mercoledì 3 aprile 2019

Il mondo com'è (371)

astolfo


Finis Americae – È ricorrente nell’opinione americana. Almeno altre tre volte è ricorsa nel dopoguerra. A fine anni 1950, quando lo stesso Kruscev decretava il sorpasso dell’Urss sugli Usa, col primato spaziale - degli Sputnik, della cagnetta Laika, di Juri Gagarin. Per il  Vietnam, nel 1971 con la sospensione a Ferragosto della convertibilità del dollaro in oro, che ne fece per alcuni mesi carta straccia nel mercato dei cambi. E con l’11 settembre. Mentre gli Stati Uniti sono sempre stati indubbiamente la potenza con la più grande e la più estesa forza militare nel mondo – ancora oggi, con due presidenze, Obama e Trump, ufficialmente post-imperialiste e isolazioniste, sono presenti in una ventina di teatri di guerra. E con l’economia più resilient, oltre che più ricca. Ha superato in tempo brevissimo la crisi bancaria del 2007.
Oggi il declino dell’America si ripropone in America al confronto con la Cina. E per il clima.
Sempre si ripropone con presidenze repubblicane di destra – eccettuate cioè le presidenze liberal di Eisenhower e Bush padre: Nixon, Reagan (salvato nell’opinione ex post dal crollo sovietico), Bush jr., Trump. Di presidenti eletti, cioè, con l’obiettivo dichiarato di rafforzare e consolidare la potenza americana. Ma per ciò stesso condannati e oltraggiati dall’opinione pubblica, dai media. Mentre il presidente più amato, Kennedy, conserva immutata dopo mezzo secolo la popolarità come quello che ha rilanciato l’America, benché le abbia imposto le crisi peggiori della sua storia: il muro di Berlino, Cuba, un disastro militare e politico, e il Vietnam, la guerra più costosa della storia e una delle più lunghe e disastrose, quella che ha visto il maggior numero di morti e mutilati americani, e la prima sconfitta.
L’opinione è progressista negli Usa. Ma catastrofista. Del tipo apocalittico, ma rigenerativo o revivalista, che si dice vada col  puritanesimo. E si vuole rigenerativo o revivalista ma di fatto è esclusivista – assolutista in termini politici. Sui contenuti può anche essere reazionario – giustizialista, o sui temi sessuali, e sui guadagni. E ha bisogno di inimicizie, paure, radicali: nel trionfante dopoguerra il comunismo, la guerra atomica, la guerra etnica, il clima, l’invasione dal Sud. Per una sorta di palingenesi, da igiene radicale del mondo. Che poi è il motore anche della supremazia americana – l’“eccezionalismo”.
L’America di fatto oggi si confronta con: 1) masse di sudamericani disorientati e inermi; 2) un paese, sia pure il più grande del mondo per superficie e popolazione, rigidamente comunista che patrocina il mercato più cinico; 3) un clima che non si sa se si riscalda o si raffredda. Avendo perduto, questo sì, la spalla europea, essendo il Vecchio ontinente tanto debole e confuso quanto è presuntuoso.

Metodo Forno – È il sistema giudiziario approntato nel 1989 dal giudice Pietro Forno, sostituto Procuratore a Milano con delega sulle violenze sessuali e la pedofilia. Che a fine Novecento – e in un periodo successivo, dal 2011 - sarà dimostrato in processi famosi di essere una macchina di consulenze, con l’obiettivo precipuo di distruggere le famiglie prima che di colpire gli abusi. E l’effetto secondario di dare in affido – che i Comuni devono pagare, con larghezza – e poi adozione bambini sottratti con la violenza giudiziaria alla famiglia naturale. Una macchina giudiziaria a protezione dei minori che invece ci ha speculato sopra, per soldi e per carriere.
