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sabato 23 giugno 2018

L’asse debole tra Francia e Germania

Si dice che l’Italia è il punto debole della Ue. Mentre lo è l’asse franco-tedesco. Sempre attivo ma come strumento di potere - il controllo della burocrazia e della regolamentazione. Per il resto inerte e incapace, senza idee né iniziative. Su immigrazione, dazi Usa, Russia, Iran e Medio Oriente, riforma della Ue, revisione della moneta unica.
La Francia dea tempo non esprime una leadership solida, o un’idea condivisibile. Solo la delittuosità di Sarkozy. E ciò malgrado si erge sempre a maestrina, anche se non sa più di che. La Germania di Angela Merkel naviga a vista sopra un nazionalismo feroce- l’Afd è solo la punta di un iceberg: come negli anni 1930, appena uscita dalla crisi dei primi anni 2000, la Germania è subito aggressiva – ci sono costanti nei sentimenti nazionali. E questo è tutto.

Problemi di base macroniani bis - 426

spock


Macron si guarda e non si ascolta – né si legge, non nel documento immigrazione, col quale propone che l’Italia si riprenda gli immigrati che gli altri non vogliono, cioè tutti, in attesa di poterli rimandare nei paesi di origine?


Uno che insegue e malmena donne incinte nella neve, e manda i gendarmi in Italia contro due immigrati – due?

Macron ha le rotelle a posto?

E i nervi?

O non avrà l’analista in vacanza?

O va dal neurologo - è furbo o svitato?

O non sarà un jolly per fare grande Angela Merkel?

È più identitario Macron o Salvini?

spock@antiit.eu

Ombre - 421


Tre economisti di nome, Reichlin, Giavazzi e Zingales, e una doppia pagina del “Corriere della sera” per raccomandare al governo di sostenere l’asse Merkel-Macron e il bilancio comunitario, senza dire chi deve controllare chi. Dopo che lo stesso giornale ha spiegato due giorni prima che il il Bundestag se ne assume il controllo incondizionato, il Parlamento tedesco. Una svista? Una dimenticanza? 

In Giappone negli ultimi anni si sono moltiplicati i suicidi per “eccesso di lavoro”, e una legge si è dovuto fare per mettere un tetto inderogabile alle ore passate al lavoro. Di che stiamo parlando, di quale concorrenza?

In Giappone a un impiegato pubblico di 64 anni che per sette mesi, una volta la settimana, è uscito tre minuti prima della pausa pranzo, alle 11,57 invece che alla 12, è stata dimezzata la retribuzione. I dirigenti dell’azienda pubblica per cui l’impiegato lavora si sono dovuti scusare in televisione.  

Al Classico la traduzione dal greco è da Aristotele, incipit dell’“Etica nichomachea”, sull’amicizia. Gongola Canfora: “Ottimo per fare un dispetto a Salvini”. Ma il pezzo è intraducibile per gli stessi traduttori professionali. Al Linguistico, lo scritto di inglese è uno stralcio di “Quello che resta del giorno”, romanzo di Kazuo Ishiguro, scrittore giapponese. Dopo l’università, il ministero si applica a distruggere il liceo.

“Tuo figlio vuole guadagnare 10 mila euro al mese?”, chiede il funzionario della prefettura di Benevento a un amico: “È semplice; 10 migranti, 10 mila al mese lordi, utili 30-35 per cento”.
È semplice, a Benevento e nelle cento altre prefetture, non c’è affare più redditizio. Senza lavorare. Quello dei migranti è un business, enorme e scandaloso. Ma due inviati ottengono solo una breve su “la Repubblica”.

Iran-Spagna, con c’è partita? I calciatori iraniani si buttano giù al primo avvicinarsi di uno spagnolo: la consegna è di perdere tempo, sperando nello zero a zero. Poi, dopo il fortuito goal spagnolo, gli iraniani si dimenticano di darsi per morti e hanno tre-quattro palle goal contro nessuna della Spagna. Si gioca – si dovrebbe – al meglio delle possibilità, non al peggio.

Persistente la sensazione in Iran-Spagna che la Spagna debba vincere – gli arbitri applicando alla Nazionale le facilitazioni già applicate al Real Mdrid in Champions. All’Iran si nega cervelloticamente, complice la Var, un goal che avrebbe portato a un’altra partita. Certo, i campioni spagnoli attirano molta più audience dei peones iraniani.

Anche i rigori evidenti non dati alla Serbia contro la Svizzera e, questa sera, alla Svezia contro la Germania vanno nel senso del risultato prestabilito. Errori non si fanno a vantaggio dei più deboli.

Il ministro Tria: “Dalla lotta all’evasione le risorse per tagliare le tasse”. Questa è proprio una novità.

“Nel 2017 in Italia Audi ha venduto 64.500 auto; il nostro paese è il quinto mercato mondiale dopo Cina, Germania, Usa e Regno Unito, terzo nella classifica dei profitti”. Sommo titolo di gloria, per l’Italia, pagare più caro.

“Economia e Lavoro”, il settimanale di “QN”,, il quotidiano che raggruppa “Nazione, “Resto del Carlino”, “Giorno” e “Telegrafo”, dedica copertina e ampi elogi a Audi: “Lo stile Audi ha conquistato l’Italia. Il lusso 4.0 è tecnologia e sostenibilità”. Il giorno steso che il vertice della casa automobilistica è arrestato in Germania per frode nelle emissioni inquinanti.

“L’Economia” fa la graduatoria delle nazionali di calcio di maggior “valore”, sommando le quotazioni di mercato degli atleti. Al primo posto non viene il Brazile del super pagato Neymar – viene addirittura al terzo posto, ma la Francia. Il settimanale non dice il motivo, ed è che la Francia ha integrato per prima e meglio gli africani, del Nord e del Sud del Sahara.
La seconda classificata, l’Inghilterra del futuro recordman dei “valori” calcistici, il centravanti Harry Kane, ha stentato contro la Tunisia, una delle ultime squadre del ranking Fifa, dopo aver rischiato molto.

I 630 africani della “Acquarius” erano attesi a Valencia da 2.400 fra volontari e assistenti. Quattro per ogni immigrato.
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Parnasi era a Rom un “immobiliarista di sinistra”, che però si vede poco nelle intercettazioni, giusto per qualche remoto consigliere, anche regionale. Il Vaticano poi, padrone della terre più appetite, con licenza compresa, è del tutto assente – Pignatone è molto praticante.

