Ateo amareggiato – È categoria di Orwell, “Su
e giù per Parigi e Londra”<. “La specie di ateo che non tanto non crede in Dio ma
ce l’ha in antipatia”.
Femminismo – “Donne verso l’ignoto”,
un film del 1951 di William Wellman con Robert Taylor, soggetto di Frank Capra,
vede le donne al comando in America già un secolo prima. Centocinquanta donne
si iscrivono a Chicago a un’agenzia per mogli di pionieri del West, gli
avventurosi scapoli che, raggiunta un’età e qualche agio nella lontana California
pensano a mettere su famiglia. Il viaggio è terribile: tre mesi di montagne
impervie deserti, serpenti, indiani, soprusi, senza più guide, senza più carri,
ma le donne, quelle che sopravvivono, raggiungono il matrimonio.
Freud
–
Curiosa rilettura Citati fa di Freud su “la Repubblica” di oggi. Un don Chisciotte.
Soffriva di depressione, sotto il peso del “senso di colpa: soffriva di
fenomeni isterici, emicranie e nevrosi”.. Cercava l’infinito, da Parigi a
Girgenti. Aveva “un fortissimo senso del dovere”. Ed “era lieto, allegro,
scanzonato”. “Non conosceva ma disprezzava la medicina”, e “si castigava per
non essere medico e per non avere la minima idea di cosa fosse la vera medicina”.
“Amò la moglie con una passione totale, che crebbe sempre”. “È difficile parlare
della tenerezza e della violenza di cui invase la moglie, per cui nutriva un
amore illimitato”. Ma la moglie non tradiva con la cognata Minne, sorella della
moglie, a Roma, in Svizzera e altrove – almeno con la cognata? E non era
medico? Depresso, quando - con tutti i malanni che si infliggeva?
Freud
ha amato molto le donne in famiglia, la madre Amalia naturalmente, che sempre
fu giovane, senza complessi ricambiato, la cognata e la figlia Anna. Scherzoso
e ridanciano a nessuno è mai sembrato – e probabilmente lo offenderebbe. Uomo
fascinoso, senza dubbio, se le donne volentieri si spogliavano. In sogno sempre
a cavallo, che è, spiega il discepolo Groddeck, la donna. In uno è la cognata.
In un altro sogna di possedere, che verbo, le tre damigelle delle tre figliole,
all together, in carne, materne, vezzose. S’è risparmiato le sorelle,
che erano cinque. Che all’Anschluss lasciò a Vienna pronte per il lager, benché il suo ammiratore Mussolini
gli avesse ottenuto di portare con sé liberamente parenti e amici – si salvò
solo Anna, sposata Bernays, il fratello della moglie, che Fred osteggiò in
vario modo per motivi di interesse, e per questo era emigrata negli Usa.
Non
era raro – e non lo è, in ambiente teutonico - avere
una compagna che non è la moglie per viaggi, e Freud viaggiò volentieri con
la cognata Minna, a Roma, sul lago di Garda e altrove. Le donne, pazienti, amiche, discepole, vedendo come animali
femminili. “L’amavo molto”, disse a un amico alla morte di Lou Salomé, sua straordinaria
corrispondente, “ma stranamente senza tracce di richiamo sessuale”.
Ebbe una figlia bellissima, Anna,
e la tenne chiusa in casa. La figlia amava le donne, e Freud non lo seppe mai.
Anna si portò in casa l’amica del cuore, che era la casa di Freud. Una vita a
tre di cui Freud non si accorgeva, a Vienna e a Londra. Anna tenne in terapia
il figlio dell’amica per 45 anni.
Giallo
–
Il meccanismo base resta l’agnizione, forse il più antico degli artifici narrativi,
il riconoscimento
Eternizza Seneca e la “Medea”,
vv. 500 segg., dove ella confronta Giasone: “Cui prodest scelus, is fecit”.
Seneca ebbe più fortuna di
Cicerone, che l’aveva preceduto col “Cui
bono?” di varie arringhe. Essendo un politico, Cicerone è ritenuto anche
lui condannabile (sospetto), mentre il giallo dev’essere accusatorio.
È la rivincita dell’invidia,
anche là dove è “paziente” – sofferente, vittima. In Chandler per esempio.
Borges, che lo ha praticato, prima dei racconti onirici-metafisici,
lo ha degradato poi recensendo Ellery Queen: “Questo genere (forse il più
artificiale fra quanti ne contempla la letteratura) non è riuscito a competere
con l’assordante realtà….”, di Al Capone.
Lo crea Poe in soli quattro racconti – “l’ingegnoso inventore
americano nordamericano Edgar Allan Poe” dell’indispettito Borges. Col
detective e l’amico-spalla del detective, e tre situazioni tipiche:la camera
chiusa, il colpevole insospettabile, il caso reale. Negando il giallo – il
fiuto-onniscienza del detective – nel mentre che lo crea.
