lunedì 28 gennaio 2019

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (386)

Giuseppe Leuzzi


Matera, capitale della cultura 2019, si fa pubblicità con uno spot d’autore. Che propone piccole scene di vecchio, vecchissimo, folklore. Non c’è altro Sud?

Salvini salvatore del Sud
Salvini colto a Napoli quale salvatore ha sorpreso lo stesso capo della Lega, non in astinenza da egomania. Solo un anno fa era osteggiato, non poteva fare comizi a Napoli. Poi ha fatto il miracolo. Al voto regionale era rimasto a terra. Ancora il 4 marzo la Lega era a Napoli 37 punti percentuali sotto 5 Stelle. E prima era solo in sei comuni meridionali, tre in Abruzzo e tre in Sicilia. In un anno è passato dal 2 al 22 per cento. Ora solo in Campania conta 297 amministratori locali, cinque sindaci e tre parlamentari, di cui uno, Pina Castiello, è sottosegretaria con delega per il Sud.
Salvini da Milano come i Gava di Vittorio Venetro, Silvio e Antonio, i predecessori, per così dire, di Salvini salvatore a Napoli – Marco Demarco spiega che entrambi erano destinatari di baciamano, e solo loro – dopo Achille Lauro naturalmente. Del resto, prima che a Salvini Napoli si affidava a De Magistris, altrettanto demagogo ma senza lustro.
C’è teatro, come sempre a Napoli. E c’è lazzaronismo, la ricerca impellente di un’elemosina. C’è, a suo mondo, l’Italia “governata dai terroni” di “Libero”, dell’arcileghista Feltri, che è pure vero. 

Matera fa meglio di Milano
La Basilicata è l’unica regione che ha incrementato il pil pro capite reale, al netto dell’inflazione, nel decennio 2007-2017 – nell’elaborazione statistica del “Sole 24 Ore”. Portandolo a 21,2 mila euro. Al di sotto del pil medio italiano, 26,4 mila euro, ma incrementandolo del 3 per cento. Cosa può fare l’applicazione e la buona amministrazione – anche nelle classifiche della qualità della vita la Basilicata vene in buone posizioni.
Con la Basilicata, solo la provincia di Bolzano migliora il pil in questa lunga crisi che sembra non debba più finire, di un 1,3 per cento. Altrove il pil è ovunque in decrescita, a partire dalla Lombardia, con un meno 3,8 per cento – Matera meglio di Milano? Ma l’analisi complessiva del “Sole 24 Ore” dà il Sud in sofferenza accresciuta, anzi raddoppiata: “La crisi al Sud ha colpito doppio”. L’Italia si impoverisce, il Sud di più. Il decennio ha visto scendere “tenendo conto dell’inflazione la ricchezza per abitante del 7,9 per cento. Ma questa cifra è una media fra il meno 5,3 per cento registrato a Nord e il meno 10,7 per cento in cui è sprofondato a Sud”.

Terroni a Bergamo
“Comandano i terroni” ha titolato Vittorio Feltri su “Libero”, cerca di vendere qualche copia con titoli oltraggiosi. Che però, a quanto sembra, non fregano a nessuno, giusto per fare scena - tipo “Il Vernacoliere” di Livorno, che si esaurisce nei titoli in locandina. I giornali vanno a finire, e non si può farne colpa a Feltri – anche se: non andranno a finire pure per questo, per le barzellette?
Feltri, ora mangiaimmigrati più che antiterroni, è stato direttore negli anni 1980 all’“Europeo”, in crisi di vendite e di formula. È un giornalista che ha cambiato spesso giornale, anche due e tre volte in un anno. Ma più volte è stato alla Rizzoli Corriere della sera proprietaria dell’“Europeo”, al “Corriere d’Informazione” e poi al “Corriere della sera”, quello di Piero Ottone e quello di Ostellino. Nel 1989 ebbe la direzione dell’“Europeo”. Lo schierò sul versante leghista, e ne raddoppiò quasi le vendite. Era l’epoca in cui i giornali si promozionavano offrendo libri a poco prezzo, il prezzo del giornale, anche meno, lui optò per il libro regalato. E così si promozionò pure  col “Corano”, gratis – erano ancora gli anni del dopo-crisi del petrolio, si temevano gli arabi e si molcivano (“bisogna conoscerli”, eccetera).
Dopo “L’Europeo” Feltri è stato direttore di vari quotidiani: “L’Indipendente”, “Il giornale”, il gruppo Riffeser, e altri. Più a lungo del “Giornale”, in tre riprese, e di “Libero”, anche qui in tre riprese -l’ultima è quella attuale, dal 2016. Al “Giornale” aveva preso come corrispondente in Calabria lo scrittore Antonio Delfino. Mi fa vendere 400 copie, scrisse nella prefazione a una raccolta di articoli-racconti di Totò.
Di “Libero” Feltri è stato fondatore e editore per nove anni consecutivi, fino a luglio del 2009. “Nel 2003”, scrive wikipedia, “il quotidiano “Libero” ha ricevuto dallo Stato 5.371.000 euro come finanziamento agli organi di partito. “Libero” era registrato all’epoca come organo del Movimento Monarchico Italiano, poi trasformato in cooperativa per ottenere i contributi per l’editoria elargiti alle testate edite da cooperative di giornalisti, a fine dicembre 2006 diventava s.r.l.. In seguito è stata creata una fondazione Onlus per controllare la s.r.l. e, di conseguenza, il quotidiano, in modo da continuare a percepire i contributi in quanto edito da fondazione.”.

