alle valli padane. Nonché di prima e ancora
dopo. Nel romanico gotico lombardo che farà da canone principe ancora per la costruzione
del Duomo. Molto volendo si può scoprire, malgrado il tram e il monumento a
Costantino, a San Lorenzo Maggiore, nelle colonne, nel battistero di
sant’Aquilino. O ai monasteri di san Celso, san Vincenzo e sant’Ambrogio, a
santa Maria Remale.
Antonio Mazzotta-Claudio Salsi, a cura di, Vesperbild. Alle origini
della Pietà di Michelangelo, Milano, Castello Sforzesco
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