Questa notte i lupi sono scesi in
montagna a mille metri di altezza e hanno sgozzato 23 pecore. Di un gregge
tenuto al chiuso per il maltempo insistente e violento. Una perdita rilevante –
molto per il pastore cui appartenevano: per resa di latte, riproduttività,
macellazione. Senza nessun beneficio, nemmeno per i lupi, che non mangiano più
di una pecora o due.
Il lupo non c’era – non c’era più –
in montagna, è stato reintrodotto per “ricostituire la catena ecologica”. C’è
molta improvvisazione, ma se non è furbizia mascherata da protervia,
nell’ecologismo. La furbizia dei soldi ch
“Napoli è anarchica ma non rivoluzionaria.
Non è una città ribelle, si adatta” – Francesco Patierno, alla presentazione
del documentario “Camorra”, che andrà a Venezia a fine mese. È la condizione
del Sud. Di buona parte del Sud, Campania, Calabria, la Sicilia dell’interno.
È una forma della democrazia, o una
degenerazione? L’anarchia dissolutrice è irreprimibile.
Muoiono dieci persone alle gole del
Raganello nel Pollino, in modo drammatico, torrentisti colpiti con violenza enorme
dalla piena, e l’apertura del “Corriere della sera” è: “Autostrade paghi di
più!”, una non notizia – forse nemmeno per i Benetton che dovrebbero pagare le
vittime del crollo a Genova. Eppure al “Corriere della sera” ci sono i migliori
giornalisti. Sarà il giornalismo come lo vitupera ogni giorno Trump?
“Un paese vuol dire non essere
soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo,
che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”. È citazione di Pavese che
s’infittisce in rete negli ultimi anni. Dopo il governo Monti che ha gravato le
case d’origine al paese di Tari, Tasi, Imu
eccetera, avviandone l’abbandono, dopo secoli di fedeltà, se non di accadimento,
specialmente al Sud, area di emigrazione – che era la specialità dell’Italia,
la continuità storica. È già una forma di nostalgia?
È vero che al citazione di Pavese
dovrebbe cominciare così: “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di
andarsene via”.
Cara
antimafia
La raccolta differenziata dei
rifiuti, avviata cinque anni fa, ha funzionato egregiamente. Tabelle precise della suddivisione dei rifiuti per il riciclo, contenitori adatti per ogni prodotto
da riciclo, con colori diversificati, mai un ritiro saltato, il paese ha fatto
in fretta a prendere confidenza, e la pulizia era specchiata, quasi un
rimprovero alle tante case abbandonate fatiscenti. In primavera la ditta non ha
avuto il rinnovo della certificazione antimafia, per carichi pendenti di
qualcuno dei dipendenti, o per cuginanze mafiose, su certificazione di lettere anonime che sempre fioccano, e un’altra ditta è
subentrata. Che però si è rivelata non avere la certificazione antimafia in partenza. E allora l’amministrazione si è affidata a una ong, per stare sul
sicuro. Che operò ogni tanto non passa - e quando è il giorno dell’umido sono dolori.
Oppure passa per un rifiuto ma non per l’altro da smaltire quel giorno. Cumuli
di sacchi neri e cataste di cartoni asi sono presto moltiplicati lungo le
strade a ogni esercizio commerciale, si cammina nell’abbandono, con un senso di
sporcizia. E quando passa non lascia più le buste colorate per i diversi rifiuti,carta, plastiche, vetro. Segno che la raccolta non è differenziata - la
carta non va avvolta nella plastica, neanche l’umido. Quanto ci costa l’antimafia.
Si moltiplicano la associazioni
antipizzo. Ci sono dei soldi per questo. Ma si moltiplicano anche le denunce e
gli scioglimenti di associazioni antipizzo. Specie in Sicilia.
Dopo l’antimafia confindustriale di
Montante, ora va sotto processo quella di “Libero” – sottinteso Libero Grassi,
il commerciante che si rifiutò di pagare il pizzo e per questo fu ucciso. La
figlia di Grassi ha tolto il nome all’associazione Libero Futuro – “sulla lotta
al racket serve limpidezza”. E i prefetti tolgono la certificazione di
“affidabilità” a Libero Futuro in vari insediamenti, quattro o cinque sono stati
già sciolti. Nel “tutto mafia” non c’è salvezza.
Prefetti
perfetti
Il “tutto mafia” non sarà il sogno
dei prefetti, oltre che di Milano? Sciogliere tutto, d’arbitrio.
Libero Futuro era stata organizzata
da un imprenditore “con un passato un po’ contorto”, come diceva di se stesso,
avendo pagato il pizzo, prima di decidersi a denunciarlo, Enrico Colajanni.
Aperta a gente come lui. Ma non c’è
redenzione. Non più: nel politicamente corretto tute le iniziative per il reinserimento
di condannati o inquisiti, da Buzzi a Colajanni – Colajanni non è inquisito né
sospettato di alcunché, ma viene comunque “sciolto” – sono condannati per
mafia. Il concorso esterno in associazione mafiosa consente tutto, e il
delinquente è come nell’Ottocento, come diceva Lombroso, si vede da lontano –
dal Nord ancora meglio.
