Collera – È la chiave di tutte le forme di hubris: eccesso, superbia, tracotanza.
Dello scoppio irrimediabile, non calcolato, della hubris, l’emportement,
l’impeto d’ira. Non l’ira, che risponde a una storia, ma un impeto – anche
contro ogni ragione e il proprio interesse. Di cui non si analizza più il senso
e non si coglie l’estensione-istruzione nel dramma antico – l’“Iliade” è ben il
poema della hubris, della colera, del
pelide Achille come del pio Ettore. Per il sopravvenire col Cristo di una
concezione lineare del male e del bene.
La distruttività
senza scopo è ben caratteristica dell’agire umano. La collera come il riso,
dunque.
Divino – L’infallibile e l’immutabile sono
attributi recenti. Fino a non molti secoli fa le divinità erano fallibili, e
non sempre le stesse. Il senso del divino è nato come estrapolazione alternativa
del reale – un tentativo di metafisica non metafisica.
Eroismo – Si è rovesciato di segno. Era il
sacrificio di sé per qualche opera, o segno, o ideale, o per una persona, a sua
difesa o a difesa della sua memoria. Era generoso. È da qualche tempo, esibito,
il segno di una debolezza o mancanza, a petizione di benevolenza.
È l’ipostatizzazione
dell’accattonaggio, sia pure di sentimenti e passioni e non di centesimi, ma
nello stesso ordine di grandezza. Senza essere un messaggio democratico, una
domanda di libertà, di estensione della libertà. Al contrario: è una forma di domesticazione
degli impulsi, nel segno dell’obbedienza o servitù – accettazione della
condizione di bisogno.
Filosofia politica – A un certo
punto, sconfitta la Germania, Hannah Arendt dichiara la filosofia politica
inesistente, e anzi impossibile. È
possibile che i filosofi non sappiano pensare la politica, come Hannah Arendt sostiene
pretendendosene scienziata, da Platone a Heidegger. Compreso, chi l’avrebbe
detto, Aristotele, per via di Alessandro Magno, il miglior allievo. Dunque la
filosofia politica non esiste. Da Cicerone e sant’Agostino a san Tommaso,
Hobbes, Kant, gli illuministi e Hegel, e nelle questioni di antichi e moderni,
sembra che essa sia possibile, ma è politica, non filosofia. Se non che la
filosofia c’è tutta, in questo ragionamento.
Ma non è il solo
“ma”: soprattutto è vero che non si comanda all’amore. Analizzando l’assolutizzazione della tecnica, e il rifiuto
dell’azione, collocata nel “si”, fra l’impersonale e il mediocre, H. Arendt dichiara
nei Sechs Essays, con l’accordo
quindi del curatore Jaspers, Heidegger “non politico”. Lo colloca così un
gradino sotto Aristotele e Kant, ma lo mette al riparo dal nazismo.
Modernità – Si direbbe detrattiva, diminutiva –
la modernità nel senso della contemporaneità.
Non al modo che si dice delle epoche di decadenza - quella di Santo Mazzarino: dei pensieri tristi autodistruttivi. No,
il culto della crisi, l’aura di depressione collettiva, che insemina e
incrementa quale terreno e veicolo di crescita e sviluppo metodologie e pratiche
che si impongono distruttive. Una modernità dispersiva nel modo stesso dell’accumulazione.
Del reddito. Della
distribuzione del reddito, restrittiva. Del risparmio, non più protetto, e anzi
bottino non proteggibile. Degli investimenti, ora che si fanno a debito e non
più a risparmio. Della creazione di lavoro. Il consumo imponendo, distruttivo.
Della riproduzione.
Niente occupazione (reddito) stabile, niente casa, niente assistenza alla maternità,
niente figli. La riproduzione sostituendo con l’immigrazione, forzata,
violenta.
Del tempo. Con
l’innovazione continua. Con l’obbligo della simultaneità. Della mobilità come Ersatz dell’inattività o irrilevanza.
