Matera,
capitale della cultura 2019, si fa pubblicità con uno spot d’autore. Che propone
piccole scene di vecchio, vecchissimo, folklore. Non c’è altro Sud?
Salvini
salvatore del Sud
Salvini
colto a Napoli quale salvatore ha sorpreso lo stesso capo della Lega, non in astinenza
da egomania. Solo un anno fa era osteggiato, non poteva fare comizi a Napoli. Poi
ha fatto il miracolo. Al voto regionale era rimasto a terra. Ancora il 4 marzo
la Lega era a Napoli 37 punti percentuali sotto 5 Stelle. E prima era solo in
sei comuni meridionali, tre in Abruzzo e tre in Sicilia. In un anno è passato
dal 2 al 22 per cento. Ora solo in Campania conta 297 amministratori locali,
cinque sindaci e tre parlamentari, di cui uno, Pina Castiello, è sottosegretaria
con delega per il Sud.
Salvini
da Milano come i Gava di Vittorio Venetro, Silvio e Antonio, i predecessori,
per così dire, di Salvini salvatore a Napoli – Marco Demarco spiega che entrambi
erano destinatari di baciamano, e solo loro – dopo Achille Lauro naturalmente.
Del resto, prima che a Salvini Napoli si affidava a De Magistris, altrettanto
demagogo ma senza lustro.
C’è
teatro, come sempre a Napoli. E c’è lazzaronismo, la ricerca impellente di
un’elemosina. C’è, a suo mondo, l’Italia “governata dai terroni” di “Libero”,
dell’arcileghista Feltri, che è pure vero.
Matera fa meglio
di Milano
La Basilicata è l’unica regione che ha incrementato il pil
pro capite reale, al netto dell’inflazione, nel decennio 2007-2017 – nell’elaborazione
statistica del “Sole 24 Ore”. Portandolo a 21,2 mila euro. Al di sotto del pil
medio italiano, 26,4 mila euro, ma incrementandolo del 3 per cento. Cosa può
fare l’applicazione e la buona amministrazione – anche nelle classifiche della
qualità della vita la Basilicata vene in buone posizioni.
Con la Basilicata, solo la provincia di Bolzano migliora il
pil in questa lunga crisi che sembra non debba più finire, di un 1,3 per cento.
Altrove il pil è ovunque in decrescita, a partire dalla Lombardia, con un meno
3,8 per cento – Matera meglio di Milano? Ma l’analisi complessiva del “Sole 24
Ore” dà il Sud in sofferenza accresciuta, anzi raddoppiata: “La crisi al Sud ha
colpito doppio”. L’Italia si impoverisce, il Sud di più. Il decennio ha visto
scendere “tenendo conto dell’inflazione la ricchezza per abitante del 7,9 per
cento. Ma questa cifra è una media fra il meno 5,3 per cento registrato a Nord
e il meno 10,7 per cento in cui è sprofondato a Sud”.
Terroni a Bergamo
“Comandano i
terroni” ha titolato Vittorio Feltri su “Libero”, cerca di vendere qualche
copia con titoli oltraggiosi. Che però, a quanto sembra, non fregano a nessuno,
giusto per fare scena - tipo “Il Vernacoliere” di Livorno, che si esaurisce nei
titoli in locandina. I giornali vanno a finire, e non si può farne colpa a
Feltri – anche se: non andranno a finire pure per questo, per le barzellette?
Feltri, ora
mangiaimmigrati più che antiterroni, è stato direttore negli anni 1980
all’“Europeo”, in crisi di vendite e di formula. È un giornalista che ha
cambiato spesso giornale, anche due e tre volte in un anno. Ma più volte è
stato alla Rizzoli Corriere della sera proprietaria dell’“Europeo”, al
“Corriere d’Informazione” e poi al “Corriere della sera”, quello di Piero
Ottone e quello di Ostellino. Nel 1989 ebbe la direzione dell’“Europeo”. Lo
schierò sul versante leghista, e ne raddoppiò quasi le vendite. Era l’epoca in
cui i giornali si promozionavano offrendo libri a poco prezzo, il prezzo del
giornale, anche meno, lui optò per il libro regalato. E così si promozionò pure
col “Corano”, gratis – erano ancora gli
anni del dopo-crisi del petrolio, si temevano gli arabi e si molcivano
(“bisogna conoscerli”, eccetera).