Un’altra stagista crea in America un caso nazionale, una del “New York Times” dopo quella di Clinton, che stava per vincere il premio Pulitzer col suo primo articolo, a letto con uno della Cia. Ci vorrebbe un #metoo anche per le vittime delle stagiste, l’America puritana dovrebbe pensarci.

L’architetto Montuori, messo all’Urbanistica a Roma per sostituire l’architetto Berdini, cacciato perché aveva dubbi sullo stadio dell’As Roma, demandava tutto a Lanzalone, l’uomo dello scandalo 5 Stelle. E lo conferma ad Alessandro Trocino sul “Corriere della sera”, in allegria. Ma dove li trovano?

Però, si resta frastornati dalla mole delle intercettazioni. Di gente lontana dall’ As Roma, dai 5 Stelle, da Parnasi, dal Comune. Un funzionario di palazzo Chigi, che parla con un’amica.

Però, fa senso vedere i grillini, che hanno prosperato, senza mai lavorare, con le soffiate dei giudici, ora sotto torchio per le stesse. Chi la fa l’aspetti, bisogna dare ragione ai proverbi. Un mondo in  discesa, tutto facile e dovuto, grazie al complesso media-giustizia, e ora il “redde rationem”.

Salvini dice che non aveva rapporti con Parnasi ma gli chiedeva due biglietti per la Roma allo stadio. Perché un parlamentare, capo di un partito, non se li comprerebbe i biglietti?

L'infelicità di essere giovani

Un apologo contro la droga (“La scuola e la droga sono due aspetti della vita che ho sempre odiato” è l’esergo) narrato da lei, Ifem. In forma di tenerezza amorosa inesausta, che finirà nella rinuncia – un’emigrazione all’inverso, verso il Congo sconosciuto. La madre incattivita, venuta dal Congo per diventare dottoressa e fallita negli studi, e il padre assente narrati da lui, Yannick, che purtroppo è finito nella droga. Nel mezzo l’essere italiani di due ragazzi africani. A Ravenna, col mare, case dignitose, e vicini affettuosi.
Due racconti, e una scrittura, edificanti: un breviario di saggezza. Le riflessioni sentenziose sarebbero il modo di conversare dei giovani oggi: “la malinconia è contagiosa”, “devo smettere di parlare come se tu fossi interessato ad ascoltarmi”, “a noi non è stato insegnato a essere neri, è stato insegnato a loro a chiamarci così”.  
Al quarto o quinto bestseller a 25 anni, Distefano troneggia fra gli autori giovani per giovani. Con più convinzione, sembra di capire dalla scrittura, dei creatori del genere, Moccia e Volo. Per la funzione pedagogica, delle buone intenzioni. Un esito formidabile, per una scuola rifiutata.
Ma due apologhi che vanno anche oltre il genere, nella condizione di due ragazzi italiani africani, che hanno un passato solo italiano. Specialmente interessante, per uno come Distefano, che, di genitori angolani, non è mai stato in Angola, né altrove in Africa (ma non può avere la cittadinanza italiana, proprio così!), la sintesi fulminante della condizione africana con cui apre il primo racconto: “Le corse di chi ha sperato per tutta la vita di arrivare in Europa quando la ricchezza l’aveva davanti agli occhi”. L’Angola è proprio così, un paese ricco tradito dai suoi liberatori: un paese oggi poverissimo che ha tutto per essere ricco, risorse naturali, clima, istruzione.
Antonio Dikele Distefano, Chi sta male non lo dice, I Miti, pp. 158 € 7,90

venerdì 22 giugno 2018

Secondi pensieri - 350

zeulig


Cosmopolita - Si è cosmopoliti per aristocraticismo, al modo di Schopenhauer - che voleva fare il professore universitario, ma criticò il professor Hegel, barone dell’università, per restare dottore. O per antipatriottismo d’anticamera: si è cosmopoliti in quanto si è radicati e saldi, in se stessi, nel carattere, la lingua, la cultura o tradizione che sia – l’espressione è tradizione. Non si è cosmopoliti per emigrazione, non necessariamente: è una condizione da vivere (analizzare) e accettare: si è cosmopoliti con calma.

Erodoto - Essere Erodoto, immaginarsi (creare) il mondo. Non alla maniera dei romanzieri, ma raccontando la verità, la mostruosa compresa.

Identità – Frana sotto le politiche identitarie. L’identità individuale, o personale: si è dissolta o frantumata sotto la spinta identitaria, della politica identitaria montata nel Millennio nell’(ex?) Occidente. 
L’identità è ora di genere, di religione, linguistica, etnica, perfino regionale, anche se la regione è un’entità amministrativa. Mentre l’individuo è tutte queste cose messe assieme, e numerose altre. E non “una cosa” per sempre: ognuno è stato una cosa oggi e un’altra domani o ieri  - “Mi contraddico?” obietterebbe Walt Whitman, “Certo che mi contraddico”.
Le politiche dell’identità isolano, contro questo, contro quello. Si vogliono limitative, riduttive.
Poesia - Può essere che abbia ragione Zambrano, e il ruolo della poesia sia conteso dalla filosofia. E che il duello s’incarni in Platone, nato per la poesia, preso dalla dialettica, vinto dal mito. “Io”, dice Socrate a Fedro, “non ho ancora avuto il tempo di conoscere me stesso”. Come se fosse possibile, sia pure la conoscenza onnivora.
Ma la filosofia non inventa nulla, che Dürer mostra parata di cartigli, pendenti, filatteri per i “Libri dell’amore” di Celtis, grassa sninfia seduta soddisfatta. Si vive di poesia, inclusa quella scadente dei persuasori occulti, anche orientali. Parlandosi chiaro, Delfi barava. E sant’Agostino, secondo il quale imparare è ricordare, ma non c’è niente da imparare fuori: sì, c’è la verità eterna, dice, ma la conoscenza di sé è il primo indispensabile passo.
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Possessione – È di tutte le culture e di tutte le religioni, il fenomeno dello sdoppiamento della personalità, o psicosi ossessiva. Negativa, per l’invasamento di spiriti del male: c’è nei Vangeli, e a tutte le altitudini, opera di spiriti maligni o irrequieti, di fantasmi, di animali (la licantropia, in Africa il uomini leopardo). E positiva, specie la possessione cultuale, di personaggi eminenti che diventano profeti, messia, incarnazioni divine: ovunque nei paesi storicamente arretrati, per insorgenze nativiste, o fondamentaliste, ma anche negli Stati Uniti, e in Maometto, Zoroastro, e nell’oracolo di Delfi, nel quale la Pizia o Pitonessa veniva “posseduta” da Apollo.  

