Non se ne parlato, ma ora è l’evidenza.
Solo ne ha parlato un politologo, uno solo, Sergio Fabbrini, un mese fa, il 22
aprile, sul “Sole 24 Ore”. Con qualche approssimazione: “Il nostro Paese non è l’unico
(tra le democrazie parlamentari con sistemi elettorali proporzionali) ad avere
difficoltà a formare un governo. È l’unico però ad avere un sistema partitico
che funziona secondo una logica tripolare”. Questo non è vero: e la Germania? e
la Francia? Ed “è difficile che sistemi di questo tipo trovino una soluzione
governativa attraverso la mediazione tra leader politici”. Anche questo non è
vero, ci vuole sempre una mediazione politica per fare i governi, eccetto che negli
Stati Uniti - quando il presidente ha la
maggioranza del Congresso, nei due rami.
Ma è da manuale il resto: “Come mai quella proposta di
riforma (delle istituzioni), che era riuscita a passare attraverso il
Parlamento, non riuscì a passare attraverso l’opinione pubblica?”, chiede
Fabbrini. E risponde: per gli errori di
comunicazione dei riformatori. Per il “politicismo” dei vecchi politicanti, che
preferirono affossare la riforma con se stessi – D’Alema & co. Ma, cosa più
interessante, “perché quella riforma non ebbe il sostegno dell’opinione
pubblica organizzata (media scritti e televisivi).
“Le riforma di struttura (come quelle costituzionali) sono
necessariamente promosse da élite. Cosa può saperne, il cittadino comune, del
bicameralismo parlamentare o del sistema elettorale a due turni? Ogni riforma
di struttura richiede una patto tra élite da siglare attraverso l’opinione
pubblica organizzata. Un patto che deve basarsi sulla condivisione della
ragione che giustifica quella riforma. Nel nostro caso, se la diagnosi della
crisi italiana era condivisa (scarsa efficienza delle istituzioni parlamentari,
scarsa legittimità elettorale dei governi), non lo era invece la prognosi. Due
visioni opposte si sono scontrate. Per risolvere la crisi, una (quella
vincente) sosteneva che occorresse liberarsi della Casta dei politici e l’altra
(quella perdente) che occorresse invece riformare le istituzioni che generavano
quella Casta. Due visioni, peraltro, che hanno accompagnato l’Italia in tutte
le fasi critiche della sua vicenda unitaria”.
Muckrakers mugwump
Ed ecco l’assalto, becero, alla politica e alla riforma, del “Corriere
della sera” e de “la Repubblica” (su cui si alimentano i tg di La 7 e Sky), alfieri
dell’antigoverno, della crisi perpetua, e del governo del non governo. “La strategia
dell’anti-Casta è stata formidabilmente promossa da giornalisti e opinionisti
(dei principali quotidiani nazionali e reti televisive) che si sono percepiti
come dei moderni “muckrakers” (letteralmente, coloro che puliscono la stalla
dal letame). Vennero così chiamati, negli Stati Uniti del periodo 1890-1920, i
giornalisti che, con le loro indagini sulla corruzione politica, miravano a
pulire la stalla dei governi locali (delle principali città del nord-ovest di
quel Paese) dalle macchine partitiche considerate la causa di quel letame”. E
che posano, in un Paese conformista quale è l’Italia, a Mugwump, il capoccione,
il caporione degli indiani Massachusett, grandi predicatori della grande
morale. Da Santoro a Grillo, il Grande Mugwump, a Mieli o Mauro. L’antipolitica
ha radici ormai robuste, e non da ora, Grillo ha solo mietuto, il più furbo di
tutti.
L’esito? Fabbrini: “In Italia, la battaglia contro la Casta
(inaugurata da un libro di due giornalisti divenuto un bestseller) è divenuta
la strategia intorno a cui si è aggregata una pluralità di interessi. La
denuncia della Casta ha consentito di incrementare le vendite dei quotidiani,
di alzare gli indici di ascolto delle trasmissioni televisive, di soddisfare il
narcisismo di accademici o esponenti dell’establishment in cerca di facili
applausi. Per i sostenitori dell’anti-Casta, occorreva liberarsi dei gigli
magici, dei partiti personali e degli inciuci parlamentari per liberarsi della
corruzione, a sua volta causa dell’inefficienza delle istituzioni politiche. La
strategia dell’anti-Casta ha contrastato con successo la riforma costituzionale
(perché espressione, appunto, della Casta), ha smantellato con successo la
credibilità dei partiti tradizionali (perché espressione, appunto, della Casta)
e ha promosso con successo i movimenti che ci hanno liberato dalla Casta”.
La sovversione
continua. “Le elezioni del 4 marzo scorso hanno portato al più alto tasso di
ricambio parlamentare mai realizzatosi in Italia e nelle democrazie
parlamentari. Il 65,91 per cento dei deputati e il 64,26 per cento dei senatori
sono stati eletti per la prima volta. Fantastico. Però, il letame è stato
spazzato via dalla stalla, ma la democrazia italiana è più che mai bloccata. E
naturalmente i nostri «muckrakers» hanno ripreso a dire e a scrivere che così
non si può andare avanti. Eccetera, eccetera”.
Il modello bolla
Non una soluzione, non una buona. Non finché “Milano” ci governa
- affari liberi e politica debole. Ciò è evidente a tutti, Fabbrini lo spiega
con parole scientifiche. Il “blocco” è dovuto a due motivi. Alla mancanza di
memoria, o di cultura politica: “Una cultura che ha dimenticato la storia
drammatica del nostro Paese, che inventò il fascismo per liberarsi della Casta
di allora, con le conseguenze che sappiamo. Non si cambia la politica senza
riformarne le istituzioni”. Ma “ciò non si può fare senza un’opinione pubblica responsabile”.
La politica, soprattutto quando deve riformarsi, necessita “un’opinione
pubblica responsabile” – secondo il “modello a cascata” di Karl Deutsch,
sociologo della comunicazione. Quella per cui “le élite (politiche e
d’opinione) riconoscono un interesse nazionale e si impegnano per costruire il
consenso su di esso tra i cittadini”. Oggi come sempre, anzi più di prima, ma
per contrastare l’azione dissolvente dei social: “I il modello alternativo di
formazione delle opinioni dal basso (il bubble up model) non può funzionare, “quelle
riforme sono troppo complesse per essere decise attraverso consultazioni
popolari”.
Tutti d’accordo: “Naturalmente, occorre combattere la corruzione
politica, contrastare l’abuso del potere, favorire il ricambio delle
rappresentanze parlamentari. Tuttavia, se non si riformano le istituzioni,
tutto ciò non basta per migliorare la democrazia italiana”. E: “Come è avvenuto
spesso nella nostra storia, il radicalismo (dell’anti-Casta) e il
conservatorismo (delle istituzioni) si sono alleati per lasciare le cose come
stanno”.