Destra – È lo stato
normale – il fondo – della politica, la sua latenza. Che sempre guarda a
sinistra. Per una sorta di pulsione curiosa. La curiosità generale è per natura
rivolta a sinistra, all’innovazione. Con un senso di inferiorità, molto forte
per questo, nella destra.
Pochi
sono curiosi della destra, e sempre e solo per motivi di ordine pubblico oppure
di analisi e riflessione. Mentre la destra ha una curiosità quasi morbosa per
la sinistra, per cosa pensa e fa. Da qui il senso di superiorità della
sinistra, anche senza giustificativi – il disprezzo comunque, non solo per
Trump o per Berlusconi, per i riccastri al potere, anche per le Thatcher e per
i Reagan. Salvo riapprezzamento, per esempio di Margaret Thatcher e Reagan, e oggi
di Angela Merkel, e perfino di Berlusconi.
Dio – “Sono un
agnostico che spera che Dio esista”. Da Scalfari a Pif si moltiplicano le
dichiarazioni di fede condizionata. In realtà di disattenzione alla Cosa. Sono
dichiarazioni di cortesia, tanto per dire, in una “cultura” o società che
ancora non scarta la religione – si presume che non la scarti, o la tiene tra
le “cose buone del mondo”, una cosa ecocompatibile. Ma in un mondo senza futuro
– Dio è il futuro (“una volta il futuro era migliore”, alla Karl Valentin).
Benché si voglia su di esso proiettato dalla e con la scienza – il futuro non è
il volo interstellare, uno sport estremo.
Europa – È vecchia e
vive di ricordi. Lo era già negli ani 1930, passata l’euforia degli anni 1920
dei sopravvissuti, già prima della terribile guerra dissanguatrice che la Germania
le ha poi imposto. È sopravvissuta con l’Urss, con lo spettro del comunismo,
l’unica sua innovazione dopo il 1789, ed è crollata con essa. E cioè con la Russia,
il suo Stato più arretrato: lo Stato più conquistatore del Novecento. Cui bene
o male non faceva difetto l’energia – l’abulia è la condizione europea, sotto
la celebrazione del passato (la storia, la cultura): lo Stato totalitario del benessere, la “felicità amministrata” di
Marcuse, il laboratorio della fase involutiva del capitale.
L’Europa fu salvata e ricostruìta più
volte, dai russi a Est contro mongoli e tartari, dai magiari, serbi e croati,
popoli guerrieri, a Sud contro i turchi, a Ovest da Carlo Martello. La storia
dell’Europa, che poi è una coda, un’appendice al grande mondo, è un verminaio
irrequieto. Oggi è diverso perché manca ogni istinto, qualsivoglia: l’Europa si
adagia – si crogiola - nell’adeguatezza e nella paura. La paura indistinta, del
caldo e insieme del freddo, del lavoro e insieme del non lavoro. Agitata,
peraltro, più che sofferta – non ci si può non dire paurosi, timorosi, della crisi,
del futuro, del pianeta, dei figli.
A lungo è passata a Odino. Ai popoli di Odino, che dall’Asia,
dove regnava sul Ponto Eusino, l’hanno seguito in Germania, Danimarca, Svezia,
Norvegia, in Finlandia no, e nel Vinland. Negli Usa cioè, che ai vichinghi
prospettarono burloni e gesuiti. E ai regni che Odino assegnò ai figli: Russia,
Sassonia, Westfalia. Per la storia che viene dal Nord, con Eric il Rosso che
scoprì la vela, e le sei tonnellate d’oro e argento dai vichinghi estorte ai
parigini nell’845.
Un’Europa
che inizia dalla fine: Odino ha un palazzo di ombre, i morti ripetono le attività
svolte in vita, dove i vivi sono dunque morti. Il Nord suona il corno e medita,
nella Seconda sinfonia e nel Nordisches
Lied di Schumann. Anche esporre le lenzuola in segno di lutto è uso
nordico, fu portato al Sud da Arminio e Dorotea con Goethe.
Iniziava.
Poi è passata a Mosca. E ora giace.
Aspettando nuovi influssi dall’Asia?
Musica – Si ripropone da qualche tempo nel mito
di Orfeo, nella formulazione di Walter Pater, tardo Ottocento, estetismo,
decadentismo: “Tutte le arti aspirano costantemente alla condizione della
musica”. Mentre è la forma d’arte più legata, regolata. Che più richiede
ingegno, nella forma dell’ingegnere, pratica, tecnica, un sapere applicato
(strumentazione), e si ancora a canoni.
Natura – “La natura è
così grande qui che uccide”, dice un personaggio del racconto “Quasi la stessa
sofferenza” di Annemarie Schwarzenbach. “Qui” è la Persia ma è vero di tutti
gli ambienti al naturale: forestati, desertici,montagnosi, paludosi. Si
sopravvive domandola . Anche nei rapporti umani: si può essere trasgressivi ma
non eccessivi, portati dall’indole.
Opinione
pubblica
– “Aggressiva e brutale” la dice Marcuse. È infida, un campo di mine. “È un bene di nessun valore, non ci compensa
mai dei sacrifici che le facciamo”, opina la sadica Juliette.
Scrivere – Si fa nell’isolamento mentre è attività tipicamente
(unicamente) sociale. Nella pubblicazione, nella ricezione, e anche nella scrittura
stesa, e forse nella concezione. Non si scrive per se stessi, neanche i diari
più gelosi. Altrimenti è parlarsi, a voce alta cioè.
Si scrive per dir e, cioè per comunicare. È attività e
mestiere quasi di piazza, al modo dei cantastorie.
È attività solitaria e quasi segreta, ma concepita per,
e diretta a, un pubblico. È, riflessiva, modulata, atteggiata, l’equivalente di
Hyde Park Corner, un’esibizione, anche quando è modesta, per un pubblico ignoto
–sconosciuto e forse non in sintonia.
Si esercita ora in forme teatrali, da cantastorie in
senso proprio, con letture pubbliche, presentazioni, recite, festival. Ma
perché questa è la sua natura, la scrittura è comunicazione.
zeulig@antiit.eu
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