Il “metodo” è stato così sintetizzato dal “Corriere della sera” il 23 dicembre 2000: denunce e testimonianze canalizzate su un nucleo ristretto di polizia; perizie affidate e ginecologi e psicologi che operano d’intesa con Forno, sempre gli stessi (uno dei periti, la ginecologa Cristina Maggioni, si scoprì in un processo che aveva fornito 358 consulenze, retribuite, in nove anni); utilizzo delle confidenze dei bambini agli educatori; coniugi e parenti accusati di complicità quando non confermano le accuse; allontanamento immediato dei bambini dai genitori, d’intesa col Tribunale dei minori; affido immediato dei bambini, d’intesa col Tribunale dei minori,  a strutture private di “tutela dell’infanzia”, sempre le stesse, con pagamento a carico dei Comuni; passaggio immediato dei minori, d’intesa col Tribunale dei minori, al mercato delle adozioni. Con divieto di ascoltare mai gli imputati.  
I consulenti dei due casi contestati erano tutti del Cismai, Coordinamento Italiano Servizi Maltrattamenti all’Infanzia. Collegava 40 Centri Affido, e cento soci nel campo della prevenzione e il trattamento degli abusi sui minori. Uno dei tanti casi di mercato lucroso del terzo settore, del volontariato e dei servizi sociali. I consulenti dei due casi contestati facevano capo alla struttura milanese del Cismai: i ginecologi Cristina Maggioni, Patrizia Gritti e Maurizio Bruni, lo psichiatra Giobatta Guasto, le psicologhe Luisa Della Rosa e Marinella Malacrea. Per l’affido di una bambina, è stato attestato in un processo, il Centro Affido bambini maltrattati, uno dei quattro centri fondati dal Cismai a Milano, dove lavorava la psicologa del caso, Luisa Della Rosa, fatturò per poco più di due anni 150 milioni di lire al Comune di Milano – che poi si rivaleva sulla famiglia.
Dei due casi contestati, che portarono a interrompere la pratica, uno è emerso in tv domenica con lo sceneggiato “L’amore strappato”. Il 24 novembre 1995 una bambina di sette anni, Angela, viene prelevata a scuola in stile commando, da un’assistente sociale e due Carabinieri. Per essere rinchiusa in una casa famiglia, con la spiegazione che i genitori, un imprenditore della periferia milanese e una casalinga, l’hanno abbandonata. Poiché la madre non vuole accusare il marito, come Forno pretende, e anzi protesta pubblicamente incatenandosi davanti al palazzo di Giustizia, non può neanche lei più vedere la figlia. Ai genitori viene tolta la patria potestà, e la bambina data dopo due anni in adozione, malgrado il processo volga a favore del padre imputato. La perizia di Luisa Della Rosa ha contravvenuto di proposito ai protocolli in materia, e si è dimostrato che il giudice Forno agiva d’intesa con Marinella Malacrea, presidente del Caf, Centro di Affido, cui la piccola è stata affidata e socia autorevole Cismai. Dopo due anni e mezzo arriva l’assoluzione. Ma a moglie e marito ci vorranno sette anni per riavere la figlia. Che non li ha visti per quasi undici anni, e li ha quasi dimenticati, e loro non hanno potuto vedere. La ritroveranno del resto solo per caso, per una trama romanzesca. Dalla richiesta del Comune di Milano di risarcimento delle spese sostenute per il Centro di Affido della dottoressa Malacrea capiscono che la figlia trascorreva le vacanze dalle parti di Alassio. Ce la trovano, dopo giorni  di perlustrazioni, la pedinano fino al luogo di residenza della famiglia adottiva, e le fanno avere tramite il fratello un plico con tutta la vicenda e i documenti sulla sua vera identità. Angela non si trova bene nella famiglia adottiva, e dopo l’ennesimo litigio se ne torna autonomamente dai genitori naturali. Sta per compiere i diciott’anni, e quindi poter scegliere da sé. Ma il Tribunale dei minori per salvare la faccia decreta d’urgenza che la famiglia naturale può intanto fungere da affidataria.
