Gli
anni non ne avevano inficiato le virtù, la stanchezza invece sì. O forse una
sceneggiatura debole, che lo disperde tra Bellosguardo di Udine e gelosie
femminili poco siciliane – siciliane sì ma in altra forma, non così fredda. Il
Montalbano dei record, visto da unidici o dodici milioni di spettatori, quasi uno su due, come il festival
di Sanremo, è sfilacciato e inconcludente.
Eccetto
che nella prima parte. Girata con la Marina Militare, in un’operazione di
recupero e sbarco di migranti. Raccontata senza sdilinquimenti, grazie a un
personaggio, il professore-interprete arabo, che sa di che si tratta. Di
scafisti violenti, terminali di mafia. Con un difetto, anche qui, di
sceneggiatura, ma dettato dalle leggi, si suppone, italiane o europee: gli scafisti vengono
rimpatriati immediatamente, in aereo, comodi, e gratis, pronti per il prossimo
sbarco.
Sull’operazione
anche Camilleri si mantiene cauto nella presentazione del film. Tutto il contrario
del Camilleri di “Non in mio nome”, il video pro sbarchi che gira in rete. Per
un italiano su due il fatto è più problematico.
Alberto
Sironi, L’altro capo del filo
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