Cultura
di massa
- Lungo il percorso per visitare San Pietro, un flusso ininterrotto di
visitatori che entra dalla porta sinistra ed esce dalla destra, dopo l’uscita incontra
una mostra a ingresso gratuito, su un dipinto di Leonardo, molto segnalata, con
striscioni e teleri giganti. Ma pochissimi entrano, il genere insegnanti, in
pensione. Nemmeno per dare un occhiata, vedere di che si tratta. La cultura di
massa non esiste, è l’incultura?
Il turismo è ben cultura di massa. E
porta a scoprire nuove realtà, anche se in modo superficiale, limitato. O non
piuttosto ne è la curvatura? La sterilizzazione della naturale curiosità, oltre
i limiti della propria conoscenza.
Leonardo è comunque un nome. Ma non un nome da social, e dunque non esiste. La
cultura di massa è una limitazione della cultura, non una frontiera che
comunque si apre, sia pure per uno spiraglio.
Eternità – Non ha prima
né dopo. È l’immortalità che Pavese fa declinare a Calipso in “Dialoghi con
Leucò”: “Di morire non spero. E non spero di vivere. Accetto l’istante”. Con un
sottinteso, però, di speranza – fiducia, serenità: “Che cos’è la vita eterna se
non questo accettare l’istante che viene e l’istante che va?”, Calipso chiude
le obiezioni di Odisseo.
Identitità –
leghismo, sovranismo - L’insorgenza è identitaria – non da ora, ma ora
dilagante, “giustificata”. In un filone chiuso, esclusivista. Accorto, “furbo”,
tra i lombardi, quasi un partita di dare e avere. Ingenuo, ridicolo, tra i
veneti, nella forma e nella sostanza – con le targhe stradali doppiate in dialetto,
che è il più italiano dei dialetti.
C’è
un ritorno del nazionalismo ottocentesco, cessati i vincoli unitari del
dopoguerra, della guerra fredda, dei blocchi. Nel senso della ricostituzione di
una consistenza etnica, propria. È l’appropriazione della tensione terzomondista,
della riqualificazione dei reietti, sulla scia dell’“Orfeo nero” di Sartre, e
di Frantz Fanon: i subaltern studies,
le afroamericane “radici”, l’ebraismo sionista, divisivo, impositivo, il
cosmopolitismo critico di Jumpa Lahiri (La nuova terra” – “Unaccustomode Earth”)
- che trova pratica in Italia, nell’adozione dell’italiano, lingua marginale ma
forse neutra, da parte di molti scrittori stranieri. Ma più cauto (circospetto)
politicamente: la deriva leghista (esclusivista), il veteronazionalismo sionista,
catalano, albanese, fiammingo. Dell’identità come isola, affermazione esclusiva
e impositiva, imperialista. Anche attiva, e comunque passiva: solidarietà
identitaria oltre ogni limite,assortita di jngoismo e degli otto-novecenteschi
primati.
Quotidianeità – Il peso dell’ananke è in funzione inversa
dell’attività. Dei carcerati. Dei pensionati, della sindrome da depressione. Si
fanno tante più cose indigeste, inutili (la burocrazia), irritanti, faticose,
in tanta maggiore quantità e e minore perso o fatica quanto più si è impegnati
in un’attività necessaria (il lavoro, l’impegno), se non soddisfacente. Con
tanta più leggerezza.
È
uno degli effetti della prigione, nelle memorie che se ne leggono. E delle vecchiaie.
È il paradosso eleatico di Achille e la tartaruga, della freccia del tempo al ralenti.
Sessantotto – Un movimento
borghese, da tutti i punti di vista. Una contestazione borghese della borghesia.
Un’autorivoluzione?
Centripeta, introspettiva. Nel senso del tutto è permesso, e tutto è buono e
tutto è giusto sì. Ma non tutto: il politicamente corretto è il suo esito. Una
rivoluzione perbenista, anche nella trasgressione, ludica, lirica (nel senso proprio: cantata).
