lunedì 29 aprile 2019

Il lavoro si crea


Il “Corriere della sera” confina al supplemento “Trovo lavoro” la semplice acuta analisi del “lavoro che non si trova” che fa Polito. Cui bastano due soli riferimenti per inquadrare il problema. La ricerca inglese di quindici ani fa, nell’euforia da new economy, del lavoro semplificato e moltiplicato dall’Ict, l’information technology, che al primo posto nei mestieri più richiesti del ventennio successivo metteva parrucchieri e badanti – i servizi alla famiglia. E l’esperienza vissuta da Einaudi un secolo fa, da lui affidata a una delle “Prediche inutili” nel 1953, del vaccaro nel podere di un noto economista negli Usa che era risultato un laureato (diplomato) dell’università in cui l’economista insegnava - con questa postilla dell’ex presidente: “I milioni di baccellieri e di masters, i quali escono dagli istituti universitari americani, sanno che il diploma non dà diritto a nulla”.
La verità sul lavoro è che il lavoro si crea e non si trova. Non c’è un mercato del lavoro con le offerte bene esposte a cui ognuno fa aderire la sua vocazione o ambizione. Bisogna adattarsi, accettando, cambiando luogo e occupazione, migliorandosi. A meno che. A  meno che per lavoro non si intenda il posto. Che è quello che intende il “laureato” in Italia.
Si spiegano così anche i due paradossi italiani. Che i laureati siano troppo pochi, molti di meno che nel resto dell’Europa, ma non trovino lo stesso lavoro – non lo cercano: l’Italia ha il record della disoccupazione giovanile. E che buona parte di queste lauree siano del tutto inutili ai fini di un’occupazione - danno il titolo per il concorso e basta: scienze dell’informazione, scienze della formazione, scienze di ogni tipo, purché di esami pochi e facili.

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