L’indovino cieco, che “di ogni
essere umano” che incontra vede “istantaneamente il futuro prossimo e lontano”.
Il vedere – sapere, capire, immaginare – come condanna. Edipo è il risvolto
dell’ovvio, pericolante se non negativo, tendente al tragico.
Il trasformista, il
personaggio dalle mille vite, la memoria vivente dei miti e le paure
dell’antica Grecia, Camilleri racconta al modo suo, arguto e sapido, basandosi
su testi vecchi e nuovi che ne rinfrescano la memoria. Da Esiodo a Ovidio,
Orazio, Giovenale, i tanti lo hanno rimesso in scena, Dante, gli umanisti, e da
ultimo T.S. Eliot, Pound, Pasolini, Primo Levi. Passando naturalmente per Edipo e Freud.
Una prova di forza. Non tanto
per i testi, che Camilleri ha ritracciato da Emilia Di Rocco, “Io Tiresia. Metamorfosi di
un profeta”. Quanto per lo stesso scrittore regista, che si voluto identificare
nel personaggio personalmente, a 93 anni, seppure da seduto, ma per un’ora e
mezza di filata, al teatro Greco di Siracusa, senza teleprompter – il “gobbo”. Essendo la cecità sces a anche su di lui.
Andrea Camilleri, Conversazioni su Tiresia, Sellerio, pp.
63 € 8
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