Statue – Sono oggetto di passione erotica, sotto
l’estetica. Una passione nella quale
s’intersecano due filoni tematici del pensiero debole, arrivato cioè alla
conclusione che la filosofia, essendo narrazione, è fantasia (passione, gioco,
paura, sogno, bugia): quello erotico, forma parossistica della curiosità
secondo la nota formula “senza erotismo niente pensiero”; quello antiquario,
o culto delle pietre, della cartapecora, delle rovine — accumulate ai piedi
dell’angelo nel quadro di Paul Klee, ma anche senza angeli —, che è al centro
dell’ultrametafisica: l’essere accade, è cioè in briciole, e ne abbiamo
illustrazioni celebri a opera di Elias Canetti, il cui stimato sinologo
professor Peter Kien non ama tanto i libri come quando vanno a fuoco, e di
Bruce Chatwin, con quell’imprevedibile Utz il cui amore per le statuette di
ceramica si realizza quando può distruggerle. Marcel Schwob fa dire all’Attore
di “Spìcilège” che l’amore riguarda non essere umani ma statue e marionette: allo
stesso modo di don Chisciotte, il quale pretendeva che le marionette di maestro
Pedro fossero vive, gli
uomini vivrebbero l’amore come uno spettacolo. Altre intersezioni di questi
due vettori danno la filosofia del bovarismo di Jules de Gaultier e Georges Palante (una certa dose d’intelligenza provoca nell’animale
umano un’ebbrezza speciale, per cui il mondo delle idee è il mondo dell’amore
libero) e la teoria di J.K. Huysmans secondo la quale non esistono corpi nudi
ma corpi svestiti dall’occhio umano — una deriva dell’idealismo.
Le statue sono a metà fra le ombre e la realtà nell’apologo platonico
della caverna. Sono le ombre di statue. O di marionette, dipende dalla
traduzione - la filologia è ardua: appena un decennio prima dei fatti narrati
l’accusa di traduzione errata aveva valso alla Sorbona la condanna a morte al
tipografo platonista Etienne Dolet, ex allievo di Pomponazzi a Padova. Insomma
il cinematografo odierno. Sono la “Statue ìntérìeure” di Francis Jacob, “scolpita fin dall’infanzia” e “modellata per
tutta la vita”, una sorta di angelo custode severo: sarà di pietra il
Commendatore che terrorizza don Giovanni, e l’amante che sghignazza dalla tomba
nel racconto di Ann Radcliffe. “Ave della nostra conoscenza”, mobili e
immobili, “mani piene di terra e terra piena di mani”, o anche “zoccolo duro
del lieve desiderio, nel profondissimo delirio di Michel Serres, “Statues”, le statue sono le
cose, grandi assenti della storia, della lingua, della filosofia e della
scienza umane, precedono la lingua, demarcano l’ominità (paletti della
storia?), testimoniano una triplice stabilizzazione, del soggetto con
l’oggetto e la morte, le nostre idee vengono dagli idoli, lo dice la parola
stessa, e infatti ne rimbalzano, come dei revenants — “menhir, dolmen, cromlech,
cairn, piramide, pietre tombali, casse da morto che mimano mia mamma la Terra,
oggetti muti, statue sollevate o fantasmi in piedi, risuscitati dalla cassa
nera, quando si rompe il coperchio che abbiamo creduto di abbassare per
sempre, cippi, effigi di marmo, granito o gesso, rame o bronzo, acciaio,
alluminio, materiale composito, piene, dense, pesanti, immobili, masse
segnaposto indifferenti al tempo, bucate, trapanate, cave, ridivenute scatole,
vuote, leggere, bianche, mobili, motori automobili che errano nel tempo
indifferenti ai luoghi, portando i vivi”.
Sono manifestazioni di manierismo, sostiene Piero Camporesi:
“L’erotismo barocco, ben sapendo che la costanza era ‘folle virtù’, coltivava
un’inclinazione feticista per l’oggetto immobile, silenzioso, immutabile”.
Simmel dice invece che le statue sono figure “concrete ideali”, ossia “l’idea
di una vita determinata resa concreta”, ma che per questo danno l’idea di una
“solitudine infinita”.
L’amore ideale scende talvolta deliberatamente all’amore di sé.
Francisco Quevedo, poeta massiccio e chiacchierone, immagina un uomo che si
delizia in un bagno di polvere di marmo e diventa statua. Di Pigmalione si
racconta una versione in cui l’artista s’innamora dell’opera sua, una statua
d’Afrodite – poi chiamata Galatea, nel Settecento.
Uguaglianza – Non c’è
niente di più iniquo che il trattamento uguale di persone diverse”, Thomas
Jefferson.
Wieland, Cristoph Martin – Svanito nella memoria è questo raro illuminista tedesco, uscito
perdente dallo scontro con il romanticismo e con le sette segrete - per questo
in ombra? Conciliava ragione e natura. E ragione e immaginazione: “Sembra
curioso che due inclinazioni tra loro così contraddittorie come l’attrazione
per il meraviglioso e l’amore per la verità siano ugualmente naturali,
ugualmente essenziali per gli uomini, eppure è così”.
zeulig@antiit.eu
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