L’altro caso scoppia su un procedimento anch’esso avviato da Forno, anch’esso nel 1996, anch’esso con l’ausilio dei periti del Cismai, contro un tassista milanese accusato di abusi sulla figlia. A dicembre del 2000 si tiene infine il processo, l’accusa è svolta da un altro Pubblico ministero, Tiziana Siciliano, e il procedimento viene ribaltato. La giudice Siciliano smonta essa stessa l’accusa, furente e sprezzante contro la consulente Maggioni: “Io, non so… Non ho parole. Nessuno può avere parole…Vi è una amplissima documentazione, fotografica questa volta, quindi qualche cosa che reggerà fino in Cassazione, che contraddice in una maniera così totale le dichiarazioni della dottoressa Maggioni, che ci viene da chiederci se sia una totale incompetente o se sia una persona in malafede. Se io dovessi pensare che è una persona in malafede dovrei chiedere la trasmissione degli atti per falsa perizia. Io non ho elementi per farlo. Mi sgomenta la superficialità: non c’è una fotografia, non c’è una documentazione… E conseguentemente noi prendiamo la perizia della signora Maggioni – mi spiace per l’Erario che le ha pagato la consulenza, Erario che paghiamo tutti noi con le nostre tasse quindi – e la buttiamo via perché non ci ha detto niente….”
Il “metodo Forno” aveva suscitato perplessità in Procura. Ma il capo della Procura, Francesco Saverio Borrelli, lo difendeva. Lo ha difeso anche dopo il processo al tassista. Che ha portato Forno sotto indagine al Csm, per la questione delle consulenze. L’istruttoria del Csm si è allargata ad altri casi, nei quali sono emersi anche un uso illegale delle intercettazioni telefoniche e interrogatori intimidatori delle stesse vittime, vere o presunte. Forno si è difeso, ma ha chiesto il trasferimento. Nel 2004 è stato promosso Procuratore aggiunto a Torino. Nel 2009 è tornato a Milano con la stessa qualifica, che ha esercitato soprattutto sul caso Ruby, fino alla pensione otto anni dopo.  
A Milano dopo il ritorno il giudice Forno si era distinto nel 2011 per un altro caso clamoroso. Nella scuola elementare di Basiglio, o Milano 3, il quartiere più ricco d’Italia, venne trovato sotto il banco di una bambina, dopo una delazione, un disegno osceno. La preside, allertata dalle due maestre, segnalò il fatto al Tribunale dei minori, che dispose l’allontanamento della piccola dalla famiglia e l’affidamento a un centro del Cismai. Un’assistente sociale e lo psicologo della scuola indussero il fratello tredicenne della piccola a confermare in qualche modo il disegno – che recava la didascalia: “X tutte le domeniche fa sesso con suo fratello, per 10 euro, e a lei piace” – aprendo anche per lui la porta del Caf. Una “prigione” durata sessantanove giorni. Pur sapendosi che il disegno era uno scherzo-vendetta di una compagna di scuola. Lo sapevano la preside, Graziella Bonello, e le due maestre, Teresa Naso e Barbara Mazziotti. Che furono poi denunciate, insieme con l’assistente sociale, Federica Micali, e lo psicologo, Luca Motta dall’avvocato della famiglia offesa. La pratica fini a Forno, che la rigettò - ne propose il rigetto al gip, che lo accolse. Per le insegnanti il fatto non costituisce reato, sostenne, perché gli inquirenti non hanno mai posto loro la domanda se il disegno fosse opera della bambina. Per gli altri due dicendo “indimostrabile” il nesso tra l’interrogatorio cui il fratello era stato sottoposto e il trauma subito.  
La vicenda aveva un sottofondo palesemente razzista, di cui questo sito ha dato conto all’epoca:
I fratelli erano di famiglia non abbiente, e meridionale, e per questo deturpavano la scuola elementare e media alla quale erano iscritti. Al loro ritorno a scuola, obbligato, fu inscenata una finta festa, sotto i riflettori della Rai. Ma  la famiglia capì il senso della cosa e sloggiò. Né i fratelli né i genitori hanno mai ricevuto le scuse di nessuno, psicologo, assistente sociale, insegnanti, direttrice. Il Pm Forno e la giudice Anna Maria Gatto sono stati “durissimi”, a detta del loro avvocato, prudente: “Sembrava che la famiglia e i bimbi fossero gli imputati e noi gli orchi cattivi”. Il sindaco di Milano 3, dopo la sentenza, ha accusato i due fratellini di “complotto”, a danno suo e del Comune. 