Dopo “L’Europeo”
Feltri è stato direttore di vari quotidiani: “L’Indipendente”, “Il giornale”,
il gruppo Riffeser, e altri. Più a lungo del “Giornale”, in tre riprese, e di
“Libero”, anche qui in tre riprese -l’ultima è quella attuale, dal 2016. Al
“Giornale” aveva preso come corrispondente in Calabria lo scrittore Antonio
Delfino. Mi fa vendere 400 copie, scrisse nella prefazione a una raccolta di
articoli-racconti di Totò.
Di “Libero”
Feltri è stato fondatore e editore per nove anni consecutivi, fino a luglio del
2009. “Nel 2003”, scrive wikipedia, “il
quotidiano “Libero” ha
ricevuto dallo Stato 5.371.000 euro come finanziamento agli organi di partito.
“Libero” era registrato all’epoca come organo del Movimento Monarchico
Italiano, poi trasformato in cooperativa per ottenere i contributi per
l’editoria elargiti alle testate edite da cooperative di giornalisti, a fine
dicembre 2006 diventava s.r.l.. In seguito è stata creata una fondazione Onlus per controllare la
s.r.l. e, di conseguenza, il quotidiano, in modo da continuare a percepire i
contributi in quanto edito da fondazione.”.
Sui terroni
“Libero” ha ragione: è siciliano il presidente della Repubblica, pugliese il
presidente del consiglio, mezza calabrese la presidente del Senato, napoletani
o campani il presidente della Camera e il vice-presidente del consiglio, il
governatore della Banca d’Italia, mezza Consulta e tre quarti della Cassazione,
il presidente del consiglio di Stato, la giustizia sportiva in ogni ordine e
grado, il presidente di Confindustria, sono meridionali i Capi di metà Procure –
il terrone si sente meglio sbirro - da Roma in su, a Firenze, Milano, Torino tra
le tante, e nella stessa Roma, le città dove si vive meglio. Non che si veda,
però. Non dall’accento, né da nient’altro – nessuno di loro si è inventato un
Movimento Monarchico, quello è di Bergamo.
La bellezza sconfigge
la mafia
“Negli ultimi
vent’anni”, spiega a Emilia Costantini sul “Corriere della sera”, alla presentazione
del film Rai “Liberi di scegliere” il giudice Roberto Di Bella, un messinese
che presiede il Tribunale dei minori di Reggio Calabria, il suo tribunale “ha
processato per reati di associazione mafiosa, omicidio e molto altro, più di
cento ragazzi, figli di famiglie legate a cosche malavitose. Molti di loro,
poi, sono stati uccisi nel corso di faide, oppure, divenuti maggiorenni, sono
finiti in carcere. È l’amara conferma che la cultura di ‘ndrangheta si
eredita”. Ma questo non dovrebbe facilitare la lotta alla ‘ndrangheta?
Di questo centinaio di ragazzi processati sotto la sua
giurisdizione, una quarantina è riuscito a staccarli dal condizionamento familiare,
allontanandoli dalla famiglia. Una procedura che gli è stata contestata sul
piano legale, ma produttiva: almeno loro sono riusciti a liberarsi dal padre, e
dalla madre. Come racconta Rai 1, credibile – se non per la bellezza regalata
alla moglie del mafioso e alla sua casa: i mafiosi non hanno mogli giovani,
intelligenti e belle, né belle case.
Nella strategia di Rai 1 da qualche anno di utilizzare nei
loro aspetti più belli, da cartolina, le location
delle sue produzioni cinematografiche, Napoli, Milano, Torino, Assisi, anche
Reggio Calabria e Messina sono mostrate nelle loro bellezze. Con qualche
esagerazione – è imbellita perfino Villa San Giovanni – ma con un retrogusto
infine realistico: che non tutto è ‘ndrangheta, che è il “discorso su” - la
Calabria, la Sicilia, Napoli – che, per vieto e ripetitivo, chiude ogni via d’uscita.
Il giudice Di Bella ha ragione: la mafia è un fatto di famiglie, più spesso nel
senso proprio della parola, di fratelli, genitori, figli e nipoti. È una tara
familiare, non sociale. L’omertà è una stupidaggine – non c’è più odio delle
mafie che nelle zone di mafia.
leuzzi@antiit.eu
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