martedì 9 aprile 2019

Trump eroico, classico, tragico

Trump come una figura tragica, della tragedia classica: quello che impersona realtà profonde, ma finisce male nella storia. La traccia non è ironica, Hanson crede a ciò che dice.
Una lettura controcorrente, probabilmente unica nell’unanimità mediatica anti-Trump, che già per questo merita attenzione. Anche perché Hanson non è un polemista. Storico accademico, emerito delle università Stanford e California State, si dichiara in sintonia con Trump per molti aspetti, soprattutto sull’immigrazione, e sul razzismo. Ma ha il problema, anche lui, di spiegarsi lo “stile Trump”, e trova nei modelli classici la spiegazione.
Con Trump lo storico condivide l’ostilità all’immigrazione di massa illegale dall’America Latina: “Non possiamo e non dobbiamo permettere che sia sovvertita la cultura americana”. E ritiene che gli afro-americani che lamentano il razzismo, come l’ex presidente Obama, siano “i nuovi segregazionisti”. È schierato: i due punti di convergenza dice (in breve) nel libro e (con insistenza) nelle tante presentazioni che ne fa in rete.
Sull’“eroe” Trump parte con due riserve. “Cosa fa questi uomini e donne insieme tragici ed eroici è sapere che l’espressione naturale delle loro personalità può solo portare alla loro propria distruzione, o all’ostracismo da una civiltà in mutazione che loro tentino di proteggere”, è la prima. E subito dopo: “Nel senso tragico classico, Trump finirà probabilmente in due modi, entrambi non specialmente buoni: o successi spettacolari ma non riconosciuti seguiti dall’ostracismo… o, meno probabile, una presidenza senza rinnovo per l’imbarazzo dei suoi beneficiari”.
Che sembra mettere le mani avanti. Ma sono l’esito delle comparazioni, o precedenti, che lo storico  trova al presidente venuto dal nulla. “Eroico” nel senso classico, che non è quello comune: “Gli americani non sanno cosa la parola significa”, pensano che sia la felicità di fare ciò che si vuole, sia pure per generosità. No, l’eroe classico, Achille, l’Ajace di Sofocle, Antigone, è uno che può agire per insicurezza, per impazienza, può agire per tanti motivi che noi non diremmo eroici. Ciò che loro ci dicono è: vedo speciali capacità che ho, vedo un problema, voglio risolvere quel problema, e voglio risolverlo a tal punto che la reazione a quella soluzione possa non essere necessariamente buona per me”. .
“Classico” nel senso dei western classici, dai “Magnifici sette”, “Mezzogiorno di fuoco”, “Il cavaliere della valle solitaria”. Di Trump è stato detto: è John Wayne. Hanson lo vede diversamente: è Gary Cooper in “Mezzogiono di fuoco”, Alan Ladd “Cavaliere della valle solitaria”. L’outsider che si propone alla comunità per risolvere un problema che la comunità non sa affrontare, siano banditi o “cattle barrons”, ladri di bestiame. E la comunità accetta, anche se perplessa, perché sono rozzi o si presentano male, per metodi e modi.
Ma la chiave, insinua Hanson, è forse più semplice: l’uomo venuto dal nulla s’identifica con la comunità – non è un disperso, un fuggitivo, un evaso di galera. Ed è semplice, cioè autentico, simpatico o antipatico che sia, non paternalistico. “Quando Hillary Cliton andava al Sud, prendeva a parlare con un accento del Sud. Quando Obama si trova in una comunità povera, all’improvviso sembra che parli un patois nero. Quanto Trump ha incontrato gli stessi gruppi, ha usato la stessa cravatta, lo stesso vestito, lo stesso accento”.
Più autentico dei repubblicani impegnati. “Guardando a Trump in termini classici, il termine eironeia, ironia, è emerso”, spiega: “Come è potuto essere che il partito Repubblicano fosse suppostamente empatico, ma solo un milionario, un miliardario, manhattanite, ha preso a usare parole che non avevo mai sentito Romney o McCain o Paul Ryan dire? Ha cominciato a dire «nostro», «nostri». I nostri minatori”.
Ma più della prevenienza, sentita o di facciata che sia, ha contato nell’insorgenza Trump il linguaggio diretto. L’argomentazione qui è lunga, è la parte centrale del libro, ma dei problemi di questi anni Hanson spiega che Trump li ha trattati e li tratta in maniera non diversa o opposta all’opinione comune a Washington, prevalente. Che si tratti della Cina o dell’immigrazione, o degli impegni militari all’estero. “I militari, il corpo diplomatico, il mondo accademico”, tutti concordano che “la Cina è cresciuta militarmente, e pone problemi agli alleati degli Stati Uniti, e che il deficit commerciale è insostenibile”. Ma se lo dicono, rileva Hanson, come se lo avessero scoperto con Trump, mentre è quello che hanno sempre sostenuto, in privato.  Trump come un eroico tragico rivelatore.   
Victor Davis Hanson, The case for Trump, Basic Books, pp. 400  $ 18


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