Sorge
“l’impero bizantino”: piattezza, uniformità, dispotismo. Siamo a fine
Ottocento, il pamphlet è del 1902, ma l’età non conta. “Nella
formula magica della «umanità» si irrigidisce la potenza virile degli europei”
– “ai confini stanno in agguato gli eredi dell’Europa, russi, cinesi, negri”.
Mentre “lotta per emergere la redentrice, la donna”. – “nella donna è l’umanità”,
è “la vita”, “la donna è libera, e può liberare”, eccetera.
Un
femminista anticipatore, e uno psicoanalista nietzscheano. Anche di formazione,
al liceo di Pforta, scuola di fieri reazionari - il padre di Groddeck, Carl
Theodor, prussiano d’un pezzo, altro allievo di Pforta, era stato autore di un
“De modo democratico, nova insaniae forma”, 1849, la “febbre democratica” come
malattia infettiva, una tesi di laurea subito tradotta in tedesco e in francese,
negli ambienti di corte e assolutisti (Carl Theodor, fallito in affari, finirà
a Berlino medico dei poveri).
Saranno
stati i due analisti nietzscheani, Lou Salome insieme con Groddeck, a mettere al centro della ricerca e della terapia la femminilità e la infanzia. Entrambi teorici
della donna sesso forte. Entrambi, senza figli, erigendo la perfezione
dell’esperienza umana nella maternità.
Groddeck
lo fa con leggerezza. In fama di ciarlatano, ma incuriosiva Freud, oltre che
divertirlo. Anche lui come il padre reazionario, del genere perfezionista,
elitista: “A colui che non ha si dovrebbe prendere quello che ha. La razza
umana si rovina, se la miseria si rigenera di continuo” - ma: eliminare la
povertà, oppure i poveri? Salvo vederci chiaro nella condizione femminile. Più
di tutto un illuminato, uno che procede per lampi. E apodittico, di scrittura
ispirata, santone già da giovane. Ma di eccezionale sintesi, specie nei due
capitoletti finali, “L’uomo”, “La donna”. Con una notevole digressione sul ribaltamento
della civiltà greca al tempo di Pericle e in conseguenza delle guerre persiane,
con l’emersione della donna in una civiltà fino ad allora crudamente maschile. Afferma
spesso anche interrogandosi, di fronte a prospettive inattese.
In
questo suo primo scritto è la donna a schiudere panorami nuovi. In toni che la
sorpresa elevano a panegirico: “La donna ci insegnò ad amare. La radice della
vita affonda in lei. La donna è come l’albero, che è tutto uno col frutto” –
“veste l’ignudo, perché suo figlio sarà ignudo. Ristora l’affamato, perché suo
figlio avrà fame. Ristora il povero, perché suo figlio avrà bisogno di aiuto….
Una sacra profondità dorme nella donna, l’amore per l’eternità”. La famiglia,
“la culla dei figli”, è “la vita”. Ma la famiglia è la donna, “tutto il futuro
è della donna”.
Georg
Groddeck, Questione di donna
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