sabato 13 aprile 2019

Il tempo della vecchiaia come prigione

“Forse il Danubio nei pressi di Krems era l’Oceano che stringe in cerchio il mondo, acque che scorrono e nello stesso istante ritornano, rive che si rispecchiano sempre nelle sue onde”. A Krems si origina l’epifania del “vecchione di Svevo”, che incanala “nel ricordo il conto lasciato aperto, anzi neanche acceso, mezzo secolo prima, perché nel presente la luce della vita è offuscata dall’angoscia di vivere”.
Cinque racconti sulla vecchiaia, tema malinconico. Che però Magris orchestra vivace, miglior narratore breve, da “Illlazioni su una sciabola” in qua, che romanziere. Colorati dalla riflessione sul tempo, a Krems, a Trieste, a Lu Monferrato, che è un altro concetto di tempo, elusivo (“straziante”). Questo attorno a un tema più semplice e robusto, gli amori giovanili, di un’altra gioventù, per la bella del liceo. Non detti, non provati, devoti. Un esercizio personale agli incanti della vita – la ragazza è “il segno del futuro”. Racconti felici alla fine e non tristi, benché febbrili – si naviga nella vecchiaia come dentro le cataratte nel fiume.
Per i germanisti poi, si sa, tra Nietzsche e Ibsen, e il “geniale e talora pomposo professore di Jena”, Hegel, è anche più dura: “Tanti annunci della fine della civiltà – dopo la quale non c’era stato alcun nuovo inizio”. Il papa tedesco è di qualche conforto: “Vita eterna, dunque? Sì, ma qui e ora” – detto e scritto “da uno che chiamano Sua Santità”, benché “a disagio e imbranato nel suo abito bianco”. Si naviga male per principio: “Eterno dileguare, eterno essere” - “tutto sommato meglio stare al Caffè che nella Storia”. 
Con una curiosa, per un triestino, avversione al mare. Tanto più curiosa per accompagnarsi la lettura alla storia del minatore abruzzese ultranovantenne che ogni giorno si fa sessanta km in macchina per respirare col mare sulla spiaggia di Giulianova, “un regalo di Dio”. Le proprie prigioni sono le più afflittive.  
Claudio Magris, Tempo curvo a Krems, Garzanti, pp. 91, ril. € 15

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