Cinque racconti sulla
vecchiaia, tema malinconico. Che però Magris orchestra vivace, miglior narratore
breve, da “Illlazioni su una sciabola” in qua, che romanziere. Colorati dalla
riflessione sul tempo, a Krems, a Trieste, a Lu Monferrato, che è un altro
concetto di tempo, elusivo (“straziante”). Questo attorno a un tema più
semplice e robusto, gli amori giovanili, di un’altra gioventù, per la bella del
liceo. Non detti, non provati, devoti. Un esercizio personale agli incanti della
vita – la ragazza è “il segno del futuro”. Racconti felici alla fine e non tristi,
benché febbrili – si naviga nella vecchiaia come dentro le cataratte nel fiume.
Per i germanisti poi, si sa,
tra Nietzsche e Ibsen, e il “geniale e talora pomposo professore di Jena”, Hegel,
è anche più dura: “Tanti annunci della fine della civiltà – dopo la quale non
c’era stato alcun nuovo inizio”. Il papa tedesco è di qualche conforto: “Vita eterna,
dunque? Sì, ma qui e ora” – detto e scritto “da uno che chiamano Sua Santità”,
benché “a disagio e imbranato nel suo abito bianco”. Si naviga male per
principio: “Eterno dileguare, eterno essere” - “tutto sommato meglio stare al
Caffè che nella Storia”.
Con una curiosa, per un
triestino, avversione al mare. Tanto più curiosa per accompagnarsi la lettura
alla storia del minatore abruzzese ultranovantenne che ogni giorno si fa
sessanta km in macchina per respirare col mare sulla spiaggia di Giulianova, “un
regalo di Dio”. Le proprie prigioni sono le più afflittive.
Claudio Magris, Tempo curvo a Krems, Garzanti, pp. 91,
ril. € 15
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