sabato 5 gennaio 2019

Il mondo com'è (364)

astolfo


Indoeuropei – Venivano dall’Artico?
L’indoeuropeismo, o dell’arianesimo, è l’“invenzione” che è probabilmente il legato peggiore della cultura tedesca all’umanità e alla stesa Germania. Di uno scientismo tanto meticoloso quanto abborracciato. A partire da metà Settecento, nel quadro dell’incipiente mentalità dei primati nazionali a metà Settecento. Fino a farne l’indogermanico in linguistica negli anni 1920 in Germania, a opera di due linguisti austriaci, Alois Walde, professore a Kōnigsberg e Breslavia, e Julius Pokorny, professore a Berlino e Zurigo – specialista questi piuttosto di un indo celtico. Ma subito poi scopertamente razzista con Hitler- seguito da Mussolini, che pretendeva a una sorta di “indolatino”. Un sostrato linguistico-culturale che non solo si è voluto razziale, ma si mostra superficiale e inconsistente pur con i tanti studi.
Gli studi più attendibili sono sul sanscrito. Che anch’esso  stato ed è “curvato” a secondo dei nazionalismi. Ma il progetto è politico, di politica culturale – perché l’indoeuropeo nasce a progetto. La creazione dell’“arianesimo” si fece tra Oxford e Gottinga, l’università anglo-tedesca, “Georgia Augusta”, appositamente costituita, a metà Settecento -  con facile traino poi di letterati e pensatori, tra essi Coleridge e Carlyle, sull’onda anche della riscossa romantica contro la democrazia ugualitaria della Rivoluzione.

L’“indogermanico” di Walde è stato costruito germanizzando le radici sanscrite. In parallelo, si svolge la “ricerca” – si è svolta, oggi desueta – per tirare fuori gli ariani e il sanscrito dalla scura, se non negroide, penisola indiana. Fino a farli venire dal circolo polare artico, da poco sotto. Uno studioso veneziano, Franco Rendich, professore emerito di Ca’ Foscari, pubblica da qualche tempo pubblicità a due pagine sui giornali per contestare l’“indogermanico”. Salvo poi fare capo a B.G. Tilak, il protonazionalista indiano di fine Ottocento, animatore dell’ala intransigente del partito del Congresso, che si dilettava si astronomia e stabilì “La dimora artica nei Veda”. Libro che introduce così, facendo riferimento a un suo “studio” precedente, “Orione, o ricerche sull’antichità dei Veda”: “Dimostravo anche che le citazioni astronomiche indicavano con sicurezza che l’equinozio di Primavera aveva avuto luogo nella costellazione di Mriga, ossia Orione, circa 4500 anni a.C., durante il periodo degli Inni vedici, e che esso si spostava verso la costellazione delle Krittica (o Pleiadi), circa nel 2500 a.C., al tempo in cui venivano composti i Brahmana”. Astrologia.
Ma l’astrologia non scoraggia Rendich, che si paga le costose pagine di pubblicità per ricordare che “i carotaggi ultimamente effettuati in Groenlandia allo scopo di controllare i cambiamenti climatici avvenuti nelle zone artiche negli ultimi 11 000 anni hanno accertato che intorno al 4\5 mila a.C., in un’epoca interglaciale, il clima era stato mite”. E dunque: “Ciò ha confermato la tesi di Tilak”, il quale aveva visto giusto nel collocare l’antica patria dei nostri antenati vedici in una zona artica”. Che il prof. Rendich situa “nell’estremo nord della Siberia” – generando il dubbio che anch’egli non sia al soldo di Putin? – “alle stesse latitudini della Groenlandia”.

Censura – La ricerca casuale sul web di un post di questo blog, “Hanno fatto nero Heidegger” non ha prodotto alcun risultato. Questo blog si pubblica su una piattaforma Google, blogger.com, ma Google, che trova tutto, anche senza virgolette, anche con errori di battitura - anche su antiit.com trova tutto, con virgolette e senza - questo post no, non lo trova. Cioè non lo nega, lo elenca, ma fa in modo che non si legga – al suo posto “escono” altri quattro, o cinque, post: una recensione, due rubiche, etc. Non è un caso e c’è un perché.
Scorretto nel galateo Google è quel “fatto nero”, politicamente scorretto (non si può dire “nero”)? È probabile. Ma l’esito è di altro tipo: è come se non si potesse dire che l’antisemitismo non c’è anche se non c’è. Perché in “Hanno fatto nero Heidegger”, una recensione degli ultimi “quaderni neri” del filosofo tradotti, si spiega che non c’è l’antisemitismo per cui gli stessi “quaderni” sono diventati famosi (famigerati) - e lettura quasi necessaria anche se da esecrare: un stratagemma editoriale?
C’è una censura vigile su google. Veloce evidentemente e superficiale, poiché i post fluiranno a migliaia al secondo. Ma con criteri anche abbastanza evidenti: sì ai siti apertamente antisemiti, dalla Papuasia alla Norvegia, nel nome della libertà di espressione, no a una critica che possa intaccare in qualche modo la compattezza dell’antisemitismo, la sua virulenza. Che sembra paradossale e lo è. Ma è sconcertante – è quasi una riprova dei “Savi di Sion”, il libello che fondò l’antisemitismo contemporaneo.

Mosé – L’ultima ermeneutica biblica lo colloca attorno al 3.500 a.C., quindi a ben prima dell’Egitto dinastico, dei faraoni, organizzato. Può ben essere allora quello che Freud voleva, un generale egiziano. Ma non un disertore: un capopopolo. Con la conseguenza però che gli ebrei sarebbero una tribù egiziana.
Di fatto molta storia ai bordi del Mediterraneo è da rivedere, non solo quella greca.

Nazionalismo – Ha cambiato segno – vorrebbe – non da ora: non più offensivo, imperialista, ma difensivo. Corrado Alvaro perplesso lo rilevava già nel 1952, recensendo un film sulla guerra di Libia, “La donna che inventò l’amore”, da un romanzo di Guido da Verona: le “sollecitazioni” di orgoglio”, dopo la guerra distruttiva del 1940, scriveva sul “Mondo”, “urtano contro una realtà che ognuno sente istintivamente: quel tempo è passato, e per riportarlo a noi bisognerebbe che l’Italia vincesse una guerra contro gli Stati Uniti, la Russia, il mondo mussulmano, l’Europa”. Improbabile. Anche allora.
Il pubblico non reagisce, nota lo scrittore: “Intuisce che sognare un’Italia grande a chiacchiere per riavere in casa un energumeno impotente, sarebbe l’ultima delle umiliazioni”.   

Roberto – Fu la sigla tentata in Italia per popolarizzare l’asse con la Germania e il Giappone: il  tripartito Roma-Berlino-Tokyo. “Roberto” Mussolini propagandava in 150 milioni di uomini – che gli sembravano molti, evidentemente, ma equivalevano agli Usa, 132 milioni, 180 con la Gran Bretagna, molto meno che la popolazione dell’Unione Sovietica, 190 milioni.


astolfo@antiit,eu

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