Capitalismo - È vecchio di mille anni. E ben cattolico – allora cristiano – e italiano prima che ebraico e, dopo la Riforma, protestante. Nella finanza: gente di denaro lombardi, fiorentini, genovesi monopolizzavano le fiere in Europa nel Due e Trecento. E nell’organizzazione della produzione - già Calimala nel Trecento importava panni grezzi per riesportarli impreziositi.
La
storia non se ne scrive per un’accezione distorta del laicismo. Che è antisemita,
a volte, e allora usa il capitalismo come un’imputazione. Oppure è filo
protestante, nell’alveo della germanofilia – Max Weber, che avrebbe teorizzato
l’esclusiva, in realtà non ci ha mai pensato: lui ha solo rintracciato le forme
del capitale nelle forme del protestantesimo (e più nel pietismo, il
luteranesimo più affine al cattolicesimo).
Giacomo
Todeschini, “I mercanti e il tempio”, ci ha provato all’inizio del millennio:
la maggior parte delle nozioni industriali e finanziarie che associamo al
capitalismo hanno origine nella costruzione intellettuale cristiana. Di e
attorno alla chiesa, tra il Mille e il Quattrocento: la proprietà, lo scambio,
il consumo, anche suntuario (lusso),.il dono, l’accumulazione, il danno e l’indennizzo
(l’assicurazione), l’investimento, l’industria, e l’interesse individuale in
aggiunta al bene comune. Su questa base organizzando anche le proprietà ecclesiastiche,
che potevano essere molto estese – come a Padula (BenediktBeuern, in Baviera,
estendeva nel Duecento i suoi possedimenti fino in Lombardia). La ricostruzione
è avallata ora da Thomas Piketty, “Le capital chrétien”, il titolo del saggio
che premette alla traduzione francese, riveduta, de “I mercanti e il
tempio”. Dove sancisce “la modernità della concezione medievale e cristiana
del capitale e dell’economia – o l’arcaismo della nostra supposta modernità, secondo
il punto di vista che si adotta”. Sottolineando “l’importanza della proprietà e
dello sviluppo economico e demografico del
Medio Evo”. Piketty cita anche Peter Brown,
studioso della trasformazione dei concetti di proprietà e benessere tra il IV e
il V secolo, in concomitanza con l’affermazione del cristianesimo come
religione di Stato, Jack Goody, “The European Family”, sull’evoluzione dell’economia
domestica, e Mathieu Arnoux, “Le Temps des laboureurs. Travail, odre social et
croissance en Europe (XI-XV siècle)” sulla stessa traccia di Todeschini, di cui
ha voluto e organizzato la traduzione in francese.
Capro espiatorio – “Dal momento in cui divampa in un regno
o in una repubblica questo fuoco violento e impetuoso, si vedono i magistrati frastornati,
le popolazioni spaventate, il governo politico disarticolato. Tutto è ridotto
in uno stato d’estrema confusione. Tutto è rovina. Quelli che ieri seppellivano
oggi sono seppelliti”. È una citazione dal monaco portoghese Francisco da Santa
Maria, 1687, che René Girard cita in apertura a “Il capro espiatorio”, 1982.
Fanculo – Il settimanale
satirico “Cuore”, inserto di “resistenza umana” de “L’Unità”, diretto da
Michele Serra, candida un comico al Quirinale. È il 1992. Arricchendo la testata con una coccarda tricolore.
Il comico è Beppe Grillo, non specialmente acclamato. Ma è stato escluso dalla
Rai per aver detto i socialisti “ladri”, nel 1986. E gira l’Italia invitando il
pubblico a gridare in coro “fanculo!”.
Grillo era cresciuto alla Rai. Dieci anni prima era regista di una
trasmissione radio, “Voi io punto e a
capo”, protagonista Cesare Zavattini, in onda per venti puntate dalla casa di
Zavattini, in cui lo scrittore il 25 ottobre s’immortalò per dire
pubblicamente: “Cazzo!”. Giustificandosi poi col regista, che evidentemente non
aveva concordato: “Caro Grillo
scusami, scusami caro ma, un po’ per la tua natura preoccupazionale, un po’
perché mi rappresenti qui l’azienda… Ma tu dici sempre di no”.
Femminismo – Cinque ondate
del movimento femminista classifica Naomi Wolf nella prefazione alla riedizione
del suo “The Beauty Myth”. L’Ottocento,
prolungato nel Novecento, fino a Virginia Woolf. La “mistica femminile”, di e a
partire da Betty Friedan, fino a Germaine Greer, anni 1960-1980. Una terza
ondata a fine Novecento, comprensiva del – innestata dal? – suo “The Beauty
Myth”: dell’azione affermativa, soprattutto al lavoro, per la carriera e la
retribuzione. “Dopo gli anni 1990, il femminismo in Occidente è rimasto fresco,
variato e vigoroso: c’è stata una quarta ondata, e direi che stiamo ammirando
l’insorgenza di una quinta”. Di un femminismo “più pluralistico, più tollerante,
più inclusivo degli uomini, più conscio dei temi Lgbtq, più sofisticato sulle
intersezioni di razza, classe e genere, più rispondente ai problemi femministi
dei paesi in via di sviluppo”. .
