Un pescatore ridotto in miseria,
che ha perduto la figlia, la ritrova. Nel mezzo la vita agra dei pescatori, tra
stenti e truffe. Rudens è la gomena, che si lancia alla barche per l’attracco.
Poco vi si áncora, il mare è avaro. Ma abbastanza per far rinvenire una
cassetta preziosa, che contiene le chiavi di tutto.
La commedia forse meno rappresentata
di Plauto, perché poco “plautina”, povera di lazzi, doppi sensi, giochi di
parole, e anzi fantasiosa, onirica, quasi fantasy.
Che Vincenzo Zingaro ripesca e riadatta per il suo Centro Stabile del Classico,
stimolato dall’ispirazione che Shakespeare (“La tempesta”) e Della Porta (“La
fantesca”) ne hanno tratto, dopo Ruzzante (“La piovana”) e Ariosto (“La
Cassaria”). Ma con important accorgimenti, che potrebbero portare a innovare la
ricezione di Plauto, la sua lettura, senza tradirla.
È un’opera che si pone al
passaggio tra la commedia neo greca e quella latina, la fabula palliata, comica e insieme
malinconica. Che poi deriverà nella commedia dell’arte, e ora nella commedia
all’italiana. È la lettura che Zingaro privilegia, in una vicenda che fa svolgere
corale. Accentandone il realismo con la caratterizzazione dialettale dei personaggi,
sarda, siciliana, romanesca. Assecondato da una compagnia partecipe, Annalena
Lombardi, Piero Sarpa, Rocco Militano. E il fiabesco con la scena - da un lato
la casa, dove non c’è vita familiare, dall’altra il tempio, dove non c’è
divinità – d’immobile solarità, le luci, i costumi, i nomi, il canto.
I nomi, adattati, sono favolistici:
Ombrina, Alghetta, Muggine, Marmora, Squalo. Le parti cantate – tutte originali,
naturalmente, musiche di Giovanni Zappalorto – sono la novità maggiore di
questa ripresa. La commedia di Plauto era recitata e cantata, proprio, era
commedia musicale, e la compagnia dello Stabile ne restaura l’uso.
Tito Maccio Plauto, Rudens, Teatro L’Arcobaleno Roma
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