Una bambina rapita a scuola, da
un’assistente sociale e due Carabinieri. Senza spiegazioni, se non quella falsa,
“i tuoi genitori ti hanno abbandonata”. Dipoi sottratta per undici anni ai
genitori. Data in affidamento a un Centro di affido, di cui sono direttrici e socie
psicologhe, assistenti sociali e ginecologhe all’origine del rapimento. Per
pagarsi cinque milioni e mezzo di lire al mese per l’affido – dal Comune di
Milano che si rivale sul padre della bambina, un imprenditore. Per poi darla in adozione, a famiglia selezionata,
in un vero e proprio mercato – questa sì, questa no, questa in prova, con
diritto alla “restituzione”.
Una delle tante storie sordide
impiantate a Milano vent’anni fa per sfruttare l’ondata emotiva contro gli
abusi sui bambini, che peraltro alimentava. Nel quadro di una più sottile
guerra alla famiglia – alla “famiglia tradizionale”. Con la complicità di un
giudice della Procura di Milano, che ci ha costruito sopra una carrier, per
meriti laici.
Un caso fra i tanti, di “orchi”
a cacia di “orchi”. Nella fattispecie l’accusa di pedofilia contro il padre era
inventata dalla psicologa. E si è dimostata infondata al processo. Ma intanto
il padre si è fatto due anni e mezzo di carcere. La moglie è stata angariata
dal giudice dela Procura Milanese e dalle giudici del Tribunale dei minori perché
accusasse il marito. E non ha potuto vedere la sua bambina per undici anni, benché
il marito fosse stato presto assolto, il Tribunale dei minori non potendo
rivedere la sua decisione sull’adozione, evidentemente a un prezzo. La bambina,
rapita a scuola a sette anni, è cresciuta sapendo che i suoi genitori l’avevano
abbandonata, e poi li ha dimenticati. A opera di di un mondo che, ben
retribuito sulle casse pubbliche, alfiere del terzo settore che le idealità ha
convertito in grettissimi interessi, qui perfino violenti, facendosi scudo
della “protezione del minore”. La bambina dicendo vittima del PTSD, il
malessere da stress post-traumatico, che questi stessi gretti interessi hanno procurato…
La storia è raccontata dalla
vittima e scritta dai due giornalisti con brio, ma è da brividi. Anche perché la
stessa scrittura è molto milanese, cioè rispettosa. Mentre comportamenti criminali
emergono netti. E nessuna azione penale è stata promossa contro i giudici e i
loro consulenti, benché abbiamo agito contro ogni deontologia e perfino illegalmente
– formalmente cioè.
La bambina viene data in
adozione quando era in arrivo l’assoluzione del padre, non si poteva aspettare
una settimana di più. C’è un mercato delle adozioni? Sì, attorno al Cismai, l’organizzazione
di ginecologhe, psicologhe e psicoanaliste (un’altra specificità della vicenda è
che si tratta quasi soltanto di donne, eccetto il giudice Forno, che dirige l’orchestra,
e uno o due maschietti smarriti al Cismai, più naturalmente gli orchi) a
protezione dei minori che si fa pagare un affido cinque milioni e mezzo al mese
– di lire, ma sono sempre tante. Per undici anni ad Angela si fa credere che i
genitori l’hanno abbandonata. É
deontologia o criminalità? E si frappone
ogni osatcolo, anche la minaccia, ai genitori che la cercano. Il pm dell’inchiesta
– Forno – ricatta la madre della bambina? Si.
La storia della ghenga degli
affidi e adozioni è venuta sui giornali e in tv nel 2001-2002. Ma i genitori
della figlia rapita hanno dovuto aspettare per rivederla fino al 2006 – quando
la ragazza, prossima ai diciott’anni, avrebbe comunque abbandonato la famiglia
adottiva. Dopo averla ritrovata per caso, malgrado negli undici anni di separazione
non abbiano cessato di cercarla un istante: dalle fatture del Comune di Milano
per il costoso affido al Cismai hanno dedotto che era stata dislocata in un
loro centro ad Alassio, e qui data in adozione a una famiglia che ci passava le
vacanze…
Romanzesco. Ma quanto marcio.
Angela L.-Maurizio Tortorella-Caterina
Guarneri, Rapita dalla giustizia,
Bur, pp. 207 € 12
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