Porsche – All’origine
era un carro armato, benché veloce.
Roma - Duraturo fu l’impero anche per
essere fortemente allogeno, un vasto popolo di meteci attorno a un nucleo
dominante. Per i molti una promessa e una speranza, malgrado la durezza. Da
ammirare: se sono solitamente i migliori, i migranti sono anche i peggiori - si
vede in America, che ha il destino che si è costruito, bene e male, al Nord e
al Sud.
Romano
non era latino, nome di una razza o tribù, ma un premio, il riconoscimento di
un privilegio. L’imperium romanum non era militare né
dittatoriale, neppure giuridico a guardarci bene, le leggi erano molteplici e anche contraddittorie, ma
un comune sentire e un modo di vita. È riconoscersi nella causa dei soggetti,
darne l’impressione. Un imperialismo che accomuna e non esclude i sudditi.
Roma fu
repubblicana anche nell’impero: c’era a Roma una nobilitas plebea, pare a pieno titolo del gruppo dirigente:
famiglie plebee sedevano in Senato e figuravano tra i cavalieri. Così oggi in
America, dove c’è povertà e anzi indigenza, più che in paesi meno ricchi come
l’Italia, ma non c’è l’invidia sociale. Il sogno americano del Number One è
ridicolo, ma la storia speciale del paese riconosce a ognuno la dignità, il senso del diritto che è forte
anche tra i criminali.
Tribù – Si dissolve il
Kenya per la forza dirompente delle tribù contrapposte, inconciliabili. Della tribù come punto di frattura sociale, che l’invenzione europea
della tradizione ha imposto all’Africa, con l’obbligo di appartenere a una tribù. Il diritto consuetudinario che se ne è derivato è sclerotico, per chi ha
voglia non c’è speranza. Kenyatta, il padre della patria, se ne felicitava
ancora in vecchiaia, che Londra gli avesse spianato la strada col senso
ereditario della proprietà dei kikuyu, la sua etnia, con il quale s’è
impadronito del Kenya - i kikuyu sono capitalisti per imprinting, Karen Blixen l’attesta. Un primato che ora si contesta.
Ogni tribù va guarnita di caratteri
nazionali, l’università anglo-tedesca di Gottinga ha ricostituito nel
Sette-Ottocento i caratteri originari, e
all’Africa è toccata l’identità tribale. Per cui chi lavora, specie se giovane,
deve pagare le decime ai capi tribù, in Sicilia direbbero ai capi cosca. I
kikuyu del resto si presentano come una mafia: nodosi, le teste sghembe sotto
inutili cappelli, l’occhio vago.
È
e resta forte negli Stati Uniti: Che si sono costruiti come crogiuolo di
popolazioni diverse, ma nella diversità. La migliore storia del Novecento riconosce
l’impatto dell’America sui suoi immigrati, anche sui gruppi religiosi o
nazionali più compatti, storici dell’immigrazione inclusi. Ma le differenze
restano costituite: non nella legge, sì negli stili di vita.
Nell’Ottocento
prevaleva la “germ theory”, anzi la continuità era
scontata, per molti la rivoluzione americana fu un prolungamento dei dibattiti
alla Camera dei Comuni. È vero che i futuri Stati Uniti d’America non furono
mai colonie, erano pezzi delle madrepatrie, un’Europa trapiantata, inglese,
olandese, francese, tedesca, russa perfino, seppure governata da Londra, alla lontana. Ora le
tradizioni europee si riconoscono in America in quanto modificano le
persistenze americane, alla pari delle tradizioni africane o asiatiche. C’erano
del resto quattro Inghilterre in America, tutte protestanti e gelose della
libertà, ma una cucinava al forno (East Anglia), una friggeva (Sud Inghilterra)
e una bolliva (Nuova Inghilterra), mentre quella della Virginia (originaria del
triangolo Bristol, Warwick, Kent, il Wessex di Hardy) era rurale e realista,
molti anche di recente schiavitù, il cui uso fu prolungato nella madrepatria.
Vietato vietare – Berlusconi mobilita
sotto questa insegna le star delle sue tv nel 1993 per protestare contro il
divieto di telepromozioni durante i film. Era lo slogan del ’68 a Parigi: “Interdit d’interdire”.
astolfo@antiit.eu