“Nuovi studi mostrano che gli esperti
sbagliano sull’intromissione del social russi nella politica Usa”, titola in
copertina “The Nation”, un sorta di “Manifesto” made in Usa. Che giudica l’intromissione, se c’è stata, “non
collegata al voto presidenziale del 2016; microscopica in estensione, impegno e
spesa; e giovanile o assurda nei contenuti” – divagazioni disimpegnate per
sorreggere una presenza pubblicitaria di basso livello, gadget sessuali, icone
russe, oggettistica.
“The Nation” si basa sugli studi commissionati dall’Intelligen
ce Committee del Senato americano a due società di consulenza, di cui questo
sito ha dato la sintesi ieri. Gli stessi studi invece il “New
York Times” dice apocalittici, per la penna di David Ignatius, uno scrittore di
thriller di spionaggio, “Come la
Russia ha usato internet per perfezionare le sue arti dark”: “Sembra sempre più come se la disinformazione russa abbia
cambiato la direzione della storia americana: nell’elezione del 2016, decisa di
stretta misura, il trolling russo può
aveve facilmente fatto la differenza”. E il “Washington Post”: “Gli studi
descrivono uno sforzo russo sofisticato, a più livelli, per usare ogni
strumento disponibile a creare risentimento, sfiducia e disordine sociale”.
Tutto pur di non dire che
l’elezione del 2016 è stato l’esito di una politia salariale e sociale ingiusta
negli anni di Obama, secondo “The Nation”. Ma c’è un build-up del complesso militare-industriale aerospaziale, bisogna aggiungere, della missilistica. Evidente a Washington nelle attività di lobbying. Che ha bisogno di una minaccia credibile, e punta sulla Russia.
Michelle Goldberg, la voce del “Washington
Post”, blogger, autrice di “Sex, Powwer and the Future of the World”, si basa anche
su un terzo studio, di tre ricercatori dell’università dell’Ohio. Secondo il
quale “credere una storia falsa è stato il motivo per cui molti elettori di
Obama nel 2012 non hanno votato per Hillary Clinton nel 2016”. Queste le fake news all’origine dell’astensione: che
Hillary Clinton era “seriamente malata” (in effetti ebbe un collasso in
campagna elettorale); che da segretario di Stato aveva approvato la vendita di armi
a uno Stato islamico (ma in effetti l’aveva approvata, all’Arabia Saudita); che
Trump era patrocinato (endorsed) da
papa Francesco.
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