Che un prefetto sappia di Lombroso,
certo, è un passo avanti. Un gran passo avanti, una rivoluzione. In genere si
limitano a dire no.
Dopo i morti di Civita, alle gole del
Raganello, la Protezione Civile, cioè la Prefettura, si giustifica con i tanti
allarmi gialli mandati. Gli allarmi sono di tre colori, giallo, arancione,
rosso. Il giallo prevede anche frane e allagamenti, ma è l’allarme meno
allarmistico, come dire “attenzione”. Viene lanciato a ogni temporale, che sia di
poche gocce oppure una bomba d’acqua. Da un funzionario della Prefettura che gira
il comunicato del Servizio metereologico. Intasando ogni giorno di allarmi i
fax e le email dei Comuni. Dove il sabato e la domenica non vengono letti,
essendo giorni di non lavoro, e nei feriali accatastati e accantonati.
Il ministro, che è un generale dell’Esercito,
che pure non è, non dovrebbe, come fare senatore il cavallo, non “tollera” e vuole subito il colpevole: il sindaco di Civita. Invece di far lavorare la Protezione Civile – il
burocrate lo paghiamo comunque, sia che lavori sia che faccia il burocrate.
Il ministro generale non è solo. Di
Civita, borgo ben tenuto di poche centinaia di abitanti, si sussurra, si cerca,
si scava, si lascia intendere, che faccia guadagni esorbitanti sugli
escursionisti allo sbando nelle gole scenografiche. Che invece sono aperte,
libere, a tutti. Obiezioni del Parco, del ministro dell’Ambiente, sia pur esso
un generale?
Calabrese
è bestiale
Boiardo, razza, bestiale, poltrone, il
manager che resiste dalla prima Repubblica: non c’è turpitudine risparmiata
all’amministratore delegato di Fincantieri Giuseppe Bono. Sul giornale “la
Repubblica”, pilastro dei “belli-e-buoni” della Repubblica italiana. Peggio: Bono
è anche socialista – i socialisti, ormai tutti ex , da un pezzo, restano
specialmente invisi agli (ex) fascisti che con la caduta del Muro sono diventati
le colonne dell’informazione di sinistra.
“Classe 1944”, Bono ha dunque 74 anni.
Possibile che abbia resistito tanto in quanto socialista – i socialisti sono
stati licenziati da un quarto di secolo ormai?
La storia è in realtà diversa. Questo
Bono ha salvato, letteralmente, Fincantieri, nella crisi grave e prolungata
della cantieristica. Facendola sopravvivere, anche alle bordate di “Report”,
portandola in Borsa, dunque in qualche modo appetibile, e anzi imponendola come
uno dei playmaker mondiali della
cantieristica - perfino nella Francia che compra (di tutto in Italia, specie le
banche) ma non vende (mai all’Italia). Probabilmente il gruppo
industriale più grosso in Italia, dopo la Fiat. Dopo aver fatto guadagnare allo
Stato sei miliardi con la quotazione di Finmeccanica, invece di svenderla con
le solite privatizzazioni di comodo per gli “amici”.
Questo può non interessare – con i
cantieri si fa presto a fallire, basta mancare un paio di commesse. No, il
fatto – la colpa, il peccato originale – è che Bono è pure “calabrese”. Peggio,
“calabrese di Pizzoni”, come dire dei Baluba. Nel ritratto firmato da Sergio
Rizzo. Che non è settentrionale.
La
Germania sottomessa alla Calabria
“C’è un’altra Germania, una Germania che
parla il dialetto calabrese. Una Germania ricca. Saldamente nelle mani della ‘ndrangheta.
È tutta nelle loro mani, mani di reggini, cirotani, vibonesi, lametini,
coriglianesi e cassanesi. Storiche famiglie che si sono spartite territorio,
regioni, città, quartieri, strade”. In Germania? “Comandano loro, gestiscono il
potere, frequentano i salotti della politica e dell’alta finanza”. Frequentano
i salotti? “E fanno soldi a palate. Sono quattrini prodotti nelle miniere d’oro
della ristorazione”, miniere d’oro?, “e moltiplicati poi attraverso
investimenti in grosse partite di cocaina sudamericana”. Giovanni Pastore da
Cassano Jonio, “Gazzetta del Sud” 20
agosto 2018).
I corrispondenti locali sono ingovernabili.
Ora, si vede, imitano Saviano, “Gomorra”, i milioni di copie che Mondadori è
riuscito a venderci. La corrispondenza di Pastore è brillante, ma le “storiche
famiglie” che “gestiscono il potere” e “frequentano i salotti”, con le “miniera
d’oro” in pizzeria, sono poca cosa, come si vede, e poco guardabile. Wishful thiknking? Scarsa
geografia – la Germania è un po’ grande? Fantasie di potenza? No, probabilmente
sono i Carabinieri, e il giudice Gratteri. Ma magnificare la delinquenza noi
aiuta a combatterla. I mafiosi calabresi dominano la Germania?