Americanismo – James Ellroy è Tolstòj.
Anzi no, è Dostoevskij. E perché non tutt’e due? Non ha parole sufficienti
Gianni Santucci l’altra domenica su su “La lettura”. Che ci dedica quattro illustratissime
pagine, un caso senza precedenti.
Einaudi – Non solo Primo Levi e “Il gattopardo”, Einaudi non prendeva sul serio nemmeno Calvino. Ernesto Ferrero, dal 1963 all’ufficio stampa Einaudi, lo ripete allegro a Di Dtefano sul “Corriere della sera”. Si salva Einaudi malgrado se stessa - e con l’acume di Calvino, per Sciascia, Gadda, Fenoglio, i pochi che ne illustrano il catalogo. “A Primo Levi abbiamo persino bocciato le poesie!” ricorda Ferrero: avveniva nel 1975, e Levi era già scrittore affermato, di vasto pubblico – le pubblicò Piero Gelli, da Garzanti. Per non dire che “Se questo è un uomo” apriva con una breve poema in versi liberi che si ricorda, “Shemà”: “Voi che vivete sicuri\ nelle vostre tiepide case,\ voi che trovate tornando a sera\ il cibo caldo e visi amici:\ considerate se questo è un uomo,\ che lavora nel fango, che non conosce pace,\ che lotta per mezzo pane,\ che muore per un sì o per un no…”. Bocciato non da lettori malaccorti, evidentemente. “Erano anni di una ideologizzazione sfrenata”, concede Ferrero eufemista. Ma Feltrinelli, per esempio, il più ideologizzato di tutti, se ne smarcava, sapeva essere di libero giudizio. A Einaudi c’era il controllo del Partito – quando Ferrero entrava, Fruttero e Lucentini se ne andavano.
Erotica – È per donne? Gli Oscar unificano “Letteratura erotica e rosa” nello steso “reparto”: Sacher Masoch con Jojo Moyes – e con Sophie Kinsella.
Einaudi – Non solo Primo Levi e “Il gattopardo”, Einaudi non prendeva sul serio nemmeno Calvino. Ernesto Ferrero, dal 1963 all’ufficio stampa Einaudi, lo ripete allegro a Di Dtefano sul “Corriere della sera”. Si salva Einaudi malgrado se stessa - e con l’acume di Calvino, per Sciascia, Gadda, Fenoglio, i pochi che ne illustrano il catalogo. “A Primo Levi abbiamo persino bocciato le poesie!” ricorda Ferrero: avveniva nel 1975, e Levi era già scrittore affermato, di vasto pubblico – le pubblicò Piero Gelli, da Garzanti. Per non dire che “Se questo è un uomo” apriva con una breve poema in versi liberi che si ricorda, “Shemà”: “Voi che vivete sicuri\ nelle vostre tiepide case,\ voi che trovate tornando a sera\ il cibo caldo e visi amici:\ considerate se questo è un uomo,\ che lavora nel fango, che non conosce pace,\ che lotta per mezzo pane,\ che muore per un sì o per un no…”. Bocciato non da lettori malaccorti, evidentemente. “Erano anni di una ideologizzazione sfrenata”, concede Ferrero eufemista. Ma Feltrinelli, per esempio, il più ideologizzato di tutti, se ne smarcava, sapeva essere di libero giudizio. A Einaudi c’era il controllo del Partito – quando Ferrero entrava, Fruttero e Lucentini se ne andavano.
Erotica – È per donne? Gli Oscar unificano “Letteratura erotica e rosa” nello steso “reparto”: Sacher Masoch con Jojo Moyes – e con Sophie Kinsella.
Fantascienza – È fangosa e ripetitiva, un
genere tipicamente seriale, più che creativa, o immaginativa, o passionale. Lugubre,
del genere catastrofismo. Immagina solo sconquassi, e anche questi senza
passione. Se non nell’ordine millenaristico delle cose: galassie, asteroidi, vuoti
interstellari. Il tutto remoto, e freddo. Niente impedirebbe di immaginare
mondi alieni soleggiati. Meglio ancora di eterna primavera, fioriti, profumati,
lievemente. E pulsioni non meccaniche. Ma non si fa. Non si può, non funzionerebbe?