Razzismo – È nel misconoscimento della diversità come nella sua affermazione radicale, negatoria dell’altro. Se ne trovano le tracce insidiose nella polemica in corso sul “buonismo”. Sul fatto che il buonismo è un business, benché questo sia un esito di una più generale politica dell’accoglienza: è un business collegato a una politica delittuosa, che l’accoglienza limita alla sopravvivenza, cibo e rifugio, di cui però fa un’attrattiva che è una trappola: il migrante così attratto resta prigioniero, solo buono per un mercato del lavoro schiavistico, in assenza o per la rarefazione di vere opportunità, di lavoro, studio, integrazione. Non si può allo stato degli atti, come qualche Procura della Repubblica vorrebbe,  collegare il “buonismo”, che ha così larga e entusiastica propaganda, col mercato del lavoro schiavistico, ma di fatto lo è – non è una novità che le buone intenzioni nascondano il male.

Roma - Roma è città di grandezza grandissima e di bellezza bellissima, Luciano direbbe. Ma nulla vi cambia mai. Si lucra oggi sul denaro pubblico negli stessi modi coi quali lucravano Crasso e i liberti. E si esercitano gli stessi inganni.

Selfie – Imparare è ricordare, sostiene sant’Agostino. Ma non c’è niente da imparare fuori. Sì, c’è la verità eterna, dice, la la conoscenza di sé è il primo indispensabile passo. E lui, avrà conosciuto il se stesso, magari confessandosi? Non si è se non si crede, a se stessi.

Superstizione – Non è innocua. “La fede nella jettatura rende jettatti”, Alfonso M. Di Nola, che ne analizzò la diffusione in Europa, lo spiega per una ragione semplice, la stessa indagata da Freud, delle tendenza autolesionistiche anche inconsce. La suggestione può ingenerare una predisposizione, e perfino la ricerca di situazioni negative. Ma non si liquida come “superstizione”: nell’anamnesi di tipo freudiano può agire anche in senso opposto, di consolidare delle difese, seppure contro nemici supposti.
In realtà tutto è possibile. Solo una ragione ristretta, di causa-effetto,  ha un solo sviluppo e un solo esito. Della superstizione non si può dire che sia una difesa, ha anche colpe, anche terribili. Ma non senza ragione.

Volontariato – Va con le buone intenzioni, ma non ne è garanzia – e viceversa: le buone intenzioni non garantiscono un buon volontariato, generoso, produttivo. Dà uno scopo ai belli-e-buoni e le anime candide, in aggiunta ai missionari. Ma non basta: i filantropi, irridirebbe Dickens, hanno bisogno di denunciare qualcuno. Ed è sconcio fare accademia dove si muore, più spesso in modo atroce. Senza voler guardare all’origine del male, là dove soltanto si può stroncarlo.
La verità è sempre quella dell’“Agente segreto” di Conrad: la stupidità delle buone intenzioni. O di san Paolo, che proprio ai romani spiegò che il peccato lo fa la legge: “Senza la legge il peccato è senza vita”. Non solo, ma “la legge che doveva portare alla vita finisce per condannare alla morte”. È la doppiezza che fa la grandezza dell’uomo di Borges. Lui l’associava all’infamia – lui o Paul de Man, che in Borges l’ha scovata, impegnato a cancellare il suo proprio antisemitismo – ma va anche con i buoni propositi, se pieni di sé.

zeulig@antiit.eu

Il populismo non è un'opzione

La rivista americana “The Atlantic”, uno dei media più atttivi contro Trump, fa la storia dell’ingegnere cinquantenne licenziato dalla Cbs per ristrutturazione – “niente di personale”, dopo venti e più anni di premi e riconoscimenti. E da allora senza lavoro. Anche se ha una muttua privata e quindi costerebbe poco. Le poche volte che ha bucato i silenzi aziendali si è visto preferire candidati giovani. Mentre la sua figlia ventenne, che pure ha molti titoli, trova “solo imprese che non vogliono occuparla direttamente, e non le pagano il salario base e i benefici sociali”. Un storia comune, negli Usa e in Europa, e anche elementare – “The Atlantic” non ne coglie il senso, riducendolo a caso umano, per i belli-e-buoni da lacrimarci sopra, e questo è parte del problema: si mette fuori mercato il cinquantenne produttivo, ma protetto (ancora) dalle leggi, a favore di ventenni senza protezione da tenere al guinzaglio come precari. Perché l’ingegnere e sua figlia non dovrebbero votare Trump? La verità è semplice: il mercato nei paesi sviluppati, o Occidente, o asse atlantico, è senza regole e senza futuro (il futuro si costruisce). Si creerà pure lavoro, come vantava Obama, ma per accumulare reddito e non per distribuirlo. La globalizzazione è stata ideologia americana, tardi anni 1970, cristallizzata dieci anni dopo in Cina col sacrificio di Tien An Men. Ma è l’ideologia delle multinazionali, che nel mercato globale hanno trovato un “esercito del lavoro” inesauribile. Una chiave semplice per scardinare il mercato occidentale del lavoro, e la distribuzione del reddito. Si può passare alla Francia. Dove la faccia di Macron, l’impersonificazione dei belli-e-buoni, vuole imporre un mercato senza regole. Lo stesso Macron non passa giorno che non deprechi gli italiani populisti. Ma se i francesi potessero votare oggi, non voterebbero Le Pen o altri populismi analoghi – anche se il presidente bello-e-buono prende gli immigrati a randellate? Votare Trump non è segno di grande disperazione? O Salvini e Di Maio, giovanotti di nessuna esperienza e così poco affidabili. Si discute del populismo, cos’è, come si classifica. Con troppe opzioni finora. Forse perché il fatto è inclassificabile. In Italia è palesemente una non scelta: un ripiego. Si vota alla cieca, pur di non votare i soliti noti. Non senza ragione, si direbbe: che gli analisti politici e i media non se ne rendano conto è parte del problema, viviamo sotto un’ideologia soffocante. Libera, liberissima, e letale,. Si può dire il populismo il sintomo di una non scelta. Si è fascisti per un credo, rivoluzionario-controrivoluzioanrio. Si è populisti per non avere rimedio, per disperazione

