martedì 30 aprile 2019

L’insopportabile Socrate

In un’epoca in cui tutti siamo saputi – siamo Socrate – quello vero è solo opportuno. Non il sospetto e il complottismo ma la disponibilità amabile alla ricerca.
La disponibilità è in sé amabile, anche se il Socrate storico fu un provocatore. Non lo fu a fini eversivi, Socrate non è un cinico. È uno che sostiene: “Nessuno sbaglia di sua propria volontà”. Un presupposto conoscitivo (logico) più che etico, e tuttavia pregno di bontà, di umana connivenza.
Radice apre con l’eccezione Socrate: “Socrate era brutto” è l’incipit. In una città, Atene, che faceva della bellezza una virtù, la virtù. E sarà un personaggio ma anche una traccia: Socrate è uno per Platone (è più di uno anche per Platone…), uno “metafisico o addirittura cristiano”, e uno umanista, il “Sancte Socrates, ora pro nobis” di Erasmo. Ma non è vero che Socrate è molteplice, cioè sfuggente – è anche poco, bisogna dire tra parentesi, per i filosofi, che non lo amano. È semplicemente, come disse Cicerone, quello che ha portato la filosofia dal cielo in terra, dall’argomentazione astrusa a quella logica e morale. 
Ritenuto da un paio di secoli, anzi da tre, il padre dell’agnosticismo, della critica alle posizioni assolute o universali, è invece l’assertore della verità, nella sua unica forma pensabile, “so di non sapere”, della conoscenza come ricerca. Quello per il quale la virtù è scienza, conoscenza.
Il metodo socratico è di molta virtù. L’uomo è invece faticoso, spesso insopportabile – si può dare ragione a Nietzsche almeno in questo. Nei dialoghi di Platone, che monopolizza: un chiacchierone, che passava le mattine a importunare gli ateniesi nelle piazze e nei mercati. E nel processo, quando provocò senza necessità la folta giuria, 1501 persone. Sia al momento di decidere la colpevolezza che dopo, quando andava decisa la pena.  Giungendo, dopo la condanna risicata, a farsi mandare a morte con una maggioranza di due terzi, e a chiedere sfottente come pena alternativa, cui aveva diritto, non l’autoesilio (così si era regolato Anassagora), ma il mantenimento a vita, a spese dello Stato, nel luogo più augusto della città, il Pritaneo che lo giudicava.
Con una cronografia dettagliata, una piccola antologia, e una bibliografia accessibile.

Roberto Radice (a cura di), Socrate, suppl. Corriere della sera, pp. 167, ill., gratuito col giornale 

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