L’ex commissario Consob apostolo del libero mercato non rinuncia all’ideologia: il difetto non è del sistema, ma
di “piranhas”, padroni e manager voraci, pochi, pochissimi. “Come difendere le
imprese da soci e manager troppo voraci” è il sottotitolo della sua
trattazione.
Non come difendere gli
utenti, i consumatori, i cittadini – poiché tutto si tiene, se la Fiat soffre
soffre anche l’impiegato del catasto. Difendere le aziende da azionisti e
manager. Come se ce ne fossero non di azionisti e manager. Ovvero sì, ce ne
sono, ma in un’altra ideologia, che Bragantini non sponsorizza, quella degli stakeholder, degli aventi diritto non
necessariamente padroni o manager. Fornitori, consumatori, risparmiatori (vedere
il risparmiatore sotto le sembianze grifagne dell’azionista, come fa
Bragantini, è una bizzarria), i lavoratori, anche esterni, dei fornitori e
subfornitori, e naturalmente le banche e ogni finanziatore non amministratore.
Ma l’impegno è nobile. “L’Occidente
sviluppato si sta attorcigliando su un autolesionistico modello economico, nel
quale la ricchezza smodata di pochissimi si fonda sulla durezza della vita
imposta alle moltitudini” è la premessa. Le soluzioni non ci sono, ma si
spiega che bisogna cercarle.
Sugli esempi della disfunzione Bragantini, che sa molte cose, avrebbe potuto essere più vicino a noi. Per esempio sul buco nero Tim, derivato da un gigante, Stet, convertito in piccola stella, Telecom, a opera dei migliori, Umberto Agnelli, Colaninno, Tronchetti Provera, De Benedetti. O il Monte dei Paschi. O la Vicenza, e le altre medio banche.
Sugli esempi della disfunzione Bragantini, che sa molte cose, avrebbe potuto essere più vicino a noi. Per esempio sul buco nero Tim, derivato da un gigante, Stet, convertito in piccola stella, Telecom, a opera dei migliori, Umberto Agnelli, Colaninno, Tronchetti Provera, De Benedetti. O il Monte dei Paschi. O la Vicenza, e le altre medio banche.
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