giovedì 21 marzo 2019

Europa iperprotezionista, mercantile

La più protezionista è l’Europa. Anzi peggio, mercantilista: ogni paese dell’Unione lavora al proprio vantaggio a danno di altri. Si può comprare dappertutto e investire, negli Usa meglio che ovunque in Europa, anche in Cina, perfino in Russia, ma non in Germania o in Francia.
Non c’è un investimento italiano in Francia che sia andato a buon fine, dai Quattro Condottieri favoleggiati negli anni 1980, Agnelli, De Benedetti, Gardini, Berlusconi, agli accordi recenti tra Fincantieri e Stx, e tra Essilor e Luxottica. Sempre la parte francese lavora per sabotare gli accordi sottoscritti quando ne aveva bisogno, sempre il governo francese sostiene il sabotaggio, sempre Bruxelles sostiene Parigi.
In Germania gli investimenti semplicemente non si possono fare. Se si eccettua Triumph Adler, una società di macchine da scrivere fallita, che fu rifilata a De Benedetti, per le cure inutili di Franco Tatò – un’operazione ridicola. Chi ci ha provato è stato respinto senza scuse. Dai governi -  socialdemocratici e cristiano-democratici ugualmente - non dagli azionisti. Dalla Continental (Pirelli) a Commerzbank (Generali), e Opel. Opel nel 2009 non poté essere rilevata dalla Fiat, Angela Merkel non volle, General Motors ha dovuto sostenere altri otto anni di perdite, finché Peugeot, partner accettabile a Merkel per il finto sostegno alla politica francese di grandeur, si è fatta sotto due anni fa per rilevarla. 
Unica acquisizione italiana in Germania la Hypovereinsbank, la banca della Baviera, che Profumo comprò al suo solito al galoppo nel 2005 per Unicredit. Era una banca semifallita, per la quale il gruppo milanese ha dovuto spendere più di un patrimonio. Fino alla radicale ristrutturazione dei successori di Profumo dieci anni dopo, con la chiusura di metà degli sportelli. Una cessione che fu un affare per i soci bavaresi: nel 2005 la quasi totalità degli azionisti votò per la fusione, mettendosi al sicuro in tasca cinque azioni Unicredit contro una Hypovereinsbank.
Francia e Germania hanno potuto invece comprare liberamente in Italia: banche, grande  distribuzione, meccanica, chimica, agroalimentare, qualsiasi cosa. Solo Alfa Romeo è sfuggita, che Volkswagen voleva assolutamente, aveva pure due grandi firme a sostenerla, Massimo Mucchetti e Oscar Giannino - ma solo perché c’era Marchionne, che sapeva negoziare.

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