venerdì 14 dicembre 2018

Omero siamo noi

“Aprire l’«Iliade» e l’«Odissea» è come aprire un quotidiano”. “Ulisse siamo noi”, etc. Tesson, viaggiatore estremo, giro del mondo in bicicletta, o del Gobi, o del Tibet, arrampicate di facciate di palazzi catedrali, eremitaggi sul lago Baikal in Siberia e altrove, rilegge Omero isolato, per un mese, “in una piccionaia veneziana posta sul’Egeo, nell’isola di Tinos, di fronte a Mykonos”, nella luce, tra i gabbiani inquieti e il mare schiumoso. Una lettura con gli occhi di oggi – rifacendo un vecchio testo di Vernant, “C’era una volta Ulisse”.
Tesson vive ora tranquillo, un incidente di scalata ne ha dimezzato le articolazioni. Ma è felice di leggere Omero alla radio – il libro raccoglie una settantina di brevi pezzi letti a France Inter l’estate del 2017, con grande successo. Da lettore entusiasta: l’ Iliade”, quindicimila versi, e l’“Odissea”, dodicimila, che bisogno abbiamo di altro, contengono tutto. E tuttavia sobrio: perché ogni vita sarebbe uguale all’altra? in Omero no.
Il narratore è felice con Omero. E la sua felicità ridonda sul lettore. Niente di nuovo – la bibliografia è striminzita, meno di quella di un liceale: Citati, Veyne, Vernant, de Romilly, S.Weil. Niente nemmeno di speciale. Ma Omero vivo. Omero che, “prima di essere un personaggio di biografia, è una voce”. Che anima il mondo, un pulviscolo di mondi: luce, la “luce della Grecia”, brume, imperiose e brevi, venti, le isole, mondi separati e conchiusi. E, tra tanto girovagare, la casa: “La vera geografia omerica risiede in questa architettura: la patria, il focolare, il regno. L’isola da cui si proviene, il palazzo nel quale si regna, l’alcova dove si ama, il campo dove si costruisce”, o si lotta.
Una serie di inviti alla lettura. A partire da una sintesi promettente dell’“Iliade”, “poema del destino”: “Nessun sfugge al suo destino, te lo ripeto\ una volta nato, nessun mortale, né vile né nobile”, è la risposta di Ettore nell’addio a Andromaca, che lo invita alla pace. Con gli dei ridotti a giocare a dadi, chi di qua chi di là, scommettendo sull’un campo o sull’altro. Su campi o mondi uniti, gli Achei, i Troiani, ma distinti, specie quello acheo, “un universo mosaico”, di “parti infinitamente singolari, distinte le une dalle altre, e felicemente ostili l’una all’altra, come preconizzava Lévi-Strauss, perché conviene salvaguardarsi da ogni uniformizzazione”. Con questo  messaggio di Omero “ai tempi attuali”, secondo Tesson: “La civiltà è quando si ha tutto da perdere, la barbarie quando hanno tutto da guadagnare”, e dunque vincono – essi, i barbari.

Sylvain Tesson, Un’estate con Omero, Rizzoli, pp. 233 € 17

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