“Aprire l’«Iliade» e
l’«Odissea» è come aprire un quotidiano”. “Ulisse siamo noi”, etc. Tesson,
viaggiatore estremo, giro del mondo in bicicletta, o del Gobi, o del Tibet,
arrampicate di facciate di palazzi catedrali, eremitaggi sul lago Baikal in
Siberia e altrove, rilegge Omero isolato, per un mese, “in una piccionaia
veneziana posta sul’Egeo, nell’isola di Tinos, di fronte a Mykonos”, nella
luce, tra i gabbiani inquieti e il mare schiumoso. Una lettura con gli occhi di
oggi – rifacendo un vecchio testo
di Vernant, “C’era una volta Ulisse”.
Tesson vive ora tranquillo,
un incidente di scalata ne ha dimezzato le articolazioni. Ma è felice di
leggere Omero alla radio – il libro raccoglie una settantina di brevi pezzi
letti a France Inter l’estate del 2017, con grande successo. Da lettore
entusiasta: l’ Iliade”, quindicimila versi, e l’“Odissea”, dodicimila, che
bisogno abbiamo di altro, contengono tutto. E tuttavia sobrio: perché ogni vita
sarebbe uguale all’altra? in Omero no.
Il narratore è felice con
Omero. E la sua felicità ridonda sul lettore. Niente di nuovo – la bibliografia
è striminzita, meno di quella di un liceale: Citati, Veyne, Vernant, de
Romilly, S.Weil. Niente nemmeno di speciale. Ma Omero vivo. Omero che, “prima
di essere un personaggio di biografia, è una voce”. Che anima il mondo, un
pulviscolo di mondi: luce, la “luce della Grecia”, brume, imperiose e brevi,
venti, le isole, mondi separati e conchiusi. E, tra tanto girovagare, la casa:
“La vera geografia omerica risiede in questa architettura: la patria, il
focolare, il regno. L’isola da cui si proviene, il palazzo nel quale si regna,
l’alcova dove si ama, il campo dove si costruisce”, o si lotta.
Una serie di inviti alla lettura.
A partire da una sintesi promettente dell’“Iliade”, “poema del destino”:
“Nessun sfugge al suo destino, te lo ripeto\ una volta nato, nessun mortale, né
vile né nobile”, è la risposta di Ettore nell’addio a Andromaca, che lo invita
alla pace. Con gli dei ridotti a giocare a dadi, chi di qua chi di là, scommettendo
sull’un campo o sull’altro. Su campi o mondi uniti, gli Achei, i Troiani, ma
distinti, specie quello acheo, “un universo mosaico”, di “parti infinitamente singolari,
distinte le une dalle altre, e felicemente ostili l’una all’altra, come
preconizzava Lévi-Strauss, perché conviene salvaguardarsi da ogni
uniformizzazione”. Con questo messaggio
di Omero “ai tempi attuali”, secondo Tesson: “La civiltà è quando si ha tutto
da perdere, la barbarie quando hanno tutto da guadagnare”, e dunque vincono –
essi, i barbari.
Sylvain Tesson, Un’estate con Omero, Rizzoli, pp. 233 €
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