Un
distinto flair di ipocrisia ritorna
in politica e nei media. All’insegna del politicamente corretto, che però non
esime. Ogni anno il bilancio di previsione viene approvato la vigilia di Natale,
o di Capodanno, con voto di fiducia, cioè “al buio” si direbbe a poker. Ma solo
quest’anno il giudice Valerio Onida, che pure ha ottanta’anni buoni, trova la
pratica disdicevole. Un caso eccezionale, della vecchiaia che risveglia la
memoria invece di ottunderla? Ottimo, ma perché i costituzionalisti non fanno i
garanti della Costituzione a tempo pieno?
Si
fa scandalo della partita italiana che si gioca in Arabia Saudita, perché le
donne non possono entrare allo stadio insieme con gli uomini, ma separatamente.
Fino a qualche giorno fa, invece, si apprezzava il reame saudita perché sta infine
liberalizzando la condizione femminile – fino a un anno fa le donne non potevano entrare allo stadio e basta. Le
donne ora possono prendere la patente. E perfino, cosa inaudita, mostrare il
volto – fino a qualche mese fa dovevano uscire velate di nero intrasparente dalla
testa ai piedi.
Si
“fa scandalo” e basta, cioè, giusto per dirsi “siamo i migliori”: è la colpa, grande,
del politicamente corretto - disinvoltura e lavarsi le mani. Che però non aveva
scena aperta, non in Italia, e ora invece sì. Non per puritanesimo, per
opportunismo.
Tutti sanno che i Comuni fanno a gara per creare
centri di accoglienza – di concentramento, per quanto mansueto – per gli
immigrati. Centri che sono quello che dice Salvini. Creati per l’appalto dei 35
euro al giorno per immigrato che il governo deve spendere. Che non sono molti,
sono una dotazione modesta, ma allora la gara per accaparrarseli è tanto più turpe.
Ci sono epoche storiche definite per il sottogoverno.
Un tempo era la sanità pubblica. Poi l’ecologia, soprattutto il business
elettrico, e la raccolta differenziata dei rifiuti. Ora, su tutto, il Terzo
Settore, per tutti i servizi che lo Stato e i Comuni non sanno svolgere,
appaltati ai privati, associazioni senza fini di lucro ma purtroppo anche senza
competenze, messe su a beneficio degli associati e di qualche dipendente: droga, poveri,
senzatetto, assistenza domiciliare, e da alcuni anni l’immigrazione. Aprire un centro
di accoglienza vale alcuni posti di lavoro, e questa è tutta la politica.
Sull’immigrazione sono disponibili esperienze
ormai secolari, affinate, responsabili, per agevolarla e contenerne i guasti. Specie in quella
intercontinentale, negli Usa, in Australia, in Canada. Con le richieste di manodopera,
i visti, i contingenti, i ricongiungimenti familiari. In Europa non si può
fare. Neanche nei paesi che da più tempo hanno sofferto l’inverno demografico e
la necessità dell’immigrazione, la Francia, la Gran Bretagna, la Germania. I
ricongiungimenti familiari – tutti quei bambini che viaggiano soli o con madri
sole? I visti d’ingresso a personale più o meno qualificato? Una politica di
trasporto dell’immigrato con visto, in sicurezza e a costo accessibile?
Basta dire, dirsi, che l’Africa è un
continente di miserie e di terrore. Il vecchio atteggiamento razzista, della superiorità,
ricoperto di buona volontà. Senza mai non solo non sapere o non volere
imparare, ma nemmeno ipotizzare che l’africano è uno come noi, forse più agile
di corpo e di mente perché meno ingolfato da zuccheri e carboidrati. Che
conosce le leggi e le sa – o non le vuole – applicare. Che ha qualche scopo nella
vita, che non sarà quello di fuggire.
Il decreto sicurezza non si sa ancora nemmeno
cosa implichi. Si dice che aumenterà il numero degli immigrati irregolari. Mentre
rientra nella politica dello scoraggiamento, che sola ha avuto successo – nel
2018, da metà anno, gli imbarchi avventurosi si sono dimezzati, 150 mila in
meno.
O la tratta degli schiavi è potente, più intelligente
e abile dei “belli-e-buoni” dell’accoglienza? Tenuta da africani, sicuro. L’Italia,
relativamente nuova all’immigrazione, a partire dagli anni 1970, per prima cosa
ha avuto l’immigrazione di prostitute nigeriane, che non si faceva coi barconi
di notte, da quel lontano paese era impossibile, ma in aereo con i visti. Con centri di
smistamento a Roma, a via Tacito, e a Livorno. L’africano vuole fatti, anche lui, non sorrisi –
di compatimento.
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