Il romanzo fu scritto nel 1909, pubblicato in quell’anno a puntate su “Rassegna
contemporanea”. Lo stesso testo – questo - uscì in volume mel 1913. È il
racconto della delusione del Risorgimento, visto “da sinistra”. Nella Sicilia
del Fasci socialisti specialmente sentita. Ma che non salva nessuno:
corruzione, concussione, scandali bancari, complotti, in mezzo a scioperi e
proteste. I giovani come i vecchi, si sarebbe tentati di dire. Un forte romanzo
politico. Genere che in Italia non piace, malgrado Manzoni, ma in Sicilia ha
avuto diversi cultori, da De Roberto e Capuana, e in quanche misura anche
Verga, fino a Tomasi di Lampedusa e, naturalmente, Sciascia.
Morace ne traccia nell’ampia
introduzione l’insorgenza. Il primo abbozzo risale al 1893-96, al racconto “Il
vecchio”. Quando Pirandello è tentato dal romanzo, su suggerimento di Capuana. Il
tema politico, inusuale per Pirandello, tanto più a quell’età, ancora giovane, insorge
secondo Morace dal successo immediate e largo di De Roberto, “I Viceré”, uscito
nel 1894. Ma il giovane Pirandello, bisogna dire, non è dissimile dal Pirandello
maturo, di due decenni dopo, e di quattro decenni dopo: l’impianto resta stabile.
La delusione è sempre acerba sulla politica postrisorgimentale.
Senza polemiche unitarie, pro
o contro, l’Italia è come se fosse sempre esistita. Il leghismo di cui
Pirandello tiene conto, nel background, è quello socialista, dei Fasci
siciliani, dei profittatori e dei perdenti.
Luigi Pirandello, I vecchi e i giovani, Oscar, pp. LX+464
€ 12
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