Complotto – Ci fu una teologia
del sospetto, del gesuita siciliano Sorge e altri illustri isolani, sulle
tracce della triade filosofica del “sospetto”, Marx.-ietzsche-Freud, c’è ora
una psicologia del complottismo. Che la mente vuole portata “naturalmente” al
sospetto – “la nostra mente cerca le streghe”, Matteo Motterlini. Questo può
essere, la mente rifugge dal complotto, perché lo teme. Ma ritenendolo possibile
lo avvera. In entrambe le maniere: il complotto si avvera, le poche volte che c’è
e si avvera, perché è temuto. Ma agisce – incute timore, frena, reprime, oppure
espone, manda all’avventura - anche le molte volte che non si avvera perché non
c’è.
Depressione – Sotto forma
di malinconia sta per compiere il millennio. Su una deriva per lo più
letteraria, riguardante i poeti. Ma anche apologetica, di molti santi. Con
esiti sorprendenti sulla sessualità (dei santi) e sulla follia (dei poeti).
A
partire dal Trecento, sulla base del trattato “Della malinconia”,
diffuso
pastiche greco-arabo messo assieme da Costantino l’Africano qualche tempo dopo
il Mille, il rapporto ascesi- continenza-follia era divenuto saggezza corrente:
Robert Burton lo codificherà giocosamente nell’“Anatomia della malinconia”, seducendo John Ford, il commediografo,
Sartre tristemente nella “Nausea”, che in origine
s’intitolava “Mélancholie”, Moravia al
suo modo insofferente nella “Noia”, fino alla sintesi operata da
Marco Masini, il cantautore, “Malinconoia”.
Su tracce diverse — la scissione tra spazio e tempo che è inerente alla nostra
conoscenza e la rende menzognera — muove l’altro riferimento d’obbligo, la “Melencolia”
di Diirer, come ha dimostrato Giancarlo Bizzi.
“I religiosi
degni di rispetto, digiunando di giorno e vigilando di notte, soffrono di una
riduzione del sangue, che si trasforma in bile gialla e poi, per effetto di una
lenta umidificazione, in bile nera, che genera la malattia melanconica”,
afferma Costantino, e conclude: “Il coito aiuta a guarire la malinconia”.
Costantino, segretario dell’avventuroso Roberto il Guiscardo, il normanno che
voleva conquistare l’impero d’Oriente con le sue armate apulo-calabresi, mutato
in medico della scuola salernitana, non faceva che rovesciare la sentenza più
ubiqua di tutta l’antichità: “Meglio pazzo che libidinoso”. L’esercitazione
era divenuta corrente a partire da Ippocrate e le bili.
La critica è
perplessa, ma Baudelaire dovrebbe allo spleen
che l’attanagliava (“Mélancholie”
è il titolo di un poemetto in prosa che non ebbe la forza di scrivere) la sua
natura femminea, a giudizio del fedelissimo Nadar. Djuna Barnes, esteta e
fricatrice, lettrice appassionata di Burton, non è d’accordo, e nel suo “Ladies Almanack”
parla di “anatomia e malinconia”. Che è il tema del cristiano “Ritratto della malinconia”
di Romano Guardini: “Il cuore della malinconia è l’eros: desiderio d’amore e di
bellezza”.
Lo specialista
Erasmo vi aveva invece accostato “l’apparente follia dei santi”, da lui
specialmente indagata. Il professore tedesco R. v. Krafft-Ebing, volendo dargli
credito, esperto peraltro massimo di questi fenomeni, legò i tre fondamenti
stabilendo una correlazione stretta “fra il sentimento religioso e quello
(sic!) sessuale, anche in campo decisamente psico-patologico”, per “la
parentela spesso appurata fra religione, libidine e crudeltà”.
È che, secondo
Aristotele, la malinconia è la base di tutti i caratteri. Le familiari lettere
di san Paolo ne sono la teologia. Prima che il Settecento la riducesse a
ipocondria, e con lo stress del mondo moderno tracimasse nella malattia sociale
della depressione. Il primo straripamento è avvenuto nel Cinquecento, quando
la malinconia divenne sinonimo di follia, stregoneria, genio. Agrippa
d’Aubignè poneva la malinconia sotto Saturno, per l’autorità degli antichi. Rudolf
e Margot Wittkover, e Klibansky, Panofsky, Saxl, ricondurranno a Saturno gli
artisti.
A questo punto,
oltre al solito Aristotele, “l’uomo di genio è malinconico”, è sull’autorità di
Platone che si stabilisce la disposizione dei malinconici alla scienza e
all’eccellenza. Starobinski, che ha studiato la malinconia da giovane all’università,
in “L’artista
come saltimbanco” equipara la
buffoneria alla malinconia, in “La malinconia allo specchio”
trova legami assai specifici tra malinconia e letteratura, e ha pure indagato
i nessi tra malinconia e reazione.
Forse pesa
l’ottica dell’epoca, che rivede il passato al gusto del momento. Perché, spiega
Antonio Socci, “dalla «Summa Theologica»,
dove Tommaso raccoglie tutta la tradizione, si apprende che l’opposto dell’acedia
non è affatto la sollicitudo
(ogni sorta di attivismo), ma il gaudium (godimento)”.
Evagrio Pontico, cui si deve la classificazione dei vizi capitali, ne aveva
individuati otto, ai sette ora canonici aggiungendo la tristezza, l’acedia
- l’acedia, malamente tradotta in accidia o ignavia, non è la poltroneria ma la
tristezza, e resta peccato mortale. Il vero motto di
san Benedetto, nel VI secolo, quando l’Europa era un deserto, è: “Ora et labora et
lege et noli contristari in laetitia pacis”.
Anche la
questione erotica s’imbriglia con quella creativa. Si forma un triangolo
interattivo malinconia-creatività (santità)-eros, e non per i noti tecnicismi
fisiologici. L’incrocio, germinato anch’esso nel Cinquecento a opera di
Jacques Ferrand con la “Malinconia erotica”,
rivisitata da Umberto Saba come Malinconia amorosa, è meglio
individuato nel classico “Vita sexualis” di
Mori Ogai, l’antropologo nipponico delle forme di vita europee: “Per gli
scrittori come per i poeti il desiderio sessuale svolge un ruolo affatto
singolare. La questione è legata al problema degli uomini di genio quale la
espone Cesare Lombroso e alla conseguente teoria di Möbius e della sua scuola,
in base alla quale i poeti famosi e i filosofi senza eccezione sono dei malati
mentali”. Paul Julius Möbius è nella storia per aver sancito, nello studio
dallo stesso titolo, l’inferiorità mentale della donna.
(continua)
Dio – È uno capriccioso, più che un
creatore? Così insinua Pavese spìnoziano - senza saperlo? - nei “Dialoghi con
Leucò” (“Gli uomini”): “Un tempo le cose accadevano. Di ogni cosa veniva la
fine, ed era un tutto che viveva. Adesso invece c’è una legge e c’è una mente”.
Viene
con la creazione anche l’immortalità – sempre Pavese: “Lui s’è fatto immortale
e con lui noi suoi servi”. Per questo capriccioso anche negli argomentazioni:
“Non sarebbe signore se la legge che ha fatto non potesse interromperla. Ma l’interrompe
poi davvero?”.
Uguaglianza – Un certo
laicismo-ugualitarismo è distruttivo, specie in pedagogia. Isolare un figlio,
deprivarlo della religione, del quartiere (comunità), della socialità (tribù) è
come imporre la povertà perché la ricchezza è disuguaglianza.
zeulig@antiit.eu
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