giovedì 3 gennaio 2019

Cronache dell’altro mondo 21


“Nuovi studi mostrano che gli esperti sbagliano sull’intromissione del social russi nella politica Usa”, titola in copertina “The Nation”, un sorta di “Manifesto” made in Usa. Che giudica l’intromissione, se c’è stata, “non collegata al voto presidenziale del 2016; microscopica in estensione, impegno e spesa; e giovanile o assurda nei contenuti” – divagazioni disimpegnate per sorreggere una presenza pubblicitaria di basso livello, gadget sessuali, icone russe, oggettistica. 
“The Nation” si basa sugli studi commissionati dall’Intelligen ce Committee del Senato americano a due società di consulenza, di cui questo sito ha dato la sintesi ieri. Gli stessi studi invece il “New York Times” dice apocalittici, per la penna di David Ignatius, uno scrittore di thriller di spionaggio, “Come la Russia ha usato internet per perfezionare le sue arti dark”: “Sembra sempre più come se la disinformazione russa abbia cambiato la direzione della storia americana: nell’elezione del 2016, decisa di stretta misura, il trolling russo può aveve facilmente fatto la differenza”. E il “Washington Post”: “Gli studi descrivono uno sforzo russo sofisticato, a più livelli, per usare ogni strumento disponibile a creare risentimento, sfiducia e disordine sociale”.
Tutto pur di non dire che l’elezione del 2016 è stato l’esito di una politia salariale e sociale ingiusta negli anni di Obama, secondo “The Nation”. Ma c’è un build-up del complesso militare-industriale aerospaziale, bisogna aggiungere, della missilistica. Evidente a Washington nelle attività di lobbying. Che ha bisogno di una minaccia credibile, e punta sulla Russia.
Michelle Goldberg, la voce del “Washington Post”, blogger, autrice di “Sex, Powwer and the Future of the World”, si basa anche su un terzo studio, di tre ricercatori dell’università dell’Ohio. Secondo il quale “credere una storia falsa è stato il motivo per cui molti elettori di Obama nel 2012 non hanno votato per Hillary Clinton nel 2016”. Queste le fake news all’origine dell’astensione: che Hillary Clinton era “seriamente malata” (in effetti ebbe un collasso in campagna elettorale); che da segretario di Stato aveva approvato la vendita di armi a uno Stato islamico (ma in effetti l’aveva approvata, all’Arabia Saudita); che Trump era patrocinato (endorsed) da papa Francesco.




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