Norimberga – Fu un vero processo? Sì. Le arringhe finali, della difesa e dell’accusa, e l’impostazione del processo da parte del Procuratore speciale americano Robert Jackson sono da processo classico. L’esito era deciso in partenza, ma nessun giudice avrebbe potuto non condannare in base al dibattimento.
Sono mancati al processo i promotori e organizzatori dei “delitto contro l’umanità” che il processo ha affermato: Himmler suicida, Heydrich assassinato, Eichmann fuggitivo. Processati e giustiziati furono i capi militari e civili di un paese sconfitto. Il processo è stato proposto e si è svolto all’uso dei trionfi romani: l’esibizione del vinto a opera del vincitore. Ma con un atto di autolimitazione importante: si processano e si condannano alcune persone, per responsabilità soggettive, e non la Germania sconfitta, com’era avvenuto a Versailles. In questo senso ha ragione il Procuratore Jackson alla fine del processo: “Il fatto che quattro grandi nazioni, eccitate dalla vittoria e stimolate dal torto subito, sospendano la vendetta e sottopongano volontariamente i propri nemici al giudizio della Legge è uno dei tributi più significativi che il Potere abbia mai pagato alla Ragione”..
L’impostazione è costruita sulla base del precetto consuetudinario: nullum crimen, nulla poena, sine lege. Che sembra applicabile solo ai processi penali e non per responsabilità politiche, decisionali.  All’apertura del processo, per invalidarlo, e poi in ognuna della arringhe finale, la difesa insistette su questo principio giuridico. Nessuno può essere punito sulla base di norme create post factum, e ancora meno di norme ad hoc. L’obiezione è respinta sulla base di due ordini di ragione. Una è il diritto internazionale, che negli anni 1910 (convenzioni dell’Aja) e 1930 (patto di Ginevra, accordi Brian-Kellogg, Società delle Nazioni) ha molto innovato, stabilendo la punibilità delle guerre di aggressione, nonché di atti di singoli contro i cittadini non militarizzati in tempo di guerra. All’obiezione che la Germania non era tra i firmatari di tali innovazioni, non sempre, fu obiettato un “diritto delle genti”, inteso a difendere la “moralità internazionale” – nei termini shakespeariani, partendo da una citazione di “Re Lear”, dell’arringa finale di Jackson: “Se voi, signori della Corte, doveste dire che questi uomini non sono colpevoli, sarebbe come dire che non c’è stata una guerra, non ci sono cadaveri, non c’è stato delitto”. .
Le condanne furono eseguite nelle forme rituali. Compreso il carcere nelle prigioni della nuova Repubblica Federale. Fino all’amnistia di Adenauer nel 1951, che ricalcò quella di Togliatti nel 1946

Usa-Cina – La partita, mantenuta entro termini  commerciali, astraendo curiosamente dallo status di superpotenze militare e stellare della Cina, con politiche e anche azioni aggressive nel Mar Cinese Meridionale, a ridosso del Giappone, e senza riguardo alla manomissione costante a Pechino dei diritti civili, ricalca quella degli anni 1970-1980, da Nixon a Reagan, tra Usa e Giappone – che fino al 2017 è stato a lungo il primo creditore estero degli Stati Uniti, ora superato dalla Cina, che a gennaio deteneva 1.127 (dopo essere arrivata a 1.191 a giugno 2018) miliardi di dollari di Treasury Usa contro i 1.069 detenuti dal Giappone).

I motivi di scontro – di accusa americana – allora erano quelli ora in corso contro la Cina: il mancato rispetto della proprietà intellettuale, la manipolazione del cambio, le pratiche commerciali scorrette. Anche il Giappone era emerso copiando, appropriandosi del know-how altrui, più che, e prima di, svilupparlo in proprio. Si arrivò ripetutamente allora a una quasi rottura, o reiterata minaccia di rottura, che il Giappone infine sopravanzò avviando molte produzioni negli stessi Stati Uniti – sia pure avvantaggiandosi dalle condizioni autorizzative e fiscali di favore di alcuni stati della federazione americana.