Gadda – Il “Pasticciaccio” ha
ricalcato sulla figura del “don Ascanio” di Alessandro Varaldo, il giallista,
anni 1930? È l’ipotesi d Camilleri, “Difesa di un colore” (in “Come la penso”,
2013, ora anche in appendice a “Km 123”): “Il suo commissario Francesco Ingravallo
detto don Ciccio sembra una copia di Ascanio Bonichi, che fuma il sigaro, ha i
baffi, e opera in un a Roma altrettanto sonnolenta e provinciale malgrado gli inviti”
di Mussolini a “scattare!”. In un programma “conandolyano”, quello che Gadda si
attribuisce mentre cincischia a scrivere il racconto che sarà “Novella
seconda”, dopo averne scritto la traccia (“Argomento”). Piero Gelli, che ha
curato la prima edizione, 19871, della giovanile “Novella seconda”, così descrive
il quaderno che Gadda ha portato in casa editrice, alla Garzanti: “Dopo
l’«Argomento seguono alcune pagine bianche o di note private, non concernenti
il racconto in questione. Quindi, in data di «Sabato 24 marzo 1928» Gadda
inizia la stesura della novella, a cui premette una lunga nota di osservazioni
e appunti di lavoro”. Questo l’inizio: “Mio desiderio di essere romanzesco,
interessante. Conandolyano: non nel senso istrionico (Ponson du Terrail) ma con
fare intimo e logico”. E ancora: “Piuttosto Conan Doyle, ricostruttore logico”.
Senza eccedere, “perché ormai il pubblico lo sa a memoria e non ci si diverte
più”.
Seguono una serie di obiettivi. Tra cui:
“1. interessare anche il grosso pubblico. E cioè arrivare al pubblico fine attraverso il grosso…. 2. il pubblico ha diritto a essere divertito”, col “romanzo
romanzesco”: troppi scrittori lo annoiano senza misericordia… 3. Non è detto
che la vita sia sempre semplice, piana, piatta. Talora è complicatissima, e
romanzeschissima”, eccetera.
Giallo - Savinio è contro - “il
giallo italiano è assurdo per ipotesi” - ma per motivi bislacchi. Perché “è
un’imitazione”, e soffre “tutte le pene di questa condizione infelicissima”.
Perché non abbiamo “il romanticismo criminalesco del giallo anglosassone”. E
perché “le nostre città tutt’altro che tentacolari e rinettate dal sole «non fanno
quadro al giallo» né può fargli ambiente la nostra brava borghesia”. Se non che la criminalità, con e senza romanticismo,
non difetta, in Sicilia, a Napoli, altrove. E anche la “condizione
metropolitana”, a Milano del denaro, a Napoli della violenza, a Roma della
corruzione e della violenza.
Era sovversivo per Mussolini, e fra
tutti i generi letterari quello più censurato. Non poteva essere italiano
l’assassino. Né l’adultera – un po’ di tolleranza c’era per l’adultero. Il
colpevole andava comunque punito. Un anno dopo l’entrata in guerra, il 30 luglio
1941, furono sequestrati tutti i gialli
in magazzino di autori non dell’Asse – cioè tutti.
Guerra – Molti letterati e futuri
letterati fecero la prima guerra mondiale e alcuni anche ne scrissero: Ungaretti,
Montale, Rebora (Gozzano, che morirà nel 1916, l’anno prima tentò di
arruolarsi), Malaparte, Gadda, Tecchi, Alvaro, Repaci, Corrado Tumiati… Con i tanti francesi (Apollinaire, Céline..)
e giovani americani (Hemingway, Dos Passos..). Qualcuno ne scrisse anche senza
averla fatta - De Roberto: è stata materia di molta letteratura.
Pochi letterati, anzi nessuno, nella seconda guerra mondiale. Con la sola testimonianza di Malaparte, da giornalista embedded. Non ne ha scritto nemmeno Berto, convinto partecipante, che fu anche a lungo prigioniero degli anglo-americani.