Amalia civetta

Snob, vittima del nome, domestico, la fidanzatina di Gozzano è una che ama il foot-ball e la ginnastica ritmica, in piazza. Ma ha il verso facile, apparentemente, e senza pudori, non gozzaniani.
Il pezzo forte della riproposta sono le due prose finali, del 1926, due autoritratti, il secondo in forma di auto intervista:  “Si può dire che il nome della poetessa torinese sta alla femminilità e alla letteratura come quelli di Mussolini, di Marconi, di Dina Galli e di Camillo Rocchietta stanno rispettivamente alla politica, alla radiotelefonia, al teatro, e alla creazione del Proton”. Ironica, ma non del tutto: “Elegante, impassibile, un po’ sprezzante”, e una che “esige tutto di prim’ordine, anche i palchi”. Una virago a tutto tondo, il genere che s’imporrà con gli anni 1960. Molto autonoma, soprattutto dal genere maschile. In questo campo non disdegnando le relazioni tempestose, da ultimo con Pitigrilli, anche in tribunale  - in un processo che finirà con la sua condanna, seppure attenuata per “infermità mentale”. Dopo avere minacciato, qui si legge, “un libro alla nitroglicerina”, delle lettere d’amore a lei indirizzate.
Gozzano la leggeva e l’apprezzava  per avere declinato la verginità. Ma la sua “musa” aveva la ricetta delle lettere d’amore e della seduzione. Un po monotona, di programma - più che di pratica? Nel programma della sua rivista (l’autointervista), che chiamerà “Le seduzioni”, ne svela dieci anni dopo la morte del maestro l’articolata tattica: “Come accade a  talune intelligenti lettere d’amore, deve lasciare avvenire in ciascuna pagina un tono di ariosa grazia variata,  resa vivace qua e là da una sapiente screziatura di gioconda perversità amabile….” Concetto ripetuto, se uno non avesse colto: “E come gli sguardi, le parole, le prepotenze di una donna leggiadra che, facendosi amare, suscita un interesse sempre  diverso, deve spumeggiare di bizzarria con la discrezione allettatrice propria al buon gusto spontaneo”. Siccome Guglieminetti viene legata a Gozzano, immaginarsi Gozzano tra intelligenza, grazia, perversità, prepotenze, bizzarria, allettamenti.
Nata poetessa, 1907-1909, Amalia Guglielminetti sarà dopo Gozzano prosatrice e polemista, autrice di romanzi un po’ pruriginosi, che le daranno rinomanza. Ma resta “la” poetessa, l’unica che l’Italia vantava, a detta di D’Annunziao, novella Gasparara Stampa, e anzi più di “Gasparina” secondo Gozzano. Per le raccolte “Voci di giovinezza”, la prima, le due qui riprese, e “L’Insonne”. A scuola in realtà di Ada Negri, verso la quale un sonetto, dal Bookshop veneziano Damoche ripescato in coda, riconosce il debito. Una verseggiatrice, dotata più che ispirata, e più senza anima che con.
La prima raccolta, 1907, di sonetti, è organizzata in capitoli: “Anime”, “Spiragli”, “Il signore”, “Profili”, “Verità”. “Le seduzioni”, 1909, sono in terzine, chiuse da un verso singolo. Cinque gruppi di sonetti chiudono la compilazione: “”Rosso e nero”, “Un ritorno”, “Abbandoni”, “Soliloqui”, “Commiati”.
Un verseggiare apparentemente facile, di scansioni, rime, assonanze. Notevoli per costanza e resa tradizionale, in anni di sperimentazione. Sui temi della vita e dell’amore. Un canzoniere che si sviluppa come una cantica. Attorno al sé: “La donna, con il volto fra le mani\ nell’ombra di sua gran chioma raccolto\ pensa: - Avrò ancora il mio nome e il mio volto\ fra un anno, oppur fra dieci anni, o domani?”. Tutto ben risolto. Ma senza un verso o un’immagine memorabile. Monotematico: “Tu, chiusa nello specchio, mi somigli,\ sei forse un’altra me, ma sempre come\ una straniera, tu mi meravigli”. Raramente narrativa – le vergini zitelle, e poco altro.
“Anime” è una sorta di cantica dantesca: un’evocazione di anime, di donne, in forma di sonetti, un’ottantina di sonetti. Un espediente che avrà altro esito in Lee Masters, “Spoon River”. Qui nell’indistinto, “metafisico”, in una terminologia classicista, di “alme”, “spirti”, “ardor”, “fervor”, forse la parola più frequente. Di poesia che, volendo esagerare, si direbbe mallarmeana, ridotta a suono.
Componimenti come “spietate autovivisezioni” la poetessa vuole. E questo è in linea col tempo. Ma la sua scrittura è avulsa, bizzarramente, in anni di sperimentazione: d’impianto ottocentesco, di linguaggio secentesco – sembra di leggere Tasso. Amalia li prendeva civettando.
Amalia Guglielminetti, Le vergini folli. Le seduzioni, Damocle, pp. 297 € 10


giovedì 21 giugno 2018

Trappolone Merkel


Molti sorrisi e molte trappole per il governo italiano, a Parigi e Berlino. Sull’immigrazione l’intesa franco-tedesca prevede un peggioramento degli accordi di Dublino, e non un miglioramento. Non la condivisione degli oneri dell’accoglienza fra tutti i i paesi membri, e non l’avvio di una politica volta a disinnescare l’ondata immigratoria. Sui bilanci Merkel propone, con l’avallo di Macron, il controllo surrettizio delle finanze nazionali da parte del Bundestag, del Parlamento tedesco. Attraverso un meccanismo semplice: portarli all’avallo dell’Esm, il fondo salvastati (Meccanismo europeo di stabilità). Gestito da politici e funzionari tedeschi, con la riserva di un potere di veto, e quindi decisionale unico, per la stessa Germania – la maggioranza nell’Esm è di almeno l’80 per cento, e la Germania ha un quota-diritto di voto del 27,15 per cento (anche la Francia ha un diritto di veto, con un contributo appena sopra il 20 per cento, 20,4: niente nasce per caso in Europa).  
Le trappole, a giudizio della Farnesina, nascono a Berlino, Parigi conta poco. Merkel, sotto pressione dalla destra del suo schieramento, deve portare a casa entrambi i provvedimenti ai vertici dei prossimi giorni. Pena la crisi di governo e la sua possibile giubilazione – dopo quasi vent’anni d’ininterrotto dominio, sul suo partito prima, la Cdu, e poi, dal 2006,.sul governo nazionale.
Il controllo dei bilanci nazionali da parte del Bundestag era al cuore della proposta di riassetto della governance europea dell’ex ministro delle Finanze Schäuble, della destra Cdu che si identifica con la Csu bavarese che ora condiziona Merkel. Schäuble è passato a settembre alla guida del Bundestag stesso.