Finis Americae – È ricorrente nell’opinione americana. Almeno altre tre volte è ricorsa nel dopoguerra. A fine anni 1950, quando lo stesso Kruscev decretava il sorpasso dell’Urss sugli Usa, col primato spaziale - degli Sputnik, della cagnetta Laika, di Juri Gagarin. Per il  Vietnam, nel 1971 con la sospensione a Ferragosto della convertibilità del dollaro in oro, che ne fece per alcuni mesi carta straccia nel mercato dei cambi. E con l’11 settembre. Mentre gli Stati Uniti sono sempre stati indubbiamente la potenza con la più grande e la più estesa forza militare nel mondo – ancora oggi, con due presidenze, Obama e Trump, ufficialmente post-imperialiste e isolazioniste, sono presenti in una ventina di teatri di guerra. E con l’economia più resilient, oltre che più ricca. Ha superato in tempo brevissimo la crisi bancaria del 2007.
Oggi il declino dell’America si ripropone in America al confronto con la Cina. E per il clima.
Sempre si ripropone con presidenze repubblicane di destra – eccettuate cioè le presidenze liberal di Eisenhower e Bush padre: Nixon, Reagan (salvato nell’opinione ex post dal crollo sovietico), Bush jr., Trump. Di presidenti eletti, cioè, con l’obiettivo dichiarato di rafforzare e consolidare la potenza americana. Ma per ciò stesso condannati e oltraggiati dall’opinione pubblica, dai media. Mentre il presidente più amato, Kennedy, conserva immutata dopo mezzo secolo la popolarità come quello che ha rilanciato l’America, benché le abbia imposto le crisi peggiori della sua storia: il muro di Berlino, Cuba, un disastro militare e politico, e il Vietnam, la guerra più costosa della storia e una delle più lunghe e disastrose, quella che ha visto il maggior numero di morti e mutilati americani, e la prima sconfitta.
L’opinione è progressista negli Usa. Ma catastrofista. Del tipo apocalittico, ma rigenerativo o revivalista, che si dice vada col  puritanesimo. E si vuole rigenerativo o revivalista ma di fatto è esclusivista – assolutista in termini politici. Sui contenuti può anche essere reazionario – giustizialista, o sui temi sessuali, e sui guadagni. E ha bisogno di inimicizie, paure, radicali: nel trionfante dopoguerra il comunismo, la guerra atomica, la guerra etnica, il clima, l’invasione dal Sud. Per una sorta di palingenesi, da igiene radicale del mondo. Che poi è il motore anche della supremazia americana – l’“eccezionalismo”.
L’America di fatto oggi si confronta con: 1) masse di sudamericani disorientati e inermi; 2) un paese, sia pure il più grande del mondo per superficie e popolazione, rigidamente comunista che patrocina il mercato più cinico; 3) un clima che non si sa se si riscalda o si raffredda. Avendo perduto, questo sì, la spalla europea, essendo il Vecchio ontinente tanto debole e confuso quanto è presuntuoso.

Metodo Forno – È il sistema giudiziario approntato nel 1989 dal giudice Pietro Forno, sostituto Procuratore a Milano con delega sulle violenze sessuali e la pedofilia. Che a fine Novecento sarà dimostrato in due processi famosi di essere una macchina di consulenze, con l’obiettivo precipuo di distruggere le famiglie prima che di colpire gli abusi. E l’effetto secondario di dare in adozione bambini sottratti con la violenza giudiziaria alla famiglia naturale. Una macchina giudiziaria a protezione dei minori che invece ci ha speculato sopra, per soldi e per carriere.
Il “metodo” è stato così sintetizzato dal “Corriere della sera” il 23 dicembre 2000. Denunce e testimonianze canalizzate su un nucleo ristretto di polizia; perizie affidate e ginecologi e psicologi che operano d’intesa con Forno, sempre gli stessi (uno dei periti, la ginecologa Cristina Maggioni,  fornì 358 consulenze, retribuite, in nove anni); utilizzo delle confidenze dei bambini agli educatori; coniugi e parenti accusati di complicità quando non confermano le accuse; allontanamento immediato dei bambini dai genitori, d’intesa col Tribunale dei minori; affido immediato dei bambini, d’intesa col Tribunale dei minori,  a strutture private di “tutela dell’infanzia”, sempre le stesse, con pagamento a carico dei Comuni; passaggio immediato dei minori, d’intesa col Tribunale dei minori, al mercato delle adozioni. Con divieto di ascoltare mai gli imputati.  
