Bernardo Gui, frate
domenicano “inquisitore della eretica pravità” a cavaliere del Trecento,
prossimo divo della fiction “Il nome
dela rosa” in tv, era giudice preciso, e redasse un manuale di tecnica
inquisitoriale a uso degli altri addetti. Di lettura agevole – il manuale è
molto ben tradotto dal latino, da Michela Torbidoni. Con una dotta introduzione
di Marcello Simoni, l’archeologo e bibliotecario di Comacchio di Ferrara,
primatista di fantasy storica.
Gui è accreditato di molta
sapienza, da Eco nel “Nome della rosa” come personaggio romanzesco e altrove
come dotto, e dallo stesso Simoni. Ma l’interrogatorio che propone dei valdesi,
per esempio, di come come il valdese articolerà le sue risposte per sfuggire al
castigo, è esemplare del giudice-boia: la professione di inquisitore che
delinea in controluce è dello sbirro che si vuole anche giudice. Con esito non
diverso, a lettura fatta, del senso comune: non c’è inquisitore buono. Se non
nel senso più generale che l’Inquisizione è l’istituzione che ha “salvato” la
chiesa, ne ha difeso e imposto l’Auctoritas,
anche quando meno ne aveva o ne era degna.
Lui stesso a un punto,
spiegando le strategie da tenersi contro i valdesi, gente colta e quindi
sofisticata, dice non volendo l’insostenibilità dell’Inquisizione quale veicolo
e custode della verità: “Poiché gli eretici non hanno possibilità di difendersi
facendo ricorso al potere, all’autorità o ad argomenti razionali contro la verità
della fede, devono servirsi di sofismi, discorsi ambigui e scappatoie”. Segue
un prontuario dettagliato di sofismi, che pertengono però anche
all’Inquisizione – forse dei valdesi, di sicuro dell’Inquisizione.
Il “Manuale” è diviso in
cinque parti. Qui è proposta la quinta, che sintetizza le diverse pratiche e
psicologie delle sei confessioni-professioni ereticali maggiori – e le tecniche
per vincerne le resistenze: manichei, valdesi, pseudo-apostoli, beghini, giudei
“relapsi”, maghi – più un breve cenno allo “scisma dei greci”. I giudei
“relapsi” sono i battezzati pentiti, quelli che poi saranno in Spagna i
“marrani”. I “beghini”, o “poveri fratelli di penitenza” del terzo ordine
francescano, erano chiamati a Roma della “chiesa carnale”, ma erano e si
volevano francescani estremisti, spiritualisti, legati all’elemosina, il papa
con la sua pompa era per loro l’Anticristo. Gli pseudo-apostoli di Gherardo
Segarelli di Parma, e poi di fra’ Dolcino da Novara, figlio naturale di un
sacerdote, arrestato con una convivente di nome Margherita, erano invece del
parere che “unirsi sessualmente con una donna sia cosa che, più di ogni altra,
farebbe resuscitare i morti”. Ma è l’unica facezia, non voluta, dentro la nera
copertina - Segarelli di suo, va aggiunto, nomen omen?, esercitava la continenza dormendo nudo tra le donne.
Bernardo Gui, Il manuale dell’Inquisitore, Newton
Compton, pp. 189, ril., € 5,90
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