Il mercato della fine dell’Italia


“In Italia si lavora troppo e si guadagna poco”, Domenico De Mas spiega brebe in un’intervista. Il fatto è semplice. E c’è anche un motivo, ma questo non si dice. Che si può riassumere nella legge che, forse, il governo della Corea del Sud adotterà. Per tagliare l’orario di lavoro settimanale, a 52 ore. Ora è di 68. E gli imprenditori si oppongono alla riduzione. Competizione?
La globalizzazione spiega tutto, ma ha effetti unicamente maltusiani. De Masi avrebbe  potuto aggiungere che non si vuole lavoro specializzato, meno che mai di ingegneri e altri laureati. E che la quarta o quinta potenza economica mondiale di trent’anni fa tra altri trent’anni sarà da Terzo mondo: non crea (distribuisce) reddito, non avrà più pensioni.
Sul “Corriere della sera” il presidente di Assolombatrda Bonomi è peraltro oggi preciso: “Tagliamo il cuneo fiscale. E dico di più: facciamolo solo alla componente lavoro. Così i soldi in più andranno  a finanziare la domanda interna”, Lapalissiano: se nessuno compra (può comprare), per chi si produce? Ma non lo è per il pensiero unico, media compresi. Di giornalisti che vengono pagati otto euro l’ora, anche sei.

Lenzuolate letali


Il governo ristabilisce la chiusura domenica dei negozi, e si scopre finalmente che non è vero che l’apertura ce l’imponeva l’Europa, in Europa i  negozi sono chiusi la domenica, in Germania, Francia, Belgio, Olanda, nella stessa Inghilterra. In questi paesi, si può aggiungere, è anche da tempo in atto un ritorno al commercio minuto, al negozietto sotto casa, come quello che meglio garantisce la qualità, e i prezzi.  E i prezzi.
Si scopre che le “lenzuolate di BersanI”, liberalizzazioni selvagge, delle licenze e degli orari, dopo avere rovinato centinaia di migliaia di famiglie, erano illiberali e anticonsumatori. Effetto della febbre liberistica, quella che ha probabilmente ammorbato e spento il Pd. Frutto forse di stupidità più che di corruzione, ma dagli effetti nefasti.
Non c’è invece ondata di ritorno sulla liberalizzazione dell’università decretata vent’anni fa da Luigi Berlinguer. La demolizione dell’università (pubblica) procede senza ripensamenti. A favore delle università private, che in vent’anni si sono moltiplicate, da quattro-cinque a un centinanio. Grazie anche alle gestioni Moratti e Gelmini, che però erano in sintonia con le loro posizioni politiche. L’università- l’università è quella pubblica, l’unica che fa ricerca – resta sempre quella handicappata da Berlinguer, dalla sinistra “liberistica”. Nessun investimento, e impossibilità di farne, finanziamenti unicamente privati, da brigare a cura dei ricercatori e docenti (è la loro occupazione principale), turn-over bloccato, dal 1999, quadri più che dimezzati, nell’insegnamento e nella ricerca.
Quos Deus perdere vult, dementat prius” è più che vero. Ma morto un partito se ne fa un altro, mentre la  punizione è irrimediabile per l’università e per l’Italia, Dio fa impazzire chi vuole perdere, ma quanti danni.

Eutanasia in ospedale

Si “scopre” in Gran Bretagna un War Memorial Hospital che aveva la funzione di far morire i ricoverati - tra 500 e mille tra il 1990 e il 2000. Facendo finta che non fosse una politica ma la colpa della dottoressa che materialmente prescriveva le dosi letali. C’era stata qualche denuncia ma tutte le indagini si erano chiuse senza colpe.
È la morte che non si dice, ma “buona morte”, eutanasia, delle persone non più produttive, o malformate. Praticata evidentemente con larghezza, anche se al coperto. Essendo parte della più vasta eugenetica, la “buona razza”, è per questo non più di riferimento, dopo Hitler. Ma non è dismessa: nei paesi scandinavi e in Svizzera è pratica corrente, senza problemi morali – quando la famiglia o gli aventi causa non si oppongono.
La “buona morte” è stata a lungo applicata, fino a recente, anche ufficialmente. Con l’aborto procurato (di figli deformi o comunque indesiderati, spesso le femmine). E in prospettiva, con la sterilizzazione. Delle donne prolifiche (referendum a Berna nel 1926), dei devianti, ladri o assassini (negli Usa dal 1907 fino al 1980), dei folli o minorati gravi (in Danimarca dal 1929, in Svezia dal 1935 al 1976).
I veterani di guerra sono anch’essi un costo,  previdenziale oltre che ospedaliero.
Abolire l’imperfezione dal mondo, la malattia, l’incapacità, il dolore, è richiamo inarrestabile. Nella scia di Darwin e dell’evoluzionismo povero, peraltro, l’eugenetica si configura come perfezionismo. Ma l’eutanasia branca dell’eugenetica, è brutta bestia, divorante.

Il capolavoro del recensore

Un romanzo ben congegnato, come i tanti altri dello scrittore spagnolo. Su come siamo e possiamo essere anche in una breve vita, diversi cioè, topos di Marías, romanziere prolifico, per quasi cinquant’anni ormai. Nel matrimonio, suo luogo da qualche tempo privilegiato, dello scrittore – tra una spagnola e un inglese, di Oxford, quindi destinato allo spionaggio.. Questo, a differenza di altri, complicato e estenuante.
Si segnala per l’anticipazione di Magris sul “Corriere della sera” il 3 maggio, che ne ha fatto lettura obbligata: “un capolavoro”, di “genio”, “grandiosa opera narrativa”, di “straordinario narratore, un grande in senso assoluto”. Per un intera lungo paginone.
Javier Marías, Berta Isla, Einaudi, pp. 488 € 20