I consulenti dei due casi contestati erano tutti del Cismai, Coordinamento Italiano Servizi Maltrattamenti all’Infanzia. Collegava 40 centri e cento soci nel campo della prevenzione e il trattamento degli abusi sui minori. I consulenti dei due casi contestati facevano capo alla struttura milanese del Cismai: i ginecologi Cristina Maggioni, Patrizia Gritti e Maurizio Bruni, lo psichiatra Giobatta Guasto, le psicologhe Luisa Della Rosa e Marinella Malacrea. Per l’affido di una bambina, è stato attestato in un processo, il Centro aiuto famiglia e bambini maltrattati, uno dei quattro centri fondati dal Cismai, dove lavorava la psicologa del caso, Luisa Della Rosa, fatturò per due anni 150 milioni di lire al Comune di Milano, cinque milioni quattrocentomila lire al mese.
Dei due casi contestati, che portarono a interrompere la pratica, uno è emerso in tv domenica con lo sceneggiato “L’amore strappato”. Una bambina di sei anni viene prelevata a scuola in stile commando, da un’operatrice sociale e due Carabinieri, rinchiusa in una casa famiglia, con la spiegazione che i genitori, un imprenditore della periferia milanese e una casalinga, l’hanno abbandonata. Poiché la madre non vuole accusare il marito, come Forno pretende, non può neanche lei più vedere la figlia. Ai genitori viene tolta la patria potestà, e la bambina data dopo due anni in adozione, malgrado il processo volga a favore del padre imputato. La perizia di Luisa Della Rosa ha contravvenuto di proposito ai protocolli in materia, e si è dimostrato che il giudice Forno agiva d’intesa con Marinella Malacrea, presidente del Centro cui la piccola è stata affidata e socia autorevole Cismai. Dopo due anni e mezzo arriva l’assoluzione. Ma a moglie e marito ci vorranno sette anni di pratiche per riavere la figlia. Che non li ha visti per quasi undici anni, e li ha quasi dimenticati, e loro non hanno potuto vedere.
L’altro caso scoppia su un procedimento anch’esso avviato da Forno, anch’esso nel 1996, anch’esso con l’ausilio dei periti del Cismai, contro un tassista milanese accusato di abusi sulla figlia. A dicembre del 2000 si tiene infine il processo, l’accusa è svolta da un altro Pubblico ministero, Tiziana Siciliano, e il procedimento viene ribaltato. La giudice Siciliano smonta essa stessa l’accusa, furente e sprezzante contro la consulente Maggioni: “Io, non so… Non ho parole. Nessuno può avere parole…Vi è una amplissima documentazione, fotografica questa volta, quindi qualche cosa che reggerà fino in Cassazione, che contraddice in una maniera così totale le dichiarazioni della dottoressa Maggioni, che ci viene da chiederci se sia una totale incompetente o se sia una persona in malafede. Se io dovessi pensare che è una persona in malafede dovrei chiedere la trasmissione degli atti per falsa perizia. Io non ho elementi per farlo. Mi sgomenta la superficialità: non c’è una fotografia, non c’è una documentazione… E conseguentemente noi prendiamo la perizia della signora Maggioni – mi spiace per l’Erario che le ha pagato la consulenza, Erario che paghiamo tutti noi con le nostre tasse quindi – e la buttiamo via perché non ci ha detto niente….”
Il “metodo Forno” aveva suscitato perplessità in Procura. Ma il capo della Procura, Borrelli, lo difendeva. Lo ha difeso anche dopo il processo al tassista. Che ha portato Forno sotto indagine al Csm, per la questione delle consulenze. L’istruttoria del Csm si è allargata ad altri casi, nei quali sono emersi anche un uso illegale delle intercettazioni telefoniche e interrogatori intimidatori delle stesse vittime, vere o presunte. Forno si è difeso, ma ha chiesto il trasferimento. Nel 2004 è stato promosso Procuratore aggiunto a Torino. Nel 2009 è tornato a Milano con la stessa qualifica, che ha esercitato soprattutto sul caso Ruby, fino alla pensione otto anni dopo.  

