Di suo Ponti sette anni fa, al momento della pensione, non avendo ancora deciso cosa avrebbe fatto da grande, questa Tav la voleva fatta.
Non è una novità. I famosi “tecnici” che una non lontana campagna dei grandi media voleva al governo del Paese sono inattendibili: malati di protagonismo, incoerenti – e anche non alieni alla corruzione.
Non è una novità. I famosi “tecnici” che una non lontana campagna dei grandi media voleva al governo del Paese sono inattendibili: malati di protagonismo, incoerenti – e anche non alieni alla corruzione.
Un precedente
illustre è quello del piano nucleare Donat Cattin del 1975. Voluto da Ippolito, dominus del Cnen, appoggiato
da Eugenio Peggio e tutto il Pci. Finché durò il compromesso storico coi governi
Andreotti tutti i tecnici nucleari furono a favore. Poi, quando il Pc uscì dal
governo, negli anni 1980 furono contro. Fino al referendum del 1987, quando il
Pci, pur senza prendere posizione, sponsorizzò il no al nucleare.
Ciò non impedì
di sprecare ventimila miliardi di lire per una modesta centrale a Montalto di Castro,
prima nucleare, poi convertita, poi ancora riconvertita. Un termoelettrico che
sarebbe costato un decimo o poco più senza gli appalti successivi – il business
degli appalti trova gli intellettuali sempre entusiasti. Per non dire del business ancora interminato del
trattamento delle scorie dei pochi impianti andati in esercizio.
Per il giubileo
del Millennio, per il quale il governo aveva stanziato a Roma ottomila miliardi,
comprensivi della famosa-famigerata linea C della metro, Rutelli ne restituì
la metà intonsi: non volle pensare in grande, gli appaltatori (i soliti noti)
non erano pronti. Duemila miliardi li destinò al restauro delle piazze, in un
migliaio di appalti e subappalti equamente suddivisi tra costruttori di destra
e costruttori di sinistra, garanti le rispettive associazioni. Gli altri
duemila li suddivise fra società di studio e consulenza quasi tutte
appositamente formate, da ingegneri e architetti, per opere di arredo urbano e
pulizia, dalla grattatine dei capperi sulle mure aureliane, che sono lunghe 19
km., aiuole in cemento armato che presto bisognò poi rimuovere, e un nugolo di
imprese lapidee di pulitura monumenti.
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