Curiosità – È del presente
e del futuro come del passato. Forse qui
con più forza - “Ulisse oppone la curiosità alla novità”, nota S.Tesson del
curioso per eccellenza, “Un’estate con Omero”,137. Ma è vero di Ulisse come di
ognuno: ci sono novità che non incuriosiscono, e si sono curiosità non legate alla
novità.
Anzi,
la curiosità è più viva di fatto per il passato: la storia, le storie. Per come
il passato è passato, e più per come avrebbe potuto essere, o come si potrebbe riconformare.
Destino – È l’ordine naturale delle cose. Un ordine che
non è ordinato e non è naturale. Non della natura quella che conosciamo.
Nell’antichità sconosciuta anche agli dei – fino al Cristo gli dei stessi sono
elastici.
È
il presupposto e il fondamento della religione. In entrambe le sue forme,
dell’ineluttabile e del casuale: l’impossibilità della libertà – o della
libertà come interstizio, conquista continua, parziale, infima, tra illusioni e
delusioni.
Immaginazione – È,
si vuole, in guerra ancora più produttiva che nella vira ordinaria – nella poesia,
l’arte, la creatività. Si può anche dire che è quella che decide le guerre. Le tribù tedesche
tenevano in scacco i forti romani, organizzati, corazzati, mettendo in prima
linea una bella fanciulla, per eccitare nelle loro schiere i più giovani e forti.
I tedeschi sono poi diventati lanzichenecchi, mercenari, ma devono avere mantenuto
questa sapienza, che la guerra si combatte entusiasti, almeno per un secolo
fino alla sconfitta nel 1945. Con la voglia di farla più che con le armi. La forza
di Hitler era l’immaginazione delle masse - caso non raro nella storia, è di Napoleone,
Giovanna d’Arco, Alessandro Magno - per un decennio fino al ‘42. I russi hanno sconfitto
i tedeschi per lo stesso motivo, perché alcuni di loro ne condividevano la
risolutezza.
Orientalismo
–
È nozione e fatto imperialista – Edward Said? Certo, tutto nell’imperialismo è
imperialista. Ma non imposto con le armi, non sempre e non necessariamente, o col denaro. Semmai per via di
conoscenza, e non sempre facile o abborracciata: storiografia, archeologia,
filologia, etnologia, antropologia.
Del resto l’imperialismo non è stato
solo occidentale: l’Oriente ha anche vinto e a volte conquistato l’Occidente.
Ma non ha “inventato” ( pensato, classificato, categorizzato) un
“occidentalismo”.
Un differenza di categorie mentali, sicuro, senza segni di
più o meno. Ma allora un orientalismo
non proprio discriminante – semmai da correggere, aggiustare,
sintonizzare.
Paura – È l’occupazione-preoccupazione
più sentita e diffusa dell’epoca. Non da
ora, ma ora prevalente. Non un sentimento ma quasi un’arte. Che lo scrittore
Alvaro nel 1952 trovava già un mestiere, un affare – allora a proposito del
proliferare di “film avveniristi terrificanti”: “Una delle occupazioni più
redditizie del nostro tempo è quella di impresario di paure. Più sono
confortanti le scoperte della tecnica e della scienza, più grandi sono le
possibilità di vivere meglio, e più tutti si affannano a incutere terrore”.
Quel “tutti” essendo uno scivolone nel modo di dire, lo scrittore si corregge
continuando: “Giacché è comune l’atteggiamento profetico, facciamo una profezia
anche noi: i posteri rideranno di un tempo come il nostro in cui si accumulano
terrori per tutto quanto è nuovo, prodotto del genio dell’uomo, conforto, speranza,
da inorgoglire qualunque epoca più gloriosa dell’umanità”
L’unica
aporia della profezia è che i posteri non sono più generazionali, come usava,
ma vanno probabilmente per secoli – la “profezia” di Alvaro, del 1952, è già di
settant’anni fa, e ancora aspetta la generazione critica. Ma anche questo
Alvaro aveva presente, e infatti prosegue: “Ma un simile atteggiamento di
fronte alla vita non potrà provocare che
una insensibilità ai mali, alle sventure, ai disastri, che purtroppo sono
fatali nel viaggio della civiltà, e questo sarà davvero fatale. Si cerca il
fascino delle cose vietate e degli incubi. L’umanità vi si potrebbe anche
buttare a capofitto”.
Più
innovazione, più marcia in avanti, più genio, più diffuso, e più paura: la morfologia
della paura è un circolo vizioso.
La storia registra
i terrori dell’Anno Mille. Non per altro, per la scadenza, un numero che in sé
è fatidico. Il Duemila è stato superato senza patemi, ma l’angustia, non
rapportata più alla “scadenza”, al dato epocale, permane: vogliamo farci paura.
Tribù – Lo spirito tribale rinasce nel mondo “aperto”,
internettiano. Proprio tribale, non
nazionalista: confuso nelle motivazioni, ma assertivo ed escludente, deciso,
non discutibile, violento seppure mascherato per opportunità.
La tribù si
forma effettivamente in un mondo senza frontiere. In forma genetica, parafamiliare,
ma più per una intesa, di convenienza (opportunità) o idealità. A fine non
tanto di essere quanto di escludere. Robusto – e quindi offensivo - per intendersi
di difesa: la tribù è imperialista ma per voler essere antimperialista.
Nella storia è
il caso dell’imperialismo italiano, del “posto al sole” come una forma di antimperialismo
– dall’imperialismo in cattedra peraltro classificato, a specchio, come “imperialismo
straccione”.
È un vulnus, una ferita, e non un disegno.
zeulig@antiit.eu
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