Un atto d’amore per la
letteratura sotto forma di infatuazione per un autore. Peraltro scontroso e poco
incline all’entropia sociale, come ogni buon fiorentino, Pietro Citati.
Raccontato con arguzia e anche con finezza, quasi mimando l’arte dello stesso
Citati nel raccontare la letteratura.
Fera, ora giornalista, si
innamorò del suo progetto con la tesi di laurea. Segue e fa parlare Citati sul
filo del libro che non ha scritto, su Dostoevskij. E con l’aneddotica di cui il
quasi novantenne scrittore, protagonista della migliore editoria letteraria e
della critica del secondo Novecento, è miniera inesauribile - misantropico, non
un maestro, ma devotissimo ai grandi ingegni: molta buona letteratura, da Gadda
a Calvino, gli deve molto.
Chiara Fera, Il libro invisibile di Pietro Citati,
Rubbettino, pp. 104 € 14
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