Della
comunicazione – il collante sociale. Con la gestione dell’informazione. Le fake
news. Il pettegolezzo sostitutivo.
Una modernità
creativa, come ogni modernità, ma di distorsioni. E a perdere.
Epoca di
monopoli, si sarebbe detto ancora due generazioni fa - la realtà restrittiva e la informazione disinformativa. Che ora imperano a buon
diritto.
Natura – “La natura non tende alla conservazione
dell’individuo, bensì a quella della specie”, è il messaggio di Darwin che i
vecchi documentari Disney sulla vita nella natura veicolavano. Documentari di
fioriture, lente, e di distruzioni, immediate, radicali: frodi, tranelli,
tradimenti a fini unicamente distruttivi, distruttivi per sé, nemmeno come “mors tua vita mea”, e cannibalismo a
nessun fine.
La natura tende
alla conservazione della specie “natura”? La natura tende e non tende alla conservazione,
nemmeno di se stessa, ogni elemento naturale contro l’altro, e anche contro se
stessa, il suo principio vitale o attivo, della conservazione. Non è finalista
– razionale. Nemmeno nella forma di causa ed effetto – di un principio
materiale di razionalità. Non può esserlo: è circa per essere amorfa.
L’elemento vitale di cui è portatrice è amorfo.
Ricordo – Per i greci la rinomanza, il κλεος, è
l’unica possibilità per gli uomini di guadagnarsi un po’ d’immortalità – è il
concetto d H.Arendt, “La crisi della cultura”, “nel cosmo in cui tutto è
immortale eccetto gli uomini”: “La capacità umana d fare, questa era la memoria”.
Simultaneità -
Abroga il tempo. L’effetto pratico è evidente nell’epoca attuale della
comunicazione istantanea universale. “Molta della calma antica proveniva dal
fatto che dei drammi agitanti la storia quotidiana l’eco arrivava quando il fatto
era già al suo epilogo, C.Alvaro, “Al cinema”,76. È il principio della storiografia,
che dunque è anch’essa perenta.
Viviamo nell’ “epoca
dell’immediato” e anzi nel suo culto – che è anche un “culto del presentismo”,
ora, qui e ovunque. Agli antipodi però dell’uomo che si voleva “occidentale” –
Sylvain Tesson, “Un’estate con Omero”: “Il culto del presentismo si situa all’esatto opposto del desiderio d’inscrivere
i propri atti nella lunga durata. Il Greco antico non è l’uomo di Zuckerberg.
Non vuole incollarsi allo schermo dello specchio come l’insetto sul parabrezza
del presente. Le reti sociali sono imprese di disgregazione automatica della
memoria. Appena postata, l’immagine è dimenticata. Il nuovo Minotauro del World
Wide Webb ha rovesciato il principio dell’immortalità. Gonfiati dall’illusione
di apparire ci si fa assorbire dalla matrice digitale, grande sacco stomacale”.
peribilità
Viaggio – È passione inesauribile? Jankélévitch
ne accenna, in “L’Irreversible et la nostalgie”, a proposito di Ulisse, inquieto
anche dopo il ritorno a Itaca, e il trionfo sui Proci. Parte di un’inquietudine
che è una sorta di nostalgia di un “altrove”. Da collegare all’irreversibilità
del tempo: non potendo ritornare al passato, la chimera del ringiovanimento, si
devia la ricerca sullo spazio, che “si presta docile a tutti i nostri
andirivieni”.
Ma allora, più
che una passione, un sotterfugio?
Resta l’instabilità
come dato di fatto, della condizione umana. Il nomadismo, pratico,
intellettuale, sentimentale. Una dromomania non solo, non prevalentemente,
fisica. E non dipendente da volubilità, o incostanza di carattere: il carattere
forte è il più instabile.
zeulig@antiit.eu
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