Con l’elettrico sparisce il metalmeccanico. Il settore
di punta dei paesi industrializzati, in Europa e le Americhe, sia per il valore
della produzione che per l’occupazione e quindi la distribuzione del reddito.
Sono cifre rispettabili che vanno a sparire. L’Acea,
l’associazione europea dei costruttori di auto, calcola 3,4 milioni di addetti
nel vecchio continente. Più qualche milione di meccanici, addetti alle
riparazioni. Quattro milioni di addetti che avranno poco o niente da fare. Sono
– erano nel 2016 – 935 mila in Germania, 213 mila in Francia, 184 mila in
Polonia, 172 mila in Romania, 168 mila nella Repubblica Ceca, 162 mila in
Italia, 155 in Gran Bretagna, 152 mila in Spagna, 93 mila in Ungheria, 72 mila
in Slovacchia.
Secondo il sindacato tedesco, il motore elettrico ridurrà
l’occupazione dell’80-90 per cento. L’industria automobilistica è meno radicale,
ma dà lo stesso riduzioni importanti. La Volkswagen del 30 per cento nell’insieme.
L’Acea del 60 per cento nei comparti powertrain
(propulsione e trasmissione), ricambi, manutenzione.
In Italia le regioni più colpite sarebbero Lucania e
Molise. Non molto in valori assoluti, avendo 8 mila e 2.800 occupati
rispettivamente, ma sì come quota dell’occupazione complessiva, il 36 e il 24
per cento. In Germania potrebbe finire la leadership
economica del Sud: della Svevia (Mercedes, Porsche), con 150 mila addetti, e
della Baviera (Audi, Bmw), con 150 mila – il 28 per cento dell’occupazione
complessiva in entrambe le regioni.
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