Sui terroni “Libero” ha ragione: è siciliano il presidente della Repubblica, pugliese il presidente del consiglio, mezza calabrese la presidente del Senato, napoletani o campani il presidente della Camera e il vice-presidente del consiglio, il governatore della Banca d’Italia, mezza Consulta e tre quarti della Cassazione, il presidente del consiglio di Stato, la giustizia sportiva in ogni ordine e grado, il presidente di Confindustria, sono meridionali i Capi di metà Procure – il terrone si sente meglio sbirro - da Roma in su, a Firenze, Milano, Torino tra le tante, e nella stessa Roma, le città dove si vive meglio. Non che si veda, però. Non dall’accento, né da nient’altro – nessuno di loro si è inventato un Movimento Monarchico, quello è di Bergamo.

La bellezza sconfigge la mafia
 “Negli ultimi vent’anni”, spiega a Emilia Costantini sul “Corriere della sera”, alla presentazione del film Rai “Liberi di scegliere” il giudice Roberto Di Bella, un messinese che presiede il Tribunale dei minori di Reggio Calabria, il suo tribunale “ha processato per reati di associazione mafiosa, omicidio e molto altro, più di cento ragazzi, figli di famiglie legate a cosche malavitose. Molti di loro, poi, sono stati uccisi nel corso di faide, oppure, divenuti maggiorenni, sono finiti in carcere. È l’amara conferma che la cultura di ‘ndrangheta si eredita”. Ma questo non dovrebbe facilitare la lotta alla ‘ndrangheta?
Di questo centinaio di ragazzi processati sotto la sua giurisdizione, una quarantina è riuscito a staccarli dal condizionamento familiare, allontanandoli dalla famiglia. Una procedura che gli è stata contestata sul piano legale, ma produttiva: almeno loro sono riusciti a liberarsi dal padre, e dalla madre. Come racconta Rai 1, credibile – se non per la bellezza regalata alla moglie del mafioso e alla sua casa: i mafiosi non hanno mogli giovani, intelligenti e belle, né belle case.
Nella strategia di Rai 1 da qualche anno di utilizzare nei loro aspetti più belli, da cartolina, le location delle sue produzioni cinematografiche, Napoli, Milano, Torino, Assisi, anche Reggio Calabria e Messina sono mostrate nelle loro bellezze. Con qualche esagerazione – è imbellita perfino Villa San Giovanni – ma con un retrogusto infine realistico: che non tutto è ‘ndrangheta, che è il “discorso su” - la Calabria, la Sicilia, Napoli – che, per vieto e ripetitivo, chiude ogni via d’uscita. Il giudice Di Bella ha ragione: la mafia è un fatto di famiglie, più spesso nel senso proprio della parola, di fratelli, genitori, figli e nipoti. È una tara familiare, non sociale. L’omertà è una stupidaggine – non c’è più odio delle mafie che nelle zone di mafia.

leuzzi@antiit.eu

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