mercoledì 20 giugno 2018

Contro la barbarie dal volto umano, torniamo a Ricardo

È Trump la febbre o il termometro, la causa o l’effetto? Gli stessi media che non accettano Trump danno informazioni che vanno nel senso di una presidenza non fortuita. Il potere d’acquisto dei lavoratori Usa, bianchi e neri, è in calo da 25 anni. Per i lavoratori bianchi sono in calo le stesse retribuzioni orarie. Nello stesso periodo la piramide della distribuzione del reddito è molto cresciuta in altezza, e in ampiezza alla base. Si registra ora anche un “gap di felicità”accentuato tra americani ricchi e americani poveri, negli ultimi venti anni. Con un “declino accentuato della salute mentale della classe lavoratrice bianca” – questo si legge in giornali programmaticamente anti-Trump. La piena occupazione è di lavori meniali, doppi e tripli per fare un paga. Si può convenire che le fasi di transizione comportano aggiustamenti dolorosi. Gli assetti stabili, di una o più generazioni, vengono rivoluzionati, e i benefici dei nuovi equilibri, seppure manifesti, tardano a assere assimilati (accettati, fatti propri). Sarebbe questo il caso: di una globalizzazione dell’economia che impone aggiustamenti salariali al ribasso per non perdere mercati, con un fenomeno migratorio di massa inteso a facilitare questi aggiustamenti. Ma i benefici dei nuovi equilibri non ci sono. Sono “manifesti” nel senso che questa transizione monopolizza anzitutto i sistemi informativi, depotenziandone la capacità critica. Ma non ci sono né per il reddito distribuito, né per il consumo (prezzi, qualità), e nemmeno per l’occupazione. Si dice: senza, sarebbe peggio. Senza i salari cedenti e senza l’immigrazione di massa. Ma è una minaccia facile – parte della “dottrina manifesta” della globalizzazione – e non provata. E comunque indigeribile a chi ne paga gli effetti. E si arriva al punto in cui le restrizioni di Trump all’immigrazione di massa e alle importazioni in dumping non sono vociferazioni di un presidente folle. Molto, forse tutto, di Trump è contestabile, ma il personaggio si fonda su esigenze reali. Ributtato dai media nella barbarie, è di fatto un reagente, la barbarie del pensiero unico o manifesto facendo emergere, che pure si vuole dal volto umano. Non c’è umanità nell’immigrazione di massa, che è stata aperta dalla globalizzazione, per il bisogno in Europa e negli Stati Uniti di manodopera a livelli “cinesi”. Non un progresso. Non un’evoluzione benefica. Per gli sessi migranti, anzitutto: sradicati per essere ributtati in una vita – due vite, contando quella dei figli – di niente. Peggio e anche molto peggio che il niente di casa, dove c’è conoscenza, per quanto nell’ignoranza, e solidarietà, benché tra poveri. Delle merci è difficile appassionarsi. Se gli americani pagheranno di più il cellulare Huawei, se con uno americano guadagneranno un dollaro in più al giorno. Non è per caso che in tanto “mercato” non si parla più, da tempo ormai, di David Ricardo, della fondamentale teoria dei vantaggi comparati che è la vera globalizzazone – in quest’epoca che celebra i decennali e i quinquennali di eminenti Nessuno si sono trascurati i 200 anni di questo fondamentale principio, 1817, totalmente, cioè non per caso.

Fisco, appalti, abusi (123)

La digitalizzazione al ministero dell’Interno (Viminale e prefetture) non ha semplificato le procedure ma le ha moltiplicate, rendendole spesso inaccessibili se non a professionisti. Con danno per il cittadino, in denaro e in tempo, che il più delle volte deve ricorrere a intermediari per la gestione delle pratiche (codici alfanumerici di 40-50 lettere….)

La digitalizzazione ha accresciuto all’Interno di poco meno di un terzo i costi del Personale, invece di ridurli come promesso. Per il personale nuovo e da riciclare.

Sono cresciuti all’Interno anche i costi per materiali e amministrativi, sempre a causa della digitalizzazione. Un portale centrale (SANA) si è costruito mostruoso, in cui vengono repertoriati ogni giorno milioni di documenti inutili, con costi di gestione (hardware, software, personale) non ancora quantificati ma dell’ordine del 30-50 per cento in più rispetto agli analoghi capitoli di spesa storici.

Le cento prefetture riproducono in scala il SANA. Che devono alimentare e dal quale devono venire alimentate, soprattutto nelle  procedure di incasso e esecutive.
 .
Fondi di investimento tutti perdenti, da due anni. Bollette della luce e del gas sempre più illeggibili. Il raddoppio del canone del telefono fisso – ormai da due anni. Stampa specializzata e gruppi consumeristici fanno a gara a tenere gli utenti-risparmiatori all’oscuro. Nonché non protestare, non informano neanche.

C’è ancora Di Pietro fra i destinatari del 2 x mille Irpef. E una Lega Nord per l’Indipendenza della Padania. Mentre non c’è il movimento 5 Stelle, che ha un terzo dell’elettorato.

Lo scrittore scrivano

Il racconto dell’uomo “che vorrrebbe identificarsi col nulla” – Calvino? Bartleby non il solo, è un topos  di metà Ottocento: c’è molto in Russia, in Gogol, Gonciarov, anche in Germania, l’uomo inutile e il Buonannulla, e un po’ nella Scapigliatura. E non è tanto l’umo che vorrebbe ma l’uomo che finisce per essere nulla. Melville lo fa, autoironico, da future impiegato delle dogane, con un pizzico di umorismo. Specie nel tormentone poi celebre, “preferirei di no”, che è la risposta standard di Bartleby all’avvocato che lo stipendia, sotto il busto di Cicerone.
Melville passa per autore segreto - “mistico e simbolico” secondo D.H.Lawrence - per via della balena. Ma è ben “americano”, per nulla metafisico. E si divertiva anche.  “Annichilito”, come disse a Hawthorne, dalla certezza che con i romanzi e i racconti non ce l’avrebbe mai fatta, dopo l’insuccesso di “The Confidence Man”, 1857, finendo per impiegarsi alla Dogana di New York, dal 1866 al 1885 – sei anni dopo morirà. Ma già “Moby Dick”, 1851, gli era stato fatale.
“Moby Dick” rimarrà dimenticato per settant’anni: come non essere ironici? “Bartleby” sarebbe piaciuto scriverlo a Ionesco. È uno dei tentativi di salvarsi dal naufragio di “Moby Dick”, nel 1853, prima dell’affondamento del 1857. Ironico nel senso che già l’autore si vede alla scrivania, addio sogni di gloria, con le mezze maniche.
Herman Melville, Bartleby lo scrivano e altri racconti, Bompiani, pp. 171 € 10

martedì 19 giugno 2018

Problemi di base parnassiani - 425

spock


Ma Parnasi non era a Roma un “immobiliarista di sinistra”?

