Il
poema breve “I figli del mare” compendia “La persuasione e la rettorica”, la tesi-saggio
filosofico a cui Michelstaedter si è fermato, uccidendosi subito dopo. Viene qui assortito dalla prefazione al saggio, dove
il giovane studioso si rifà a Parmenide, Eraclito, Empedocle, a Socrate, all’Eccesiaste, a Cristo, a Eschilo, Sofocle e Simonide, a Petrarca, a Leopardi. Più un leopardiano
“invio” “Alla sorella Paula”, e “Il canto delle crisalidi”, che muoiono
nascendo – “Vita, morte,\ la vita nella morte; morte, vita,\ la morte nella
vita”.
Michelstaedter
ritorna ai presocratici, Eraclito, Anassimandro, Empedocle, nei quali “vita e
morte si coappartengono”, come nota il curatore, Erasmo Silvio Storace, sulle
tracce di Schopenhauer e di Nietzsche. Una poesia e una filosofia che, lette
oggi, girano in modo impressionante attorno al suicidio alla maniera del Blue
Whale, la piattaforma dei giovani russi influencer
degli adolescenti che gareggiano a chi ne conduce di più al suicidio. Lo
stesso si può dire del giovanissimo Michelstadter lettore di Schopenhauer e di
Nietzsche, della vita che è meglio la morte. Senza colpa dei due naturalmente,
che però su questo filosofema hanno stravissuto e prosperato: il nichilismo ha
questo di incongruo, che richiede personalità forti per essere argomentato.
“Persuasi”
sono per Michaelstaedter coloro che sanno, che hanno capito, che la vita è la
morte, e vivono nella morte, nel pensiero della morte. “Illusi” coloro che “vivono
per vivere”, quelli che non sanno. Con i consueti rovesciamenti: “Chi teme la morte è già morto” è il
fulcro di “La persuasione e la rettorica”. Mentre è “il coraggio della morte\
onde la luce sorgerà”, assicura il poema.
Storace
ritraccia in particolare le radici nietzscheane di Michaelstaedter. Nel Cristo, nei
presocratici, e nei tragici greci. In Eschilo, Sofocle e Simonide. Con
esclusione di Euripide: è l’indizio che lega la riflessione di Michaelstadter a
Nietzsche, l’esclusione di Euripide dal catalogo degli antenati, come già ne “La
nascita della tragedia”, come quello “probabilmente già portavoce di una
modernità distante dal sentire tragico”.
Più
agevolmente si rintraccia Schopenhauer, della vita come infinito dolore: “Nero” rima
con “mistero”, “dolore” con “amore”. – di uno che se la godette in ogni piega,
comprese le liti per denaro con la madre romanziera, e galante, e con la sorella.
Carlo
Michelstaedter, I figli del mare, e
altri scritti sulla vita e sulla morte, Albo Versorio, pp. 57 € 4,90
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