Norimberga – Fu un vero processo? Sì. Le arringhe finali, della difesa e dell’accusa, e l’impostazione del processo da parte del Procuratore speciale americano Robert Jackson sono da processo classico. L’esito era deciso in partenza, ma nessun giudice avrebbe potuto non condannare in base al dibattimento.
Sono mancati al processo i promotori e organizzatori dei “delitto contro l’umanità” che il processo ha affermato: Himmler suicida, Heydrich assassinato, Eichmann fuggitivo. Processati e giustiziati furono i capi militari e civili di un paese sconfitto. Il processo è stato proposto e si è svolto all’uso dei trionfi romani: l’esibizione del vinto a opera del vincitore. Ma con un atto di autolimitazione importante: si processano e si condannano alcune persone, per responsabilità soggettive, e non la Germania sconfitta, com’era avvenuto a Versailles. In questo senso ha ragione il Procuratore Jackson alla fine del processo: “Il fatto che quattro grandi nazioni, eccitate dalla vittoria e stimolate dal torto subito, sospendano la vendetta e sottopongano volontariamente i propri nemici al giudizio della Legge è uno dei tributi più significativi che il Potere abbia mai pagato alla Ragione”..
L’impostazione è costruita sulla base del precetto consuetudinario: nullum crimen, nulla poena, sine lege. Che sembra applicabile solo ai processi penali e non per responsabilità politiche, decisionali.  All’apertura del processo, per invalidarlo, e poi in ognuna della arringhe finale, la difesa insistette su questo principio giuridico. Nessuno può essere punito sulla base di norme create post factum, e ancora meno di norme ad hoc. L’obiezione è respinta sulla base di due ordini di ragione. Una è il diritto internazionale, che negli anni 1910 (convenzioni dell’Aja) e 1930 (patto di Ginevra, accordi Brian-Kellogg, Società delle Nazioni) ha molto innovato, stabilendo la punibilità delle guerre di aggressione, nonché di atti di singoli contro i cittadini non militarizzati in tempo di guerra. All’obiezione che la Germania non era tra i firmatari di tali innovazioni, non sempre, fu obiettato un “diritto delle genti”, inteso a difendere la “moralità internazionale” – nei termini shakespeariani, partendo da una citazione di “Re Lear”, dell’arringa finale di Jackson: “Se voi, signori della Corte, doveste dire che questi uomini non sono colpevoli, sarebbe come dire che non c’è stata una guerra, non ci sono cadaveri, non c’è stato delitto”. .
Le condanne furono eseguite nelle forme rituali. Compreso il carcere nelle prigioni della nuova Repubblica Federale. Fino all’amnistia di Adenauer nel 1951, che ricalcò quella di Togliatti nel 1946

Usa-Cina – La partita, mantenuta entro termini  commerciali, astraendo curiosamente dallo status di superpotenze militare e stellare della Cina, con politiche e anche azioni aggressive nel Mar Cinese Meridionale, a ridosso del Giappone, e senza riguardo alla manomissione costante a Pechino dei diritti civili, ricalca quella degli anni 1970-1980, da Nixon a Reagan, tra Usa e Giappone – che fino al 2017 è stato a lungo il primo creditore estero degli Stati Uniti, ora superato dalla Cina, che a gennaio deteneva 1.127 (dopo essere arrivata a 1.191 a giugno 2018) miliardi di dollari di Treasury Usa contro i 1.069 detenuti dal Giappone).
I motivi di scontro – di accusa americana – allora erano quelli ora in corso contro la Cina: il mancato rispetto della proprietà intellettuale, la manipolazione del cambio, le pratiche commerciali scorrette. Anche il Giappone era emerso copiando, appropriandosi del know-how altrui, più che, e prima di, svilupparlo in proprio. Si arrivò ripetutamente allora a una quasi rottura, o reiterata minaccia di rottura, che il Giappone infine sopravanzò avviando molte produzioni negli stessi Stati Uniti – sia pure avvantaggiandosi dalle condizioni autorizzative e fiscali di favore di alcuni stati della federazione americana.

astolfo@antiit.eu

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