lunedì 1 aprile 2019

L’amaro business della pedofilia

Durissimo atto d’accusa di Simona Izzo e Ricky Tognazzi, violento, al “sistema Forno”, al business che si era instaurato venti anni fa contro la famiglia, come lotta agli abusi sessuali in famiglia contro i bambini. Che tante famiglie e tanti bambini ha disgregato, nel milanese, a Roma (la Procura di Tivoli s’inventò perfino un rito satanico scolastico), in Sicilia. A vantaggio di una serie di donne spregiudicate, ginecologhe, psicologhe, neuropsichiatre, al coperto del solito giudice carrierista della Procura di Milano, nonché delle giudici senza giudizio, e forse colluse in un sistema corrotto di affidamenti e adozioni, del Tribunale dei minori. Nel quadro di un assalto femminista alla famiglia come istituzione.  Nel giorno del Congresso mondiale delle famiglie a Verona. E della difesa cui Giulia Bongiorno è stata obbligata che ha osato menzionare donne “isteriche” senza virgolette.
Una storia di abusi, a danno di una bambina. Di tutte donne: consulenti,  giudici, madri, figlie. Una testimonianza quindi, involontaria?, anche della condizione impoverita della donna in Italia, vittima di un perverso femminismo. Nel caso migliore disorientante, ma le più per i soldi e la carriera. Di maschile perverso c’è solo il Tribunale, tre giudici che condannano il padre pur sapendolo innocente, a una pena perfino assurda - ma lì conta la funzione più che il genere: il giudice italiano si ritiene assoluto, legibus solutus, fa quello che gli pare.
Lo sceneggiato è catartico per questo, per prendere decisamente parte. Ma con un amaro retrogusto, purtroppo comune in Italia a ogni opera riparatrice di una calunnia o un sopruso: si sa, più o meno, chi sono le vittime, anche i minori, mentre i persecutori, in questo caso anche sfruttatori, e anzi “mostri”, sono protetti, niente nomi, niente addebiti, niente punizioni. Ma non se ne può fare colpa agli autori: è la giustizia che non ha ritenuto di procedere contro consulenti e giudici calunniatori di progetto, per il business delle case-famiglia (affidi) e per quello delle adozioni.
Lo sceneggiato si ambienta anzi a Roma per evitare la seppure minima indicazione in questo senso. Ed è un peccato – il fatto vero su cui lo sceneggiato è costruito avvenne a Milano, dove la cosa non fu episodica, ma parte di un business redditizio e spregiudicato, all’ombra della Procura incorrotta di Borrelli, molto milanese. Nel film, ma anche nella storia vera, contro il padre la psicologa diagnostica alla bambina un PTSD, il disordine da stress post-traumatico, post traumatic stress disease, che lei stessa le ha causato… E questa donna insegna alla Statale di Milano.  

Simona Izzo-Ricky Tognazzi, L’amore strappato, Canale 5

Nessun commento:

Posta un commento