Perché la sinistra si sente poco nelle intercettazioni, quasi nulla?

Perché anche il Vaticano è assente, proprietario delle aree migliori, con licenza attaccata, interlocutore privilegiato di Parnasi, et al.?

Pignatone è uomo pio, ma quanto pio?

Un buon giudice sa comprendere e perdonare, ma solo gli amici della parrocchietta?

È la politica che corrompe, o si diventa politici per farsi corrompere?

Che gara è questa, farsi politici per farsi corrompere?

spock@antiit.eu

Letture - 348

letterautore
Bici – Faceva male alle donne. Vernon Lee racconta, in “My bicycle and I”: “Negli anni 1890, i critici sostenevano che  le donne che montavano biciclette sarebbero finite più facilmente a  professare la prostituzione o il lesbianismo”.
Falsi – Si commissionavano pitture di false rovine in Europa dal Cinquecento fino all’inizio dell’Ottocento. Nel Settecento, segno di distinzione delle residenze magnatizie erano le false rovine in giardino.

Gadda – Ma il “Pasticciaccio” un assassino ce l’ha. Era uscito a puntate su “Letteratura” prima che in volume. Che non si dice per non “spogliare” la lettura. Ma non ha nulla a che fare con la versione definitiva, che si diverte a montare il giallo invece del noir, con falsi indizi praticamente a carico di ogni personaggio.

Hater - È la specie più antica di comunicatori. Attraverso invettive, maledizioni, fatture, invocazioni ostili, scongiuri, malie, magie, sortilegi, assortiti di filtri e pratiche magiche. Documentata nella letteratura mesopotamica e egiziana, prima ancora che in quella  greca e romana. I romani arrivarono a istituzionalizzare le maledizioni, con le “Defictionum Tabellae”, lamine di piombo sulle quali si incidevano incantesimi e maledizioni, con la certezza che essi avrebbero prodotto il male della persona indicata. Lamine cattive anche nel nome: si chiamavano tavole di “trafittura”: una volta scritte, si trafiggevano con chiodi o punteruoli, nelle parti da colpire della persona odiata. E si seppellivano nei cimiteri, o nei pressi dei sepolcri, come supplica agli dei infernali ad assumere la\e persona\e odiata\e,  per una morte fra i tormenti – ferite, malattie.

Germanico, secondo Tacito (“Annali”, II, 69), fu vittima dei malefici di oscuri nemici. Tutt’attorno al suo cadavere, racconta, “si trovarono anche, a terra e sulle mura, dei brani di cadavere sottratti alle tombe, delle formule magiche, delle imprecazioni, il nome di Germanico inciso su lamine di piombo, ceneri di corpo umano arso soltanto per metà e intrise di di sangue nero, e altri malefici, cui si attribuiva il potere di votare le anime alle divinità infernali”. Germanico morente non si spiegava il suo destino, e lo attribuì ad avvelenamento.  

Mefistofele – Assimilato al diavolo, come Satana, Belzebù, in realtà non lo è. È personaggio della cultura popolare tedesca del tardo Medioevo, e si definisce nella storia di Faust, pubblicata anonima  nel 1587.Verrà subito celebrato da Marlowe, e successivamente da Goethe. Ma come demonio intellettuale, che tenta e blandisce le sue vittime, senza più lo zolfo, il fuoco, le catene, l’arsenale demoniaco. È uomo di spirito che alletta più che obbligare.
Anche Mefistofele era all’origine un mostro, di sembianze animalesche, brutto a cattivo.

Presepe – È l’arnia. C’è anche in Virgilio, “Ignavum fucos pecus a presepi bus arcent Virgilio, Georgiche, IV, 168.
Questo Virgilio cita Rabelais, a proposito del problema di Eudemone, come si cacciano i monaci da ogni buona compagnia, "come le api cacciano i calabroni dai loro alveari”.

Rolling Stones – Gianni Rivera, il calciatore del Milan divenuto parlamentare Dc, chiese nel 1990 la cancellazione dei concerti dei Rolling Stones in calendario a Roma, Torino e Milano in quanto agenti del diavolo. I concerti si tennero regolarmente, alle date previste, a Roma e Torino. A San Siro invece si ebbero tre settimane di rinvii, per i motivi più diversi. E quando a fine luglio, il 25, il concerto doveva infine avere luogo, Mick Jagger si beccò una laringite acuta.
I Rolling Stones erano in fama di gruppo demoniaco dal 1970, da “Symphony for the Devil”.

Romanzo – È la;morte per Foucault: “Il romanzo è una morte; fa della vita un destino, del ricordo un atto utile, e della durata un tempo gestito e significativo”.

Spoon River – È modellato sull’“Antologia Palatina”. Edgar Lee Masters a un certo puto volle raccontare il suo paese. Pensò a un romanzo, poi, sulla traccia della “Antologia Palatina”, lo raccontò in poemetti. Tutti di eguale dimensioni e caratura. Per questo ambientandolo nel luogo più egualitario di tutti, il cimitero.

Viaggio – Non c’è una letteratura di viaggi in Italia, che pure l’ha inventata, con Marco Polo. Niente al confronto della letteratura francese  tedesca, inglese, americana, anche russa. Pasolini, Moravia si rileggono con raccapriccio. Anche Malaparte. Si salvano Alvaro, “I maestri del diluivo” e le corrispondenze dalla Germania, anche le corrispondenza dalla bonifica mussoliniana, e Gozzano sull’India.

