Si privilegia, nel rapporto con l’Africa,
la solidarietà. Che è la perpetuazione del vecchio senso missionario, del buon
selvaggio da aiutare. Ora con chiome al vento, molti selfie, il fumo libero. E l’avventura
sicura, con biglietto aereo di ritorno.
Si sa, si è detto, calcolato, che il volontariato
per l’Africa è più un’occupazione del tempo libero degli europei che un
beneficio per gli africani. Una vacanza esotica, con viaggi, convegni, e studi
sul nulla. Ma non si può criticare chi, magari in buona fede, preferisce andare
in Africa e insegnare agli africani come si fa – che cosa? – piuttosto che
lavorare. Cooperare è meglio che non fare niente.
Se non che le buone intenzioni hanno finito
per oscurare le cose reali, e danneggiano l’Africa. Inoltre, creano e impongono
un linguaggio fatuamente ipocrita, che fa aggio sui problemi effettivi.
Quelli della Sea Watch, che hanno fatto
in modo da incastrare Salvini, approdando per l’emergenza a un porto italiano invece
che a quello più vicino, possono anche riuscire avventurieri simpatici della
solidarietà, canna al labbro e chioma al vento. Ma poi sono bugiardi, che la
loro nave, di 650 tonnellate di stazza lorda, con capacità di trasporto di 450
tonnellate, dicono avere un solo water. E gli africani a bordo fanno rivestire
di panni sporchi e smorfiare la sofferenza, per la tv dei giudici e i
parlamentari in visita, che poi sbarcano allegri. Piccoli travet della solidarietà – “facite ‘a faccia soffferta” direbbe
il vecchio manuale napoletano dell’immortale ammuìna..
Lo squallore è tale, in questa
presentazione dell’immigrazione, che non si sa da dove cominciare.
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