domenica 24 marzo 2019

Senza più gas

L’Italia, che è stata per per decenni l’inventore e il broker del mercato europeo del gas, resta fuori dalle grandi rotte di importazione, dall’ex Unione Sovietica, dal Golfo Persico e dall’Africa. Fra progetti tramontati, nel disinteresse del maggiore importatore, la Snam del gruppo Eni, e confusi veti politici. Con la prospettiva di pagare presto il gas più caro che in qualsiasi altro paese europeo – dopo averne creato il mercato.
Puntare sul gas come fonte di energia pulita è stata una grande invenzione italiana - del gruppo Eni, allora pubblico. Mentre la Francia puntava sul tutto elettrico nucleare, e la Germania su un mix di carbone e nucleare. L’Italia aveva anche creato un’estesa rete di gasdotti, transeuropea e transmediterranea, mobilitando l’importazione di oltre trenta miliardi di metri cubi l’anno.
Dal primo accorco con Mosca, nel 1960, a fine secolo, l’Eni-Snam ha lavorato in posizione di punta in Europa nel mercato dell’energia pulita: all’accordo del 1968 un secondo ne è seguito con Mosca nel 1974, che raddoppiava le importazioni, e nello stesso anno uno ne sottoscriveva con l’Algeria, per un eguale ammontare. Mentre si apriva alle importazioni dall’Olanda e dalla Libia, e lavorava alle importazioni dall’Egitto e dalla Nigeria.  
Poi è venuta la “liberalizzazione” del mercato del gas. Che in Italia ha significato che tutti debbono guadagnarci, tutti gli amici: le aziende municipalizzate e i distributori privati – alcuni, naturalmente. E l’Eni-Snam, ora privatizzato, quindi in una logica di massimizzazione del profitto, non ha più interesse a gestire pipelines per ingrassare gli amici. L’Eni è diventato anche grande produttore di gas in proprio, in Egitto, in Mozambico e altrove, ma preferisce venderlo.

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