Trump non è solo in America
nella politica dei dazi contro la Cina. E gli Stati Uniti non sono soli nel mondo.
Dove i dazi decisi o minacciati da Washington su prodotti cinesi vengono
studiati in vista di una più generale adozione, in Giappone e anche nella Unione
Europea. In sede bilaterale e alla Wto, l’organizzazione mondiale del
commercio.
Alla Wto il riconoscimento
della Cina come membro a parte intera, come economia di mercato, tarda ed è in discussione.
Stati Uniti, Giappone e Ue contestano la sovraccapacità di produzione del
gigante asiatico, l’eccessiva presenza dello Stato, anche se mascherata, il trasferimento
non bilanciato di tecnologie, con apporti minimi o nulli da parte cinese.
Quest’ultimo punto, che
comporta la revisione della proprietà intellettuale, e cioè la protezione dela
stessa, è d’altra parte tema complesso in sé, di difficile soluzione. Gli
attriti quindi sono destinati a durare. E a meno di un aggiustamento, anche unilaterale,
da parte della Cina, sono un fronte caldo aperto a misure restrittive.
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