Poe è di più, un filologo divertito. Lo spiega Canfora nelle note al
cap. XVIII di “Convertire Casaubon”: “Nihil
sapientiae odiosius acumine nimio, il motto latino adottato da Edgar Allan
Poe nel racconto «The Purloined Letter» (a partire dalla seconda edizione)”,
niente ritengo più odioso della sapienza ingegnosa, “viene da lui attributo a
Seneca, ma non appartiene al filosofo spagnolo. È un apocrifo, inventato dallo
stesso Poe. Che inizialmente l’aveva inserito nella terza edizione di “The Murders
in the rue Morgue”, poi eliminandolo e
introducendolo in altra forma nella “Lettera rubata”: “Il nostro amico Prefetto
è un po’ troppo astuto per essere profondo, perché Nihil sapientiae odiosius acumine nimio è, forse, l’unico rigo del
puerile e debole Seneca non insignificante”. Mentre ha lasciato nelle prime
pagine de “Gli assassinii” Dupin che dice della polizia di Parigi: “Tanto
esaltata per il suo acumen” mentre è
“fatta di gente furba, nient’altro”.
Tutte le trame di Wilkie Collins sono soggetti, o “ghiommeri” di
soggetti, per film e telefilm: mezze luci, sensazioni, chiaroscuri, sorprese.
Hammett - “Il falcone maltese” (non) deriva da Henry James “Le ali della
colomba”?
Italiano – In
“Diario dell’interno” Paul Auster dedica il ricordo più lungo, un paio di pagine
abbondanti, al barbiere di quartiere, Rocco, di quando lui era bambino. Che era
stato il barbiere di Thomas Edison, e quindi irradiava il fascino dello scienziato.
Kafka – Si voleva indiano, un
indiano d’America: “Se solo uno fosse un indiano, sempre all’erta, su un
cavallo da corsa, piegato contro il vento…” è un suo racconto di una frase, con
titolo, “Il desiderio di essere un pellerossa”, del 1909 – c’erano già i film
western? Benjamin prende il frammento molto sul serio, nel secondo capitolo del
saggio su Kafka, “Un ritratto d’infanzia”. Questo è il sogno, dice, di Kafka,
bambino “dagli occhi infinitamente tristi”: una vita libera, di avventure. Che
espliciterà più tardi, spiega, nel romanzo “Amerika”. Il protagonista Rossmann,
nota Benjamin, è “l’uomo dei cavalli”, ross
essendo in tedesco destriero: “Che il romanzo «America» abbia un carattere particolare
appare già da nome del protagonista. Mentre nei precedenti romanzi l’autore non
si rivolgeva mai a se stesso che col mormorio di un’iniziale, vive qui la sua
propria rinascita nel nuovo mondo col suo nome intero”.
Kapò – “L’espressione kapò è verosimilmente
di origine italiana e significa testa”, arguisce Raymond Rousset, un sopravvissuto
ai lager, nella prima testimonianza
scritta dal di dentro, agosto 1945, “L’univers concentrationnaire”. In
alternativa Rousset aggiunge in nota: “Due altre spiegazioni possibili: Kapò come abbreviazione di Kaporal, o contrazione di Kamerad Polizei, espressione impiegata nei primi mesi a Büchenwald”.
Pasolini –Accomuna nel culto sia la sinistra che la destra, che pure ha avversato
entrambe. Ma non senza motivo – il culto. Specie quello di destra, che sembrerebbe il più incongruo.
S’era perduto nel Sessantotto. S’era
perduto prima, con Totò e Riccetto, se lui è l’uccellaccio e non più
l’uccellino, tra borgatari che sfrattano i più borgatari, e fottono le più
sfigate. Nel Movimento giovanile non s’è ritrovato, mentre scalava il “Corriere
della sera”, pur professando l’innocenza dei giovani. Siamo tutti malati, disse
poi sul “Corriere della sera”, perché siamo tutti fascisti, la Dc e la
Repubblica, i non violenti per la stupidità.
Non tutti peraltro: nella nuovissima, allora,
1971, “Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza”, sei volumi, 4.600
pagine, il nome di Guido non c’era che fece la Resistenza, il suo sì, benché si
fosse imboscato. Nell’episodio Freud-Einstein di “Porcile”, non girato ma illustrato
nella sceneggiatura che subito pubblicò con le note, voleva ebrei che anelano
l’impalamento e negroni inastati di nome Cock, Ball e Balloon. Una estetica nazista
più che fascista – i nazisti erano perversi conclamati, la forza piccolo
borghese mettevano tutta nelle palle.
Per
le lucciole il problema erano i pesticidi. In Giappone già lo sapevano e le coltivavano in
ambiente immune, liberandole nei giardini in albergo per la stagione.
letterautore@antiit.eu
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