È l’esito della cosiddetta anti-politica, che ha
imperversato ultimamente anche sul versante liberale. Sotto le forme
surrettizie dell’anticasta e dell’anticorruzione. In Europa. Mentre in America
la stessa polemica sta sortendo effetti contrari: ha portato alla politica
molti giovani, alle ultime presidenziali, tradizionalmente lontani dal voto, e
questo soprattutto per l’effetto Sanders alle primarie democratiche, il
populista dichiarato di sinistra. Che però non nasconde simpatie socialiste – anche
perché ora il socialismo non è più tabù, l’elemento fondante
dell’“eccezionalismo americano”, e anzi se ne parla come di un’alternativa
migliore all’individualismo. .
Lo storico americano Barry Eichengreen,
analizzando “The Populist Temptation”, la fa risalire ai Ludditi della prima
industrializzazione, alla socialdemocrazia tedesca post-unitaria, e ai partiti
Populista e Greenback protagonisti elettorali nell’America di fine Ottocento.
In aggiunta alla deriva razzista e demagogica rifluente che più caratterizza il
populismo, dal Ku Klux Klan negli anni 1920 a Huey Long nel decennio
successivo, e a vari altri personaggi, fino a Trump. Per una miscela
“corrosiva” e “anti-intellettuale”, anti-specialisti, che sintetizza in:
anti-elitismo, autoritarismo, nativismo, nazionalismo bellicoso, demagogia,
distruzione.
La spinta populista di sinistra lo stesso
Eichengreen fa invece motore delle grandi riforme “conservatrici”, quella di
Bismarck negli anni 1880-1990, e quella di Franklin Roosevelt negli anni 1930.
Due esperienze in cui è stato l’establishment a farsi carico delle esigenze
populiste, e a meglio esaurirle. Alle quali si potrebbe aggiungere quella, di
destra dichiarata più che conservatrice, di George Wallace, il governatore
Democratico dell’Alabama negli anni 1960-1980, che lottava per i poveri ma
anche contro la desegregazione razziale.
C’è, evidente, una confusione di motivi e
obiettivi nel populismo. Il nazionalismo per esempio, o sovranismo oggi, si
scontra in Italia con leggi che favoriscono il lavoro e il prodotto stranieri,
a parità di qualità, come nella legge contro le automobili italiane – contro le
emissioni di anidride carbonica, ma di fatto mirate contro le auto prodotte in
Italia. Più che di nazionalismo, di protezione degli interessi nazionali, il
sovranismo è una forma di sciovinismo, di rabbia incontrollata e inconcludente.
Il punto nodale è l’egualitarismo, puro e semplice: non a ognuno secondo suoi meriti e i suoi bisogni, ma un po’ a
tutti.
(continua)
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