Un
Simenon sorridente, ironico. Protagonista un clochard. Antagonisti anonimi banchieri svizzeri, che hanno ben un
nome ma non una storia, “venuti da Basilea”. Nel mezzo poliziotti grigi ma testardi.
Il
clochard – mai così chiamato – è un
teatrante, che si fa, pensa di farsi, beffe di tutti, e dorme nei commissariati di quartiere, in camera di
sicurezza, in quello dove ha deciso quella notte di mendicare, all’entrata dell’opera
o dei grandi ristoranti, o tra le terrazze dei caffè. In una di queste aree di
competenza, davanti all’ambasciata britannica, trova un capitale nel
portafogli che scivola fuori della giacca di uno sconosciuto mentre si piega su
se stesso, morto, assassinato. Un capitale che consegna, a metà, al
commissariato preferito, dove si sente più di casa, certo di recuperalo come legittimo
proprietario tra un anno, scaduti i termini per il reclamo del legittimo
proprietario.
Un
divertimento, specialmente filante. Eccetto che all’ultimo, all’ultima pagina,
quando il colpevole non si può dire colpevole. Una beffa nella beffa.
Un
“Maigret senza Maigret”, qui il commissario si chiama Lucas, divertente più che
drammatico: è una parodia del giallo all’inglese, di enigmi e indizi. Tra
personaggi del tutto improbabili: Monsieur La Souris, Ugo Mosselbach, “di
origine alsaziana”, ha un passato di organista e insegnante di solfeggio, e un
futuro sognato nella vecchia canonica del suo paese, Bischwiller-sur-Moder - che esiste, ma non sul Moder.
Simenon
si è presa la vacanza nel 1938. In una Parigi caldissima anche allora, si
chiudono le scuole per il troppo caldo a giugno.
Geoges
Simenon, Il sorcio, Adelphi, pp. 160
€ 18
Nessun commento:
Posta un commento