Più vero è che il mutamento non è di
oggi. Oggi è solo detto, mentre prima era fattuale e non propagandato, l’antinazionalismo
avendo in Germania ancora forza censoria. Ed era probabilmente inevitabile: la
Germania unita, senza più i russi a Berlino, russi allora temuti, è un altro
animale che la Germania di Bonn. Quella con cui gli studiosi sono cresciuti, e
che ha portato all’Unione Europea, fino all’euro. Ed è probabilmente più Germania,
più intrinsecamente tedesca (continentale, centripeta), quella di Bonn
dovendosi ritenere una parentesi. Ancorché in armonia col ’48 tedesco, il 1848,
che fu una primavera democratica tedesca, protagonisti Marx, Wagner, eccetera, messa presto a tacere dalla reazione, e poi dal germanesimo, dal primato.
Una sintesi ne era però stata fatta, e detta:
“L’Europa ha vissuto ricca dopo la guerra per trenta anni senza la
Germania, mai così prospera. Finché non ha sentito il bisogno della follia tedesca.
E ora è senza futuro. Sì, è vittima degli inverni demografici, specie l’Italia
- ma pure la Germania è una Schrumpfnation,
un paese che si restringe. Dei debiti, della sanità e le pensioni insostenibili,
e della globalizzazione: non più competitiva, rassegnata, implodente. Ma anche
della Germania, che sa come l’Europa si annienti con le sue stesse armi,
protervia e inquietudine.
“Nell’autodifesa
che ritenne necessaria da germanofilo, nel ‘44, Croce sancisce nel titolo e nel
testo un “dissidio spirituale della Germania con l’Europa”. Per la mancata
latinizzazione e non solo. Di un’egemonia che non vuole associare ma asservire:
“Nominor quia leo” - il dissidio lo
sanciva già nel ’32 «Lo spirito tedesco in pericolo», studio e titolo di
Curtius il latinista: non è che non si vedesse. La Germania qualche lezione nei
trent’anni di guerra fredda l’ha imparata. Ma il fondo riemerge, ora che
l’Europa non ha federatore esterno, non più Stalin e neppure gli Usa, che la
globalizzazione proietta sul Pacifico. A Bonn molto pesava la Germania romanizzata,
da Augusta a Colonia, di qua dal limes
- esso stesso luogo di “paesaggi meravigliosi, resti di grande valore storico,
vini sublimi”, Giorgio Pasquali notava. Su Berlino pesa l’Ostelbien,
di là dell’Elba.
………..
“La
Germania dopo il Muro è un’altra. Non avendo più la temuta Russia, non ritiene
di doversi schiacciare sull’Europa e l’Occidente, come faceva Bonn. L’ha pure
detto, in più modi, ma l’Europa non ascolta” (G.Leuzzi, “Gentile
Germania”, 2014).
Un mutamento che non appare difficile
da individuare. Non fosse la Germania, così vicina, così lontana.
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