Ci sarà più Europa o più America in Cina al termine
dei negoziati che Trump ha aperto con Pechino? Più America, è inevitabile. È il
senso vero dei lamenti europei sul protezionismo di Trump, e il lato debole dell’Europa.
Verso la Cina e verso gli Stati Uniti.
La trattativa è a tre, in realtà, con l’Europa terzo
incomodo silente. Ma dipendente. E dalla Cina forse più che dagli Usa – la
Grmania sicuramente, e quindi economie come qualla italiana.
La triangolazione la Ue ha impostato classicamente,
col documento delle “quattro Cine” con cui confrontarsi: un partner commerciale, un partner negoziale,
un concorrente, un rivale. Un po’ alla maniera cinese, ma dottrinale, e forse
solo burocratica: il documento dice solo che l’Europa non ha una leva nel
rapporto con Pechino.
A meno di un fallimento tra Usa e Cina, improbabile perché
nessuno dei due lo vuole, il mercato cinese
sarà inevitabilmente più aperto alle importazioni dagli Stati Uniti, e aperto
infine, dopo vari sotterfugi, ala “industria finanziaria” americana, banche,
banche d’affari, assicurazioni eccetera.A danno, evidentemente, dell’Europa,
che ha un’offerta, di merci e servizi, analoga e concorrente a quella
americana.
L’Europa è in ulteriore difficoltà per aver concesso
alla Cina in passato libertà totale d’investimento. Anche nelle infrastrutture.
Al contrario degli Stati Uniti. La presenza cinese in Europa è diventata in
pocchissimi anni, la più importante presenza straniera. Dopo quella americana,
ma con questa in ritiro (General Motors, Ford eccetera), mentre quella cinese è
in ascesa rapidissima e sostanziale. Dall’acquisto della Pirelli al rilancio della
Volvo e al 10 per cento di Deutsche Bank.
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