Se ne è scritto moltissimo, ma solo della Resistenza, dopo il 1943. I tanti che aderirono alla Repubblica di Mussolini non ne hanno raccontato niente: Dario Fo, Buzzati, Del Boca, Albertazzi, Mastroianni, Gianni Brera et al.
Pochi letterati, anzi nessuno, nella seconda guerra mondiale. Con la sola testimonianza di Malaparte, da giornalista embedded. Non ne ha scritto nemmeno Berto, convinto partecipante, che fu anche a lungo prigioniero degli anglo-americani.
Se ne è scritto moltissimo, ma solo della Resistenza, dopo il 1943. I tanti che aderirono alla Repubblica di Mussolini non ne hanno raccontato niente: Dario Fo, Buzzati, Del Boca, Albertazzi, Mastroianni, Gianni Brera et al.
Iraq – Le tre donne che hanno fatto l’Iraq”,
titolava “La lettura” l’altra domenica, tre cantanti negli ani 19201-1930. Ma è
vero che l’Iraq lo ha “fatto” una donna, la scrittrice e politica inglese
Gertrude Bell: lo ha disegnato, ci ha messo un re, lo ha difeso.
Pound – È coniato per lui il distico del suo grande estimatore William
Carlos Williams, “I frutti puri d’America\ impazziscono”? No, Williams lo
scrisse in una lunga poesia del 192o, quando non conosceva Pound. Ma dà l’idea –
impazziva l’America come la majonese, l’inverso del melting pot benefico, un frullato di troppe cose: “I frutti puri
d’America\ impazziscono\ – gente di montagna del Kentucky\ o del frastagliato
limite nord del Jersey\ con i suoi laghi solitari e\ le valli, i suoi
sordomuti, i ladri\ i nomi antichi\ e la promiscuità tra uomini spavaldi,
nomadi della
strada ferrata\ per schietta brama di avventura\ – e giovani sciatte,\ immerse nel sudiciume\ dal lunedì al sabato\ per essere agghindate quella notte\ con fronzoli\ usciti da fantasie senza\
tradizione contadina che dia loro\ carattere”.
strada ferrata\ per schietta brama di avventura\ – e giovani sciatte,\ immerse nel sudiciume\ dal lunedì al sabato\ per essere agghindate quella notte\ con fronzoli\ usciti da fantasie senza\
tradizione contadina che dia loro\ carattere”.
Prosa discontinua – La categoria Jonathan
Lethem conia per l’amato Philip K. Dick, nell’apologia dickiana che intitola “Crazy
Friend”: “Una specifica categoria di grandi scrittori”. Alla quale ascrive Dickens,
Dreiser, Patricia Highsmith, oltre Dick. E Dostoevskij: “I russi vi diranno che
ci rientra anche Dostoevskij, e che noi non lo sappiamo perché i traduttori da
sempre gli parano il culo”.
Proust – Il suo primo
lettore-ammiratore in Italia è stato Corrado Alvaro. Che nei racconti di
“L’amata alla finestra”, 1929, lo imita, anzi parafrasa, a tratti potrebbe
essere un calco. Lo stesso in altri racconti, per quanto concerne il “ritorno”
della memoria – da Parigi estraeva in quella raccolta anche “una rosa è una rosa” e il “presente
prolungato”, o “presente assoluto”, con cui Gertrude Stein innovava negli anni
1910 e 1920 l’arte del racconto.
Stroncatura – Fabio Tamburini, pendendo
la direzione del “Sole 24 re”, annunciava il ritorno nel supplemento
“Domenicale” della stroncatura. Affidandola a “Mephisto” e a “Modesto Michelangelo
Scrofeo”. Che però, evidentemente, mordono poco. Nell’ultimo supplemento, domenica,
invece troneggia questa pagina di Claudio Giunta, italianista a Trento, in lode
di Matteo Marchesini, collaboratore del supplemento, e del suo libro “Casa di
carte”:
Un elogio al vetriolo.
letterautore@antiit.eu
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