giovedì 31 gennaio 2019

L’ultima avventura è la sofferenza, degli altri


Si privilegia, nel rapporto con l’Africa, la solidarietà. Che è la perpetuazione del vecchio senso missionario, del buon selvaggio da aiutare. Ora con chiome al vento, molti selfie, il fumo libero. E l’avventura sicura, con biglietto aereo di ritorno.
Si sa, si è detto, calcolato, che il volontariato per l’Africa è più un’occupazione del tempo libero degli europei che un beneficio per gli africani. Una vacanza esotica, con viaggi, convegni, e studi sul nulla. Ma non si può criticare chi, magari in buona fede, preferisce andare in Africa e insegnare agli africani come si fa – che cosa? – piuttosto che lavorare. Cooperare è meglio che non fare niente.
Se non che le buone intenzioni hanno finito per oscurare le cose reali, e danneggiano l’Africa. Inoltre, creano e impongono un linguaggio fatuamente ipocrita, che fa aggio sui problemi effettivi.
Quelli della Sea Watch, che hanno fatto in modo da incastrare Salvini, approdando per l’emergenza a un porto italiano invece che a quello più vicino, possono anche riuscire avventurieri simpatici della solidarietà, canna al labbro e chioma al vento. Ma poi sono bugiardi, che la loro nave, di 650 tonnellate di stazza lorda, con capacità di trasporto di 450 tonnellate, dicono avere un solo water. E gli africani a bordo fanno rivestire di panni sporchi e smorfiare la sofferenza, per la tv dei giudici e i parlamentari in visita, che poi sbarcano allegri. Piccoli travet della solidarietà – “facite ‘a faccia soffferta” direbbe il vecchio manuale napoletano dell’immortale ammuìna..
Lo squallore è tale, in questa presentazione dell’immigrazione, che non si sa da dove cominciare.

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