Montaigne
viene in Italia per le acque, le cure termali. Ma di fatto per allontanarsi
dalle divisioni religiose in Francia, acuite dopo la strage della notte di San
Bartolomeo nel 1572. Fra settembre 1580 e novembre 1581 intraprende un tour
europeo che lo porterà a Parigi e poi, “attraverso la Svizzera e la Germania”,
che anch’esse fanno parte del titolo, in Italia – il viaggio interrompe alla notizia della sua nomina a sindaco di Bordeaux.
Montaigne,
tentato a lungo dalla Riforma, ha deciso di restare nella chiesa, senza
obiezioni, senza porsi dubbi, per un motivo politico: perché la ritiene una
istituzione necessaria. Ma non smette lo spirito critico. Nel viaggio in
Francia fino a Épernay e Plombières, poi in Svizzera a Basilea, Baden e Sciaffusa,
quindi, via Costanza, a Augusta, Monaco, Innsbuck, il Brennero, ogni tappa o
conversazione è segnata da discussioni in latino con ministri e teologi sui
temi di fede controversi: predestinazione, ubiquismo, eucarestia, immagini,
matrimon misti. A Épernay si fa spiegare da un gesuita già celebre, lo spagnolo
Juan Maldonado, che è inutile dividersi su questioni teologiche. Vuole andare a
Zurigo (non potrà perché c’è la peste) unicamente perché è città tollerante in fatto di religione – non va a Ginevra di proposito, per evitare il
fanatismo. S’intrattiene a lungo compiaciuto a Basilea, perché può discorrervi
con i tanti allievi di Sébastien Castellion, il fautore della tolleranza che celebrerà nei “Saggi”, di cui conservava in biblioteca il “Catechismo”
e la “Disputa intorno alla presenza del corpo di Gesù Cristo nella cena”.
Per
questi interessi, il motivo del viaggio si è ipotizzato potesse essere un
tentativo di elaborare un progetto di pace religiosa. La stessa menzione di
Cracovia, a Rovereto, subito dopo il passaggio in Italia, come meta
preferibile, è legata a questa ipotesi: Cracovia come Basilea e Zurigo era
rifugio degli emigrati per motivi di religione.
Un
altro motivo del viaggio è stato trovato nella compagnia. Montaigne era
accompagnato dal fratello minore, il ventunenne Bertrand de Mattecoulon, di 27
anni più giovane, dal cognato, Bertrand de Cazalis, vedovo di sua sorella
Marie, da un d’Hautois, gentiluomo lorenese, che non si sa chi sia, e dal
diciassettenne Charles d’Estissac. Essendo il giovanissimo d’Estissac, maggiore
di Montaigne in fatto di titoli, latore di missive del re Enrico III e di
Caterina dei Medici, si è ipotizzato che la missione del viaggio fosse la sua, una
missione diplomatica, a cui Montaigne si sarebbe aggregato. Ma la cronaca è di Montaigne. Tenuta per la prima parte, fino a metà soggiorno a Roma, febbraio 1581, da
un segretario sconosciuto, assunto probabilmente a Parigi, e poi da Montaigne.
Nella seconda parte in italiano, lingua allora veicolare del commercio e della cultura.
Di
fatto è un viaggio “per curare il mal della pietra e il male della Francia” -
Fausta Garavini. Molte tappe, Plombières, Baden, Abano, Bagni di Lucca sono per
le acque.Come cronaca di viaggio sembra superficiale, per il temperamento curioso e apparentemente svagato di Montaigne, poco applicato. Se non nella riflessione. Di cui il viaggio
abbonda, anche se con approssimazioni e superficialità. Montaigne è saggista
colto e asistematico, è il suo appeal:
osservatore, realista, e quindi soggetto a errori. La cucina tedesca dice
migliore di quella italiana… - scambiando la presentazione, le strutture di
accoglienza per viaggiatori, con la qualità dei cibi.
Si
viaggia a cavallo – “la postura in cui mi trovo meglio, sia da sano che da
malato” (“Saggi”). A Bagni di Lucca, dove va per le acque – e organizzerà una
festa campagnola… -, prende a scrivere in italiano, corretto. L’itinerario in
Italia fa tappa a Trento, Verona, Vicenza, Padova, Venezia, Ferrara, Bologna,
Firenze, Siena e Roma. Quindi Siena di nuovo, Bagni di Lucca, Firenze di nuovo,
Lucca, ancora S iena e Roma, e il ritorno a tappe forzate, saputo della nomina, via Parma, Piacenza e Milano, verso il Moncenisio.
Perente
le discussioni teologiche, resta la curiosità per le novità tecniche, in ogni
luogo visitato, compreso il girarrosto a Bressanone. Gli orologi a Basilea e
Landsberg, i mulini ad acqua a Sciaffusa, i canali artifiali a Costanza e
Augusta, i giochi d’acqa a Tivoli, il dispositivo idraulico per prosciugare le
paludi nel retro-Versilia. Di ogni acqua sono registrate le caratteristiche, colore,
temperature, sapori, usi terapeutici.
Un
testo documentario. Ma con notevole verve narrativa. Specie a Roma. Le rovine
lo deludono, la sua Roma stava in piedi. Ma vede e ne scrive molto. L’udienza
papale alla Ridolini: due passi, genuflessione, benedizione, due passi,
genuflessione, benedizione… Una circoncisione. L’esecuzione del bandito Catena.
La corsa di Carnevale sul Corso. La messa papale, “affare di pompa più che di
devozione” – con i vescovi, i cardinali e lo stesso papa seduti a conversare
tutto il tempo del rito. L’esposizione delle teste di san Pietro e san Paolo, mostrati, “ancora con la carne, il colorito e la barba”, a san
Giovanni in Laterano, “lasciando ogni tanto cadere una tenda dietro la quale
sono le teste, l’una accanto all’altra, il tempo di recitare un’«Ave Maria», e
subito rialzano la tenda”. Ha anche un colloquio col Maestro del Sacro Palazzo,
per riavere indietro i “Saggi”, confiscati all’arrivo e censurati, con l’indicazione
dei passi da emendare: l’elogio di Giuliano l’Apostata e di alcuni poeti
eretici, la condanna della tortura, l’uso della parola “fortuna”, l’utilità per
i giovani di aprirsi alle esperienze, la necessità di un’anima monda per una preghiera
efficace – non ne terrà conto, ma dirà le sue mere opinioni. Uno scettico
fedele.
Michel
de Montaigne, Viaggio in Italia, Bur,
pp. 534 € 13
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