letterautore@antiit.eu

Le sfumature dell’amore che non si dice

“Perché non desideriamo tutti, come inebriati da un eterno senso di avventura, «la bellezza della vita»?”. Un racconto vecchio e nuovo, di formazione e bohème – da quartieri alti. L’altro aspetto dell’amore, l’altra funzione: di turbamenti e trepidazioni, senza i furiosi assalti fisici che i romanzi impongono. Specialmente brutali nel filone gay, nel quale le infatuazioni che l’androgina Schwarzenbach racconta si collocano. È una rappresentazione, tra la provincia tedesca, Parigi, Berlino, Lugano, di adolescenze attardate, di amicizie febbrili, una rete di rapporti vaganti nelle varie sfumature oggi lgbt.
Un racconto seminale. Una serie multipla di esperienze gay. Formidabile per l’età dell’autrice, anche perché non repertoriate, senza precedenti. Solo allusi in molto decadentismo, da Huysmans a D’Annunzio, con O.Wilde e Th. Mann, e marginalizzati nel cachinno da Rachilde. Vissuti (ricreati)  da supporre di persona, per l’androginia che la distinse, felice prima della droga, e l’impazienza vorticosa di esperienze. Un libro cioè che dice anche probabilmente tutto, quello che importa, dell’autrice. Playful e non impegnata – non coltiverà mai un amore. Distaccata e non appassionata, forse il vulnus che la porterà alla deiezione di sé. E di un mondo, benché qui limitato a una bohème seletta, di musicisti, would-be, pittori, scultori, esteti alla Des Esseintes o alla Dorian Gray. Curiosamente trascurato, benché di Schwarzenbach si siano esplorati tutti i cassetti.
Ci sono pure i fratelli Mann, Klaus e Katia, qui Leon e Christina, nel loro rapporto esclusivo e nel patrocinio di Bernhard-Annemarie - e non sarà la Christina-Erika il riferimento della Christina-Annemarie di Elsa Mallart, La via crudeleIngombranti già all’epoca, e ineliminabili: “È innegabile che questi due individui (“Leon” e “Christina”, fratelli, n.d.r.) abbiano un talento e una bellezza straordinari; attraverso l'algida superiorità dei loro comportamenti e la loro malinconia sorda e intoccabile esercitano un potere e una forza d’attrazione del tutto fuori dall’ordinario”.
Una narrazione d’impeto forse più che un progetto, la prima della scrittrice svizzera - Annemarie Schwarzenbach lo scrisse ai vent’anni, lo pubblicò a ventitré. Ma, oltre che originale nell’impostazione della febbre erotica, denso di umori che sfoceranno in varie direzioni nella narrativa europea del secondo Novecento - e ancora di più, come pare, in questo primo Millennio.
Raccontata in prima e in terza persona, con improvvisi straniamenti, come poi si diranno con Brecht. Senza scansione in capitoli, un abbozzo di “flusso” orale – quale poi sarà sviluppato dal Bernhard narratore.
L’Orma recupera questo primo romanzo di Annemarie Schwarzenbach, 1931, a ventitrè anni, in una collana, Kreuzville, composizione o crasi di Kreuzberg e Belleville, delle Berlino e Parigi antagoniste o innovative, che molte radici mettono in germinazione del XXI secolo.

Annemarie Schwarzenbach, Gli amici di Bernhard, L’Orma, pp. 186 € 13


lunedì 18 giugno 2018

Fuori Merkel, torna Giamaica

C’è un revival di “Giamaica” in Germania, il governo giallo-nero-verde che fu la prima opzione dopo il voto di settembre? Molto lo fa supporre: la Csu, i democristiani di Baviera, avrebbero trovato una sponda solida nella Cdu, il partito di Angela Merkel, per spostare il governo verso destra, con l’avallo dei Verdi, e nello stesso tempo liberarsi della cancelliera.
Cdu e Csu concordano che la spinta dell’opinione verso destra va contrastata proponendosi, come sempre hanno fatto nei settant’anni di storia federale, garanti dell’ordine. Cosa che la Grande Coalizione con i socialisti, e la stessa Merkel, impedirebbero. Molti nella Cdu scalpitano inoltre per il dominio ininterrotto di Angela Merkel da ormai vent’anni. Da quando fece fuori Kohl e la vecchia guardia.
Le prese di posizione quotidiane di Seehofer e Dobrindt, i potenti ministri capi della Csu, per una politica di respingimenti accelerati degli immigrati non in regola si propone per evitare di perdere le elezioni bavaresi a settembre. Ma l’attacco viene fatto con misura, sapendo che la massa degli immigrati serve all’economia, e alla demografia (le non nascite sono un problema più grave in Germania di quanto lo siano in Italia). Da qui il rifiuto di un asse di questo tipo con l’Austria e l’Italia, come proposto da Vienna. In questo modo però impongono un difficile equilibrismo a Angela Merkel nel vertice europeo che vorrebbe convocare sul problema degli immigrati.
Con Conte, Merkel avrebbe concordato oggi il sostegno tedesco alla revisione degli accordi di Dublino. Ma ancora non ha deciso se abbandonare ogni riserva sulla politica della mano dura, dopo essere stata capofila della accoglienza indiscriminata. E comunque i Csu possono sempre dirsi insoddisfatti.
I Verdi sarebbero ora disponibili. Hanno dibattuto sul fallimento del “Giamaica”, da loro rifiutato per le pretese ultraliberistiche dei Liberali in materia di emissioni nocive e produzioni inquinanti. Un’intesa ritengono però ora possibile, lavorando su coefficienti e date. Il ministro dell’Ambiente è in Germania forse politicamente il più importante, per orientamento e spesa.

Problemi di base grilleschi - 424

spock

Perché Grillo tace?

Ha problemi alle corde vocali - ma in teatro lavora?

Non si diverte più a mandare ar gabbio gli indagati?

A quando qualche intercettazione di Grillo, sono così colorite?

A quando le frequentazioni romane di Grillo, con avvocati e uomini d’affari?

Neet italiani record, chi non studia e non lavora: è l’esempio dei grillini?

O non sarebbe Grillo un benefattore, uno che dà lavoro ai Neet?

Fare i politici è meglio che lavorare?

Abolire i vitalizi per dare via libera al mercato – chi vuole qualcosa paga?

spock@antiit.eu

Sotto il vestito niente

“Prima di andare avanti, senatore, sappia che io non porto biancheria intima”. Ma non c’è pornografia, questo avvertimento è già un eccesso, e non c’è nient’altro.
Marilyn è Marilyn Monroe, la notte è quella con John Kennedy, che i due idoli avrebbero passato insieme - o avrebbero dovuto, obblighi di personaggio. Su cui Ellroy e altri hanno scritto, per salvare la vittima Marilyn e affogare il prepotente presidente. Ma, specie Ellroy, con altra potenza di scrittura. La scrittrice francese retrocede l’incontro agli inizi di Kennedy, quando era senatore e maccarthysta, e non ne ottiene nulla, né prurito né indignazione.
Buono in tempi di #metoo: Reyes, che si è fatta una fama di pornoautrice, ne era invece precursora, con le cesoie.
Alina Reyes, Una notte con Marilyn, Meridiano Zero, remainders, pp. 44 € 3