domenica 21 aprile 2019

Appalti, fisco, abusi (151)

Si fanno i conti della recente pronuncia della giurisdizione europea contro i criteri restrittivi imposti da Bruxelles e Francoforte agli assetti patrimoniali delle banche italiane, e cioè al calcolo estensivo degli npl, i crediti incagliati, e alla conseguente svendita, e non se ne viene a capo: il danno è di molti miliardi. Oltre alla perdita “reputazionale”. Soprattutto se nel conto, oltre agli effetti del fallimento Tercas, si mettono le jugulazioni subite dal Monte dei Paschi di Siena. 

Né il governo né la Banca d’Italia sono intenzionati a rivalersi in sede giurisdizionale dopo la sentenza della Corte europea, e il danno tanto più per questo si fa incalcolabile. Non ci sono gli strumenti per rivalersi? Il danno è nuovo, senza precedenti, gli strumenti nuovi vanno –andrebbero – elaborati. Naturalmente se cè la volontà.

Si dà per fatto il passaggio all’auto elettrica. Piani d’investimento colossali si annunciano, per orizzonti ravvicinati, a cinque-dieci anni. Magnificando l’accelerazione, 0-100, e la potenza degli elettrici. Ma non si dice a che costo unitario per mezzo, con quanta autonomia per ricarica, con quale organizzazione di ricarica, con quali effetti reali sull’ambiente, mettendo nel conto delle emissioni anche la produzione moltiplicata di elettricità, e lo smaltimento delle batterie esauste. Ora come ora, è solo una operazione commerciale, per ravvivare le vendite. 

Per ridurre i tempi dì ricarica a un minutaggio non molto superiore a quello del rifornimento di carburante, ci vorranno colonnine della potenza di 400-450 kW. Non ci sono oggi batterie in grado di alimentarsi a questa potenza elevata.

Non ci sono del resto nemmeno colonnine di potenza inferiore: quelle interurbane non ci sono di fatto, quelle (poche) urbane in esercizio sono già fuori uso. Le ricariche si fanno in garage, trenta ore per duecento km., il percorso medio giornaliero di un taxi - la categoria di utilizzo che più è dotata di propulsioni elettriche.

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