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sabato 16 marzo 2019

Secondi pensieri - 380

zeulig


Occidente\Oriente – È la semplificazione – politica, storica – meno congruente, e anche meno consistente. Serve – è servita – a sintetizzare il dominio europeo sul Terzo mondo, su Africa, Asia e America Latina, ma a prezzo di semplificazioni eccessive e anche sbagliate. In rispetto agli altri mondi con cui l’Occidente era in contatto ma anche al suo interno.

L’Occidente è l’Europa. E il Nord America? Sì, gli Stati Uniti sono costituzionalmente un paese “occidentale”. Ma non sono l’Europa – la stessa radice “anglosassone”, di cui De Gaulle bollava Stati Uniti e Gran Bretagna, ha pochi punti di contatto.
E l’Oriente? Tanto individualista il cinese e la Cina, anarcoide, tanto gerarchizzato il giapponese,  mentalmente prima che istituzionalmente.

La differenziazione non è occidentale. Non solo occidentale, e probabilmente non inizialmente occidentale. C’è un Occidente ben fermo in Oriente, irriducibile. Specie in Giappone – la scrittrice belga Amélie Nothomb, giapponese di formazione, viene sempre rimproverata a Tokyo in quanto “occidentale” la volta che prende impiego in una multinazionale – “Lei si comporta bassamente come gli altri Occidentali”, “questo pragmatismo odioso è degno di un Occidentale”.
In Giappone l’Occidente è una “creazione” aliena già dal Seicento. In India lo è ancora presso gli scrittori anglo-indiani del tardo Novecento, e gli stessi immigrati di seconda e terza generazione in Gran Bretagna che vi hanno fatto fortuna. C’è l’“Occidente” alieno anche in un paese che ha adottato tutto dell’Occidente, la Corea del Sud, dalla politica corrotta ai giudici politici.

Si pensa l’Oriente come “fatto”, dettato, costruito, limitato, dall’Occidente. Forse per inavvertito traslato dall’“orientalismo” come disciplina che Edward Said condanna. Mentre l’Oriente sta per sé, immune spesso e sempre in antitesi dal e con l’Occidente. Anche come stile di vita l’Occidente non è dominante o impositivo – se non per i diritti umani. “Il Bianco suda”, “il Bianco puzza”, il bianco è immondo, sono pregiudizi orientali, dell’islam compreso, da Tokyo a Nuakshott. Con la tranquilla coscienza della superiorità morale e civile – igienica, estetica, spirituale. Il rimprovero è semmai che l’Occidente non impone uno stile di vita igienico, ecocompatibile.
C’è un Oriente, multiplo, anche questo è vero, ma tenuto unito proprio dalla differenziazione dall’Occidente. Che non è esistenza unanime, uniforme. Né proclamazione di minoranza contro una maggioranza dominante: è, è stato, ben consistente, e naturalmente “superiore”. Nel mondo islamico come in quello induista, e nell’Estremo Oriente. In Giappone, in Cina, e perfino in Corea - il paese che ha adottato tutto dell’Occidente, dal marketing alla corruzione, e allo scandalismo.

D’altronde, in attesa di rivedere la storia del’imperialismo fuori dalla vecchia logica dei due blocchi, o alla vecchia luce del marxismo-leninismo, la disgrazia dell’Oriente non si può dire una storia di imperialismo. L’Oriente diventa vittima del’Occidente dopo essere stato vittima di se stesso, dopo essere imploso, in più punti, ricorrenti. In tutti i suoi gorghi, centri di potere e d’interesse: Persia, India, Cina, Africa - Nord Africa e Africa a Sud del Sahara. La potenza europea è la ciliegia amara su una torta marcia – e non per mancanza di capitali, o di tecniche, o di “mezzi” umani. Ancora a fine Ottocento, al culmine dell’imperialismo, la grande massa dell’umanità non era toccata dal progresso, il demone dell’imperialismo, e statisticamente si poteva anzi dire che il proprio del umanità era la staticità e non lo sviluppo – che è cosa recente, anche se già contestata.

Referendum – È strumento antidemocratico, il sì o il no senza intermediazione politica, alla mercé dei gruppi di potere o d’influenza. L’opinione pubblica è più che mai instabile, e anzi volatile. I referendum sono più che mai antidemocratici. Incanalando la volontà generale entro le tracce di minoranze di minoranze, le élites. Modernamente intellettuali invece che di censo o di potere, ma sempre ristrette e maneggione. Hanno però per i costituzionalisti timidi valore di vangelo, la “volontà popolare” dell’ondivago Rousseau.
L’opinione è al limite un effetto immagine, o di slogan. Comunque di gestione dei mezzi di comunicazione: la volontà generale è più che mai espressione dei media. Che hanno un padrone, hanno a cuore solo l’affare, e come obiettivo di escludere la politica.
La politica ha peraltro perso la funzione di mediare. Non nel senso democratico, di spuntare le punte estreme, le minoranze assolutiste. Non ci sono più corpi intermedi né istanze sociali o culturali a mediare i vari interessi nell’ambito di una collettività più ampia. Nazionale o, nel caso, continentale.

Storia – Lucien Febre la vuole arte, e scienza, del passato e del presente. Un ramo della scienza delle comunicazioni, aggiunge Lévi-Strauss, per il quale “in ogni società la comunicazione ha luogo a tre livelli: scambio di beni e servizi, scambio di messaggi, scambio delle donne”.
La ricostruzione a opera dell’uomo, la diceva ancora Febvre. Ma benché mutevole e vuota la dice già vecchissima, tanto vecchia che se ne avverte a ogni passo la stanchezza.

Il suo punto di vista, per questo pessimista, è quello di Febvre, storico materialista: “La nostra civiltà è, nella sua essenza e nelle sue origini, una civiltà di storici. La religione che ne esprime gli aspetti fondamentali, il cristianesimo, è davvero, anch’essa, una religione di storici. «Io credo in Gesù Cristo, che nacque da Maria Vergine, fu crocifisso sot-to Ponzio Pilato, e risuscitò dai morti il terzo giorno»: ecco una religione datata. Non si è cristiani se non si pone se stessi, e insieme le società, le civiltà, gli imperi, fra la caduta, punto di partenza, e il giudizio, punto di arrivo di tutto quel che vive su questa terra. Il che significa inquadrare se stessi e inquadrare il mondo nella durata; dunque nella storia”.

Virtù – Si è persa – con l’onore, la coerenza o lealtà, e altri traslati. Ancora in uso nel Novecento. Virtù che, secondo Shamlù, il poeta persiano, è tale per effetto della radice -rt, come diritto, arte. Ne beneficia pure la fortuna, cui il Rinascimento attribuì virtù e verità. Per un po’ s’era perduta: a virtute s’appella in Dante il solito bugiardo Ulisse. Machiavelli, l’allegro furioso del vivere libero, virtù dice insieme golpe e lione, il bene può giovarsi del male. Come nella Bibbia: i buoni sono puri come colomba e furbi come serpente. Per il molle celta Hutcheson il senso della virtù è innato: la virtù “è la maggiore felicità per il maggior numero di persone”. Ma è dote solo dell’uomo, Kant ha scoperto, la natura non c’entra: “La virtù è ciò che nessun altro che l’uomo stesso può donarsi o togliersi”, la natura dell’epoca, ora c’è il dna.
Gnomico è Pavese in proposito: “Non abbiamo che questa virtù: cominciare\ogni giorno la vita”. Che intitola “Fine della fantasia”.
Miss Anscombe, “l’Unico uomo” della cerchia di Wittgenstein,  l’ha riscoperta, la virtù, e la fa sodale della verità. Ma la verità, dice Lacan, è bugiarda.

I radicali secondo Rousseau sono imitativi, e dunque la virtù ha qualcosa di duro dentro - Mallarmé invece dà la virtù al fonema st-: “In molte lingue indica stabilità e franchezza, durezza, massa, insomma incitazione”, in stronzo per esempio? o stupido, stinto, stanco. E non sarà tr- il vizio? Il treno, o destra e sinistra. Ma questa solo in italiano. Inglese, francese, tedesco e spagnolo fanno la destra virtuosa, su base -rt, e la sinistra smarriscono tra farfugli e sibili. Bisogna dunque essere di destra? Certo, la sinistra è ambigua. È ipocrita, quindi stupida. E infida, per chi non concepisce l’amicizia a danno degli altri. La complicità a danno degli altri non è solidarietà di classe, è mafia, quello che i carabinieri per non lavorare chiamano omertà, oberandone, chissà perché, i meridionali. (Ma chi è chi, se non si può – non si poteva, quando c’erano i comunisti - neppure andare al bar con un comunista se non complottando, ai danni propri, di compagni, di amici? Chiedendo il contrario di ciò che si vuole. Soffocante pettegolezzo, dov’era l’allegria? La destra invece pratica la lealtà - borghese, sì, beneducata, ah!